Tempi non semplicissimi per le popstar che dieci anni fa dominavano il mondo. Nell’ultimo anno abbiamo assistito al tracollo di Justin Timberlake (complici le nuove rivelazioni tratte dal libro di Britney Spears di cui vi abbiamo parlato qui), a quello di Jennifer Lopez (album, film e tour flop, più mezzo TikTok che l’accusa di essere una stronza), e ora tocca a Katy Perry. Se non ci credete vi basta vedere i commenti sotto agli ultimi post della cantante, ma pure leggere le recensioni del suo ultimo singolo, definito da molte testate importanti come terribile o addirittura «il peggiore della sua carriera».
Ma facciamo un riassunto: Katy Perry ha pubblicato la scorsa settimana il nuovo brano, Woman’s World. Canzone dalle sonorità anni ’80 che potrebbe stare tranquillamente in un disco di Dua Lipa. Di quelli che se lo mettono in discoteca iniziano a ballarla tutti, per capirci. Non sarà niente di innovativo, siamo lontani da ciò a cui il pop ci ha (ben) abituato negli ultimi mesi, dall’exploit di Charli XCX e del suo hyperpop a Chappell Roan per arrivare alla supersafe Sabrina Carpenter e alla sua passione per i caffè corti (tra l’altro, pare essere l’unica negli States a non bere quei beveroni da due litri che chiamano caffè). Un brano che sembra essere uscito più dagli anni ’10 che dai ’20, vero, ma che riporta Katy nella comfort zone delle sue hit del passato.
Il problema è però che Woman’s World sta a Katy Perry come Blurred Lines sta a Robin Thicke, nel senso che è la canzone che potrebbe rovinarle la carriera.
Di questo brano hanno criticato tutto: il testo, il sound, il videoclip. Buttato fuori come un inno all’empowerment, recita: “È un mondo di donne e tu sei fortunato a viverci, è meglio festeggiare perché, tesoro, non ce ne andremo”. Nel video, costosissimo e un po’ caotico, Katy parte vestita come Rosie the Riveter insieme a un gruppo di ragazze in tenuta da lavoro che ricreano la famosa foto Lunch Atop a Skyscraper.
Le ragazze fanno la pipì in piedi, bevono whisky e fanno vedere i muscoli. Una sorta di girlboss feminism che dopo poco viene ucciso. Katy viene infatti colpita da una grossa incudine e si risveglia nel 2024, in un contesto simile a una foto di LaChapelle in cui succede di tutto, anche che lei a un certo punto faccia rifornimento a una pompa di benzina per mettere carburante alle sue gambe bioniche. Dove si infila la pompa di benzina? In una chiappa, chiaramente. Potete vedere il video qui.
Il videoclip probabilmente è poco chiaro, tanto che pure lei ha dovuto spiegare il concept in un post pubblicato su Instagram qualche giorno dopo. Ma il vero problema non è il video e non è nemmeno il suo essere camp (Katy su questo ci ha abituato benissimo). Il vero problema è che tra i produttori del brano risulti esserci Dr. Luke, long time partner della popstar (ha co-prodotto otto delle nove canzoni numero uno di Katy Perry). Possiamo serenamente dire che nessuno, più di Dr. Luke, è stato più importante per il successo della popstar, e nessuno ha fatto diventare Luke famoso più di quanto abbia fatto lei.
Oltre a saper produrre brani pop però, Luke è anche celebre per una brutta storia con Kesha. Lukasz Gottwald, questo il suo vero nome, è stato denunciato dalla cantante di Tik Tok nel 2014 per aggressione sessuale, percosse, molestie, violenza di genere e abuso emotivo. Luke ha negato tutte le accuse e ha risposto con una controquerela per diffamazione: secondo lui, Kesha, la madre di lei e il suo team avebbero inventato tutto per liberarsi del contratto discografico esclusivo firmato con lui.
Dopo anni di dibattimenti nel 2016 un giudice ha respinto le accuse di Kesha, che aveva inoltre affermato (in un messaggio inviato a Lady Gaga) che Luke aveva violentato proprio Katy Perry, accuse che sia Perry che Luke hanno negato. Nel 2020 un giudice ha poi decretato che tali affermazioni erano diffamatorie. Nel 2023, Luke e Kesha hanno risolto la questione riguardante la richiesta di diffamazione.
Insomma, una storia bruttissima e poco chiara che, nonostante nessun tribunale abbia decretato Luke colpevole di qualsiasi reato, ha lasciato inevitabilmente un alone oscuro sulla figura del produttore, complici altre accuse e testimonianze che Rolling Stone US ha raccolto in un lungo articolo che trovate qui. Negli anni del processo tantissime popstar hanno scelto di non lavorare più con lui, schierandosi con Kesha. Nel 2016 Taylor Swift ha donato 250 mila dollari «per mostrare tutto il supporto possibile e per aiutare Kesha con le spese finanziarie che sta sostenendo in questo brutto periodo». Oltre a lei Lorde, Grimes, Lily Allen e Kelly Clarkson hanno utilizzato i social per esprimere solidarietà. «Ci sono persone in tutto il mondo che ti amano. E ammiro il tuo coraggio» ha scritto Gaga in un tweet.
E quindi dopo l’annuncio che questo brano dall’intenzione vagamente femminista veniva proprio dalle mani di Luke ha fatto sì che migliaia di commenti negativi abbiano travolto Katy Perry. Lo stesso trattamento è successo ad altre cantanti che hanno lavorato con Luke, una su tutte Kim Petras (ma ultimamente Luke ha lavorato anche Nicki Minaj, Doja Cat a Saweetie). Basta guardare i commenti sotto i post che pubblicizzano le canzoni che ha prodotto. Direttamente, o grazie alla sua casa editrice, Prescription Songs, che anche nel periodo in cui molti artisti e artiste si sono tenute alla larga dal suo nome ha continuato a mettere sotto contratto cantautori di vario genere, autori di melodie noti come topliner, produttori, beatmaker, artisti. Luke aveva anche un’etichetta discografica distribuita dalla Sony, Kemosabe, e non ha mai smesso il suo lavoro al banco dei produttori, anche utilizzando pseudonimi come Tyson Trax e Made in China.
Non facciamo fatica a capire che Katy Perry, per il suo rilancio, abbia deciso di tornare con chi è stato responsabile delle sue hit più riuscite. Scegliere Luke non ha però sicuramente aiutato la causa di Woman’s World. Oltre a lui, si critica il testo del brano che «puzza di 2010». Tema che Katy Perry ha chiarito con un post su Instagram: «Stiamo facendo satira». Se però la devi spiegare forse qualcosa non ha funzionato.
Checché se ne dica, siamo convinti che Woman’s World, sotto altri chiari di luna, avrebbe anche funzionato. Non sarà il futuro del pop, ma nessuno pensava che Katy tornasse con il sound di Aphex Twin. Non sarà neanche il futuro del femminismo, per carità, ma neanche qui nessuno credo attendesse da lei l’esegesi de Le deuxième sexe.
In tutto questo, Kesha se ride sotto i baffi. La sua Joyride, primo singolo pubblicato da artista indipendente, ha sorpassato gli streaming del brano di Katy Perry che invece è uscito per una major, tra pubblicità martellanti e budget decisamente altissimi.
Katy ha un album in uscita a settembre, il sesto (o il settimo se considerate quello in cui si chiamava ancora Katy Hudson ed era solo la figlia canterina del pastore). Forse può ancora aggiustare il tiro, magari pubblicando un altro singolo velocemente o cambiando strategia. È comunque piuttosto incredibile pensare come sia cambiata la sua carriera, negli anni. Fino all’uscita di Witness, 2017, era la popstar delle canzoni divertenti e dei video camp che facevano centinaia di milioni di visualizzazioni su YouTube.
Quando ha alzato un po’ il tiro dal punto di vista delle produzioni, con Witness appunto, il pubblico non l’ha premiata. Complice anche un cambio look non apprezzato (perché comunque alle cantanti è sempre richiesto prima di essere fighe e poi interessanti). In mezzo c’è stato Smile, in pandemia, ma ce lo ricordiamo in tre e ora questo, con lei che ritorna dopo mesi di palestra e il suo addominale bello tirato nel videoclip. Il nuovo disco si chiamerà 143. «È il mio numero fortunato. Il mio simbolo, il mio segno», ha detto a Zane Lowe. «Credo davvero che siano stati i miei angeli, le mie guide, a dire: “Ti amiamo. Ti abbiamo preso. Ti proteggeremo. Sei esattamente dove dovresti essere. Sei sulla strada giusta”». Mai come in questo momento ci sembra giusto citare Francesco Renga: “Angelo, prenditi cura di lei”.