Bello risentirti, Blanco | Rolling Stone Italia
ci fai impazzire

Bello risentirti, Blanco

Dopo un periodo di silenzio, il cantautore è tornato a concentrarsi su quello che sa fare meglio: scrivere canzoni attraverso le quali possa urlare il suo mondo. Lo fa anche in 'Piangere a 90', tra up and down della sua carriera e quella storia dei fiori di Sanremo. Bentornato

Bello risentirti, Blanco

Blanco

Foto: Bogdan “Chilldays” Plakov

Che fine ha fatto Blanco? La domanda, negli ultimi mesi, è stata più o meno questa. Per molti un modo per dire tra i denti «si è bruciato in fretta», la stessa fretta che l’industria richiede agli artisti, giovani e vecchi, con la differenza che i giovani magari non hanno scelta o l’esperienza necessaria per dire «che cazzo stiamo facendo?».

E così eccolo, il classico caso del tutto e subito. Il ragazzo dei boschi, puro, grezzo, che ha fatto impazzire tutti. Prima il successo come feat, poi da solo, poi un Sanremo vinto, poi i palazzetti sold out, un altro album, poi addirittura gli stadi. Tutto in appena 24 mesi. Risultati che si ottengono con tempo e anni di lavoro (e nemmeno sempre), diventati oggi traguardi da esibire per far vedere chi ce l’ha più lungo. Il primato.

Ma Blanco è nato nel 2003, quando ha vinto Sanremo aveva 18 anni. E ne aveva 19 quando, tornato su quel palco come ospite, ha fatto incazzare tutti perché ha tirato qualche calcio a dei fiori. Perché li vogliamo spontanei, veri, ma guai a far arrabbiare le signore delle prime file, dell’Ariston o del divano che sia.

Possiamo dire che Blanco è stato un po’ una vittima di quest’epoca veloce, sì. Ma a guardare le storie di altri giovani cantanti che hanno dominato le classifiche negli ultimi anni, potremmo dire che non è stato l’unico. Da Angelina Mango a Sangiovanni, per dirne due, le storie di chi ha avuto il bisogno di togliere il piede dall’acceleratore ci sono. Per fortuna però le cose cambiano, si può rallentare, si può capire, cambiare. Blanco l’ha fatto. Dopo aver pubblicato l’anno scorso un brano in spagnolo, quest’anno è tornato. Prima dal suo vecchio manager, poi lateralmente, come autore a Sanremo – dove ha firmato tre brani, la canzone di Noemi insieme a Mahmood, quella di Giorgia e Lentamente, firmata insieme a Irama. Primo step per iniziare a dire «sono ancora qui».

Oggi è uscito invece Piangere a 90, titolo su cui abbiamo chiesto delucidazioni ma per ora fanno tutti i vaghi: «libera interpretazione». Nella mente ho solo due strade: quella hot e quella della tangenziale (è ancora quello il limite?). Il vero significato forse lo dirà lui stesso, intanto nel singolo racconta gli up and down (anche) di questo ultimo periodo, in cui è passato dall’essere fenomeno da stadi al silenzio. “Sono stanco, son Riccardo, son di fretta. Sono Blanco, sono stato pure in vetta. Ho toccato il cielo, il dito si raffredda. Non ho firmato per una vita in diretta”. Un po’ storia d’amore, un po’ la sua. Ma si parla anche di quando ha fatto indignare il pubblico (siamo un paese in cui basta molto poco): “Non arrabbiarti, quel fiore era un pallone”

Blanco riparte da qui, da una bella ballad che mette il punto senza troppi giri di parole. D’altronde lui è uno che si è sempre raccontato in maniera cruda, perché «mi piace l’aspetto carnale delle cose, mi piace la purezza», diceva a RS qualche anno fa. Blanco riparte da qui, ricordando a chi ha provato a scimmiottarlo che la differenza alla fine la fanno sempre le canzoni. Il ragazzo che correva nudo nei boschi forse è tornato a toccare l’erba. Bene così.

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