Venticinque anni fa Britney lo faceva di nuovo, e qui ci dividiamo in due grandi gruppi: chi si sta chiedendo “cosa?” corra a fare un ripassino di storia del pop; tutti gli altri invece avranno capito che parliamo della pubblicazione (e del conseguente enorme successo) di Oops!… I Did It Again, il suo secondo disco. Era il 16 maggio del 2000, e all’epoca mica sapevamo che sarebbe stato solo il secondo lavoro di quella che sarebbe diventata la popstar più influente degli ultimi vent’anni.
Nei primi anni 2000 la pirateria era un must. Gli album costicchiavano, e tutti iniziavano ad avere un PC in grado di masterizzare dischi. Si duplicava tutto. Un mio compagno delle medie, tal Giambattista detto Giamba, comprò il disco di Britney nel giorno dell’uscita e arrivò a scuola mostrandolo tronfio. Non sapeva ancora che la sua copia avrebbe fatto da matrice per praticamente tutti gli alunni di una scuola media di paese. I più tecnologici avrebbero anche fotocopiato a colori la copertina e il retro. Un giro di contraffazione bello e buono, guidato da persone che non avevano ancora perso tutti i denti da latte.
Ma oltre che per la 3ª B della Don Milani, quel disco fu molto importante anche per la carriera di Britney. Forse più di quello che si pensi oggi. Quanti artisti non hanno replicato il successo degli esordi? Britney arrivava da un debutto da 27 milioni. Come si fa a farlo succedere ancora?
Si può grazie alle manine d’oro del produttore svedese Max Martin, già al lavoro su …Baby One More Time. Con lui, B ricrea le atmosfere degli esordi che tanto avevano funzionato e pubblica un disco che rafforza il suo immaginario, e che la trasforma probabilmente più esteticamente che musicalmente. Da cheerleader che ballava nei corridoi, Britney diventa prima ragazza dello spazio, poi diva che fa i conti con la popolarità (“Isn’t she lovely this Hollywood girl?“), poi ragazza che si sente “stronger than yesterday“.
Manco a dirlo, tutti i video di quell’epoca segneranno l’estetica di quegli anni, come praticamente tutto quello che Britney ha toccato (vi diciamo solo: tutina rossa di latex), ma soprattutto Oops!… I Did It Again è stato forse l’ultimo disco della sua carriera a regalarci l’illusione di una vita perfetta: levigato, mainstream, ancora decisamente immune dal caos che avrebbe travolto la sua vita e la sua immagine pubblica da lì a poco.
Era il 2000, dicevamo. Le Torri Gemelle erano ancora al loro posto, gli iPod in fase di progettazione, e sì, agli occhi di chi non aveva ancora l’età per bere una birra l’America sembrava il posto più bello dove vivere. L’immagine, i testi e le performance di Britney, di conseguenza, sono ancora parte di un sogno Disney-pop perfettamente impacchettato. Basteranno pochi mesi a cambiare tutto. Da lì a poco la sua immagine sarebbe cambiata per sempre. Britney sarebbe stata ipersessualizzata, avrebbe smesso di essere la “fidanzatina ideale” (specie dopo la rottura con Justin Timberlake), e la stampa ne avrebbe parlato in maniera sempre più morbosa.
Possiamo quindi dire che Oops!… è il tramonto di un’epoca, per Britney ma pure per gli altri. Quando le popstar dovevano essere perfette, silenziose, gestibili. Ben diverso da quello che vediamo oggi, quando sono proprio loro a mettersi il telefono in faccia quando qualcosa non va. Dopo quel disco, dopo quell’anno, il mondo avrebbe chiesto molto, molto di più alle sue icone: fragilità, verità, normalità. Vera o finta che sia.
Dopo il 2000, l’era del controllo assoluto avrebbe iniziato cedere sotto il peso della vita vera. Britney sarà la prima, suo malgrado, a fare da ponte tra questi due mondi: quello della star fabbricata a tavolino e quello della donna osservata fino all’ossessione. E proprio perché era stata il modello perfetto, la sua caduta sarebbe diventata esemplare e decisamente rumorosa.
Ma Oops!… arriva prima, appunto. Con le sue tracce praticamente perfette, da manuale, e con la title track che apre il disco e che è già uno statement: l’ho fatto di nuovo. Seguono inni da cameretta, ballad malinconiche e midtempo robotiche. Niente è fuori posto. Ed è proprio questa costruzione a farcelo vedere oggi sotto un’altra luce, visto che soprattutto conosciamo quello che sarebbe successo dopo (e che Brit ha raccontato molto bene nel memoir uscito nel 2023, The Woman in Me).
Ma Oops!… I Did It Again è l’ultima illusione. Perché anche se Britney canta “I’m not that innocent“, l’immagine è ancora quella della starlette compiacente. Ed è forse l’ultima volta in cui questa narrativa regge senza crepe visibili. Pochi mesi, dicevamo, e cambierà tutto: complice l’arrivo dell’R&B e dell’hip hop nelle chart, ma anche della sessualizzazione dei corpi nel pop.
Christina Aguilera pubblicherà Stripped, ci sarà la consacrazione di Beyoncé da solista e soprattutto arriveranno i talent show che modificheranno per sempre l’idea di popstar, che ora doveva essere reale, tosta, vulnerabile. Da esaltare quando fa bene e da distruggere quando fa male. Ma per un attimo, mentre Britney fluttua in una tuta rossa su Marte, il mondo si ferma ancora a credere che tutto sia semplice. Per l’ultima volta.