Come si sarebbe comportato nelle classifiche italiane il live pompeiano dei Pink Floyd, se invece che nel 2025 fosse uscito negli anni ’70? Dipende. Forse sarebbe potuto andare al n. 1 anche allora – ma non all’epoca del concerto (1972), quando Meddle e Obscured by Clouds si erano affacciati timidamente nella top 10 dei 33 giri (per gli amici: LP. Se state leggendo questo articolo assolutamente per caso: i vinili, forma principale e quasi unica per il consumo di musica all’epoca).
No, più probabilmente avrebbe messo la bandierina sulla cima della classifica se fosse uscito dopo The Dark Side of the Moon, primo album della band a conquistare la vetta in Italia. Cosa che si sarebbe ripetuta per dieci anni, fino a The Final Cut compreso. E d’altra parte, anche se la gran parte del materiale eseguito è contenuta in Meddle (1971) e A Saucerful of Secrets (1968), pubblicarlo prima del 1975 non avrebbe avuto senso: ci sono poche notizie di proiezioni in cinema italiane della pellicola, che del resto ebbe un battesimo accidentato anche in patria, con il film quasi subito ritirato dopo l’unica anteprima (Edimburgo, 1972). Forse qualche sala piena di coraggio propose il film-concerto nell’autunno 1974 quando uscì la seconda versione, risistemata dal regista Adrian Maben. Ma forse i cinema furono dissuasi dal fatto che l’11 febbraio 1975 fu trasmesso in seconda serata su Rai 2 – anzi, sul Secondo, come lo chiamavano i giornali di allora (perché anche se c’eravate, è difficile crederlo, ma Italia c’erano due canali: il Primo e il Secondo, appunto).
Se poi siete curiosi di sapere che rapporto hanno avuto i Pink Floyd con le classifiche italiane a.D e d.D (avanti Dark Side e dopo Dark Side) ebbene, eccoci qui, con i dati disponibili. State per scoprire che il loro album più amato dagli italiani è… No, non è quello. E nemmeno quell’altro.
Avvertenza: gli anni più importanti per i PF sono quelli più approssimativi per le charts italiane, pertanto abbiamo incrociato i flussi delle diverse fonti: quelle del benemerito team di HitParadeItalia, e quelle di Rai e Sorrisi & Canzoni ponderate da Dario Salvatori nei suoi volumi. Dal 1995 in poi subentrano i dati ufficiali di FIMI-GFK. Abbiamo considerato i singoli principali e tendenzialmente escluso le raccolte.
The Piper at the Gates of Dawn
Nel 1967 la nazione aveva il suo daffare con Gianni Morandi, Adamo e Caterina Caselli, quindi non pretendiamo troppo. Un po’ come succede in questi anni, gli italiani erano refrattari ad ascoltare chi non si esprimeva come loro. Unica band straniera nella top 10 annuale, i Beatles di Sgt. Pepper (n. 2). Ok, c’erano anche i Rokes di Shel Shapiro, che però cantavano in italiano. Più o meno. L’album di debutto non è mai entrato nella top 100 italiana fino all’edizione del 40ennale, andata al n. 1 tra i vinili. Ma non tra i CD.
A Saucerful of Secrets
Qui vale la pena di segnalare che l’album non si affacciò nelle classifiche quando fu pubblicato, ma nel 1971, l’anno dopo che i tre brani contenuti nella colonna sonora di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni (al n. 20 nella classifica annuale del 1970) aveva fatto circolare un po’ più seriamente il nome della band in Italia. Va ricordato peraltro che a volte i dischi c’erano, a volte no. Non è che se un album veniva pubblicato negli Stati Uniti o nel Regno Unito, il giorno stesso risultava disponibile nell’Italia Unita.
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Mai entrato in classifica fino alla ristampa del 2016, quando fece il suo ingresso con un perentorio n. 43.
Ummagumma
Non entrò in classifica quando fu pubblicato, ma nel 2016 si giovò della ristampa in vinile e ottenne un vendicativo n. 35.
Atom Heart Mother
Sempre nel 1971, c’è il primo ingresso in top 100 di un album dei Pink Floyd, con picco al n. 6 secondo HitParadeItalia, al n. 7 secondo Rai/Sorrisi & Canzoni (cioè Dario Salvatori). Possiamo ipotizzare con una certa fiducia che sia entrato in top 10. Nella classifica annuale complessiva, ottenne un n. 22 piuttosto onorevole per un gruppo non precisamente radiofonico, se si pensa che dal n. 16 al 21 c’erano: Deep Purple, George Harrison, Paul McCartney, Rolling Stones, Black Sabbath e proprio davanti ai Pink Floyd, l’album Appuntamento con Ornella Vanoni. Che casomai foste in dubbio, è un disco di Ornella Vanoni.
Meddle
Un pochino più “commestibile” rispetto al precedente, l’album che fornisce tanto materiale al Live at Pompeii andò un pochino meglio di lui. Forse. Secondo HitParadeItalia (da qui in avanti, se non vi spiace, HPI) arrivò al n. 7, secondo Rai/Sorrisi/DarioSalvatori (da qui in avanti: RS) si spinse al n. 2. Il singolo One of These Days non entrò in top 100. Chissà, magari San Tropez invece avrebbe spaccato. Forse Peppino Di Capri mise un veto.
Obscured by Clouds
Oggi è considerato un disco riservato ai floydiani militanti, ma all’epoca entrò in top 10. E non finisce qui.
Free Four (singolo)
Stando a HPI, fu il primo singolo dei Pink Floyd a entrare in classifica in Italia, al n. 47, nel 1972.
The Dark Side of the Moon
Qui è dove le fonti divergono maggiormente. Secondo Salvatori (Rai/Sorrisi e Canzoni) andò al n. 1 poche settimane dopo l’uscita, il 24 marzo, e si confermò la settimana successiva, in una pausa gentilmente concessa da Lucio Battisti, n.1 per la maggior parte di inverno e primavera con Il mio canto libero. Secondo HPI invece ci mise un po’ di più: a marzo era al n. 14, e impiegò un mese e mezzo circa a salire fino al n. 1, il 5 maggio 1973. Strano ma vero, nei decenni successivi, malgrado generazione dopo generazione si sia definitivamente affermato come IL disco per eccellenza da possedere, non è più riuscito ad andarci se non nella graduatoria del vinile, non riuscendo a ottenere la stessa spinta dal mercato dei CD e dallo streaming. Poi va beh, è il disco immortale di tante classifiche mondiali, inclusa quella italiana. Strano ma vero, ha passato molte più settimane in classifica in questo secolo, che non in quello in cui è uscito.
Money (singolo)
Picco al n.1 4 per HPI, al n. 23 per DS. Ci potremmo incontrare tra il 18 e il 19.
A Nice Pair
Non erano entrati nella classifica italiana quando erano usciti, ma la luna ha portato l’alta marea, e per The Piper at the Gates of Dawn e A Saucerful of Secrets viene il momento della riscossa: pubblicati in coppia alla fine del 1973, si affacciano tra il n. 10 e il n. 15 (a seconda delle fonti) nella primavera del 1974.
Masters of Rock
D’altra parte, dopo The Dark Side la casa discografica (Harvest, per l’Italia la EMI) capisce che si può osare qualunque cosa. Una raccolta olandese con brani del periodo di Syd Barrett uscita nel 1970 in Olanda appare di colpo in tutto il mondo, col sottotitolo The Best of Pink Floyd. Il pubblico si fida, e nel 1975 il disco va in top 10 in Italia (le fonti sono pressoché unanimi).
Wish You Were Here
Alla fine dell’ottobre 1975, dopo un mesetto di scalata, riesce a mettere fine al dominio di Sabato pomeriggio di Claudio Baglioni, e rimane in vetta fino a Natale, facendo meglio di The Dark Side of the Moon. Anche qui, finalmente, le fonti sono concordi.
Have a Cigar (singolo)
Come 45 giri estratto da Wish You Were Here, la band propose un brano dalle potenzialità commerciali limitate, cantato da un artista estraneo al gruppo, con un testo in linea con la tesi della great rock’n’roll swindle sulla quale si sarebbero pronunciati, negli anni successivi, anche alcuni hater dei Pink Floyd. A quanto pare, entrò in top 50 – anche se per il rotto della cuffia, al n. 48. Curiosamente, oggi il brano è inserito tra i 10 “più popolari” dei Pink Floyd su Spotify anche se, numeri alla mano, non lo è realmente: con 183 milioni di ascolti viene preferito a Shine On You Crazy Diamond che ne ha 250 milioni. Forse chi fa le playlist è uno di quelli che comprarono il singolo nel 1975.
Animals
Uscito nel gennaio 1977, pur essendo notoriamente privo di singoli e di appeal radiofonico (oltre che spettacolosamente cupo) salì lentamente ma inesorabilmente al n. 1 a marzo, per restarci un mese abbondante – anche in questo caso, facendo meglio di The Dark Side of the Moon. Peraltro, unico disco rock al n. 1 in Italia in un’annata che vide al primo posto solo sei artisti, e quasi tutti molto a lungo: gli altri furono Lucio Battisti, Donna Summer (con due album diversi), Claudio Baglioni, Edoardo Bennato, Santa Esmeralda. Tanto per capire il seguito dei Pink Floyd in Italia: agli Eagles di Hotel California e i Fleetwood Mac di Rumours, dominatori delle classifiche americane, non era riuscito di infilarsi in questo club.
The Wall
Pubblicato nel novembre 1979, partì piano, in Italia ma anche nel resto del mondo: era un album doppio, e costava il doppio. Ma dalla fine di gennaio, arrivò al n. 1 ovunque: in Italia lo mantenne per quasi due mesi, miglior risultato mai ottenuto dalla band. Fun fact: a detronizzarlo fu Lucio Battisti con Una giornata uggiosa. Cosa che aveva fatto anche nel 1977 con Animals (con Io tu noi tutti) e nel 1973 con The Dark Side of the Moon (con Il mio canto libero). Dopo The Dark Side of the Moon, è l’album dei Pink Floyd che è stato più tempo nella classifica italiana, e gran parte di quel tempo è individuabile nel decennio scorso, quando i CD si vendevano ancora.
Another Brick in the Wall Part 2 (singolo)
Ad oggi è l’unica loro traccia che superi il miliardo di ascolti su Spotify. Tuttavia, tutte le fonti sono concordi: in Italia si fermò al n. 2 (a metà giugno). Tuttavia, visto anche che l’album era uscito a novembre, si trattenne in top 10 per un bel po’: fino a metà luglio 1980. Si vede che all’epoca l’idea di allegro tormentone estivo era un po’ diversa.
When the Tigers Broke Free (singolo)
Brano scartato da The Wall, fu invece inserito nel film di Alan Parker e nonostante l’atmosfera gramissima lambì la top 30. Forse ci entrò pure, ma qui le fonti diffontano.
The Final Cut
Pur essendo uno degli album meno primaverili di sempre, uscì il 21 marzo, andò al n. 1 ad aprile e ci rimase ben sei settimane (qui le fonti confontano). Vista la fama del disco, un risultato che sembra sorprendente, specie se si pensa agli anni ’80, noti per essere gli anni ’80. Ma i Pink Floyd per 10 anni sono stati un nome che già allora faceva aprire i portafogli degli italiani senza discutere. Che ci crediate o no, il celebre e celebrato Thriller di Michael Jackson, uscito quell’anno, al n. 1 in Italia non ci è proprio andato.
A Momentary Lapse of Reason
La vendetta di Roger Waters: nonostante fosse il disco più radio friendly mai pubblicato dai Pink Floyd fino a quel momento, fu il loro primo disco a mancare il n. 1 in Italia dai tempi di The Dark Side of the Moon. Passò una settimana al n. 4 dietro a Zucchero, Bruce Springsteen… e Michael Jackson, al suo primo n. 1 italiano, con Bad.
Learning to Fly (singolo)
Oggi è un classico, e su Spotify vanta oltre 120 milioni di ascolti, ma all’epoca non entrò nella nostra top 50.
Delicate Sound of Thunder
Forse a causa del discusso, affollatissimo concerto dei “Pinfloi” a Venezia, fece meglio dell’album precedente, specie pensando che il pubblico italiano non ha mai premiato moltissimo i dischi dal vivo: arrivò al n. 2 in una fase del mercato in cui alla gente veniva detto di non comprare mai più vinili, erano obsoleti: il futuro era dei CD e bisognava adeguarsi.
The Division Bell
Tutt’altro che divisivo: è lui il disco dei Pink Floyd più approvato dal pubblico italiano – perlomeno, dai suoi contemporanei. Dopo un mese di attesa (uscì in contemporanea con Sanremo e con l’avvento di Laura Pausini) si trattenne al n. 1 per 11 (!) settimane. Fu l’album più venduto dell’intera annata davanti a Lorenzo 1994 di Jovanotti. Anche in un mercato ridimensionato rispetto agli anni ’70 e ’80, un risultato eclatante.
High Hopes (singolo)
Non entrò in classifica ma onestamente in questa fase il mercato dei singoli era diventato irrilevante. Quelli in vinile non venivano più stampati, e non tutti i negozi vendevano i CD singoli, destinati ai soli zoccoli duri – di qualunque artista.
Pulse
Gli italiani, ormai passati da watersiani a gilmouriani, mandarono al n. 1 anche il doppio CD della tournée del ’94, anche se per una sola settimana.
Is There Anybody Out There?
Non lo fecero invece nel 2000 con lo storico live di The Wall del 1980: si fermò al n. 2 alle spalle di Supernatural di Carlos Santana, rimase in top 10 sette settimane, poi iniziò a precipitare, anche se il periodo storico (leggi: Napster) favoriva gli artisti con una fanbase adulta e meno incline al download illegale. Come potrebbe dimostrare anche il n. 1 di Santana.
The Endless River
Non debuttò al primo posto, ma solo al n. 2, essendo uscito in contemporanea con Sono innocente di Vasco Rossi – sapete com’è. Ma tolse il primato a Vasco la settimana successiva. E anche se poi iniziò rapidamente a scendere, essendo un album non precisamente canticchiabile, è rimasto in classifica 55 settimane, che non è male, ma ha mancato il colpaccio nella settimana di pubblicazione.
Hey Hey Rise Up (singolo)
Il brano del 2022 a sostegno dell’Ucraina aggredita dalla Russia è stato inizialmente pubblicato sotto forma di disco in vinile, e il volume delle vendite lo ha portato al n. 5 della classifica aggregata degli album in formato fisico e digitale.
At Pompeii MCMLXXII
È il solo disco dei Pink Floyd a essere entrato direttamente al n. 1 nella classifica italiana degli album. Non era mai accaduto, dal MCMLXVII al MMXXIV. Un segnale incoraggiante. Almeno per i prossimi XXXV anni di carriera del gruppo, diciamo.