‘Drop – Accetta o rifiuta’ vi farà passare la voglia di qualsiasi primo appuntamento (o di andare al cinema) | Rolling Stone Italia
Auguri per il tuo date

‘Drop – Accetta o rifiuta’ vi farà passare la voglia di qualsiasi primo appuntamento (o di andare al cinema)

Christopher Landon, già regista di ‘Auguri per la tua morte’ e ‘Freaky’, e la Meghann Fahy di ‘The White Lotus’ sono il solo motivo per vedere un horror che sfiora il ridicolo. La nostra recensione

‘Drop – Accetta o rifiuta’ vi farà passare la voglia di qualsiasi primo appuntamento (o di andare al cinema)

Meghann Fahy in ‘Drop – Accetta o rifiuta’

Foto: Bernard Walsh/Universal Pictures

Ripensa al peggior appuntamento che tu abbia mai avuto. Quello già iniziato male prima di degenerare in un disastro degno di Chernobyl, e che più che una coincidenza mancata è stato un vero e proprio deragliamento. Forse non è sfociato in una storia d’amore, ma sarebbe comunque stata una serata da ricordare per tutti i motivi sbagliati, per non parlare del fatto che ti ha dato un bell’aneddoto da raccontare a cena. Ti è tornato in mente? Bene. Ora chiediti, per quanto riesci a ricordare: questo tentativo assolutamente disastroso di trovare il vero amore ha visto una misteriosa terza persona prendere in ostaggio tuo figlio e chiederti di uccidere il tuo date, o qualcosa di simile?

Questa è la premessa di Drop – Accetta o rifiuta (nelle sale italiane dal 17 aprile, ndt), l’ultimo film horror uscito dalla sempre instancabile catena di montaggio della Blumhouse. In fatto di scenari da B-movie, si potrebbe fare di ben peggio. Il fatto che il regista Christopher Landon (Freaky) sappia che si può fare molto con una sola location e un attore abbastanza talentuoso da riuscire a creare colpi di scena davvero spettacolari aiuta. Lasciate perdere la vostra incapacità di sospendere quantità bibliche di incredulità e preparatevi a vivere l’orrore assoluto e agghiacciante rappresentato da uno smartphone che suona incessantemente.

Drop - Accetta o Rifiuta | Trailer Ufficiale

Violet (la Meghann Fahy di The White Lotus 2) non esce con nessuno da anni e, viste le circostanze della sua precedente relazione – il suo defunto marito aveva, per usare un eufemismo, qualche problema di gestione della rabbia – non si può certo biasimare la donna per la sua timidezza. Ma sta ricevendo alcuni messaggi ammiccanti da un fotoreporter di nome Henry (il Brandon Sklenar di It Ends With Us – Siamo noi a dire basta, di nuovo in modalità “hot saviour“), che in qualche modo fa sembrare una raffica di messaggi privati ​​su un’app di incontri dolcissimi, invece che inquietanti e immediatamente “bloccabili”. Inoltre, sia il suo giovane figlio (Jacob Robinson) che sua sorella (Violett Beane) pensano che Violet sia pronta a tornare in gioco, al diavolo il disturbo da stress post-traumatico dovuto alla violenza domestica precedentemente subita. Così la donna accetta di incontrare Henry al Palate, un ristorante di lusso nel centro di Chicago, situato al 38esimo piano di un grattacielo. Per un film che si intitola Drop, si potrebbe pensare che questo possa essere considerato una sorta di presagio. In parte, avreste ragione.

La parola assume un significato completamente diverso, tuttavia, quando Violet entra in quel locale elegante. Henry è in ritardo, quindi si siede al bancone. Ed è allora che Violet inizia a ricevere messaggi criptici e vagamente minacciosi. Iniziano come meme che suggeriscono scherzosamente che la sua serata, e forse la sua vita, sta per essere rovinata. Alla fine, questi messaggi iniziano a suggerirle che farebbe meglio a seguire le istruzioni ricevute o a subirne le conseguenze. Quando Henry si presenta, liquida tutto come uno scherzo. Ma il suo date riconosce anche che, dato che le minacce arrivano a raffica tramite un’app chiamata DigiDrop – pensate ad AirDrop, ma senza la violazione del copyright – le minacce provengono da qualcuno all’interno del ristorante. L’idea di risolvere questo mistero diventa ciò che lega i due protagonisti nel corso del loro primo appuntamento. Finché Henry non si alza momentaneamente dal tavolo, e la persona – o le persone – dietro questi messaggi ammiccanti non le dice di avvelenare Henry il prima possibile, altrimenti l’uomo minaccioso che si nasconde nel suo appartamento ucciderà suo figlio.

Meghann Fahy con Brandon Sklenar. Foto: Bernard Walsh/Universal Pictures

Da qui, Drop ruota attorno a due domande importanti: Violet riuscirà a portare a termine una serie di compiti sempre più impegnativi, proteggendo allo stesso tempo i suoi cari senza rivelare di essere stata spinta a commettere un omicidio (che significa automaticamente “game over” per la bambina), senza uccidere l’uomo dei suoi sogni seduto di fronte a lei, e cercando di capire chi c’è dietro tutto questo? E ancora: riuscirai, tu spettatore, a trattenerti dal sollevare le mani per la frustrazione o dal gridare “Dài!” nel pieno della sala, mentre i colpi di scena diventano sempre più ridicoli?

La seconda parte di Drop è più ardua di quanto si possa pensare, visto dove questo horror tech-sploitation si spinge fin troppo in là prima che tutto venga svelato. Al che possiamo solo dire: grazie a Dio ci sono Christopher Landon e Meghann Fahy. Entrambi sembrano riconoscere quanto sia incredibilmente assurdo gran parte di tutto questo, ed entrambi capiscono intrinsecamente il compito da B-movie che li spetta. Come per l’altrettanto ridicolo Auguri per la tua morte (2017), sempre di Landon, il divertimento sta nel vedere con quanta abilità ed eleganza il regista riesca a realizzare prodotti come questi; è come guardare un mago eseguire con successo un trucco che, si sa, non è tanto una vera illusione quanto un atto di depistaggio, coordinazione estrema e un insieme specifico di abilità ben affinate. E Fahy continua a farsi un nome in silenzio come una persona che sa “minimizzare” scene in cui molti attori punterebbero al massimo, oppure esagerare quando necessario. Drop le offre un’occasione perfetta per mettere in mostra sia i muscoli da eroina d’azione che il suo stile pacato, sempre in sottrazione. Ed è anche un ottimo esempio dell’importanza di tenere il telefono in modalità silenziosa.

Da Rolling Stone US