“Il segreto di un matrimonio felice rimane un segreto” (Henny Youngman)
I confini sono importanti in qualsiasi relazione, tanto più in un’unione “fino alla morte, non ci lasceranno in pace” in cui entrambe le parti sono spie coinvolte in operazioni altamente riservate per un’agenzia di intelligence britannica. Steven Soderbergh e David Koepp lo capiscono. Capiscono la necessità di un po’ di spazio tra il personale e il professionale quando è in gioco il destino del mondo. Ecco perché il regista e lo sceneggiatore di Black Bag – Doppio gioco (nelle sale italiane dal 30 aprile con Universal Pictures, ndt) hanno escogitato una soluzione semplice e unica per la coppia al centro del loro spy thriller. George (Michael Fassbender) è uno degli agenti di alto livello che supervisionano il Centro nazionale di sicurezza informatica del Regno Unito. Kathyrn (Cate Blanchett) è un’agente sul campo, con incarichi che richiedono una copertura profonda e alti livelli di classificazione. Amano il loro lavoro. Si amano ancora di più.
Così, quando George è impegnato a contenere potenziali minacce e Kathyrn si precipita in zone sconosciute, non condividono i dettagli delle loro rispettive missioni. Tutte le informazioni pertinenti, ma non per questo meno importanti, finiscono in quella che chiamano “black bag”. È reciprocamente off-limits, un’interzona inaccessibile di informazioni, un territorio metaforico più neutrale della Svizzera. Su cosa stai lavorando? “Black bag”. Chi stai seguendo? “Black bag”. Dove andrai per tre giorni? “Black bag”. Queste due parole equivalgono a “niente più domande”. Si ha la sensazione che questo gesto simbolico sia la chiave del successo del loro matrimonio.
Naturalmente, qualcuno deve gettare una granata nel mix. George riceve una soffiata da un collega dell’agenzia: c’è una talpa nell’agenzia. Un programma software top-secret noto come Severus – come l’imperatore romano assassinato, anche se un MacGuffin con qualsiasi nome avrebbe ugual valore – sembra essere stato trafugato dalla sede dell’agenzia. Si dice che una persona all’interno dell’organizzazione stia cercando di venderlo al miglior offerente. Se finisse nelle mani sbagliate, i fragili legami tra le potenze mondiali verrebbero messi a dura prova, eccetera eccetera. C’è una lista di sospetti su cui George deve indagare, nella speranza di identificare il colpevole di tutto questo. Volete indovinare quale agente donna è in cima alla lista?
Soderbergh e Koepp sono reduci da una collaborazione che è stata anche la decostruzione di un sottogenere – Presence, che ha fatto passare una storia di case infestate attraverso il filtro di un melodramma familiare alla Eugene O’Neill (in Italia arriverà il 24 luglio con Lucky Red, ndt) – quindi si potrebbe pensare che il duo stia cercando qualcosa di simile per i film di spionaggio. Oppure, a meno che non si tratti di una versione personale di un action in stile Mr. & Mrs. Smith, in cui l’amore significa non dover mai dire “mi dispiace”, ma può comportare una o due sparatorie. Chi non vorrebbe vedere un elegante Fassbender, vestito come il Michael Caine anni ’60 di Ipcress, e una sensuale Blanchett scambiarsi battute e proiettili?
Invece, regista e sceneggiatore si soffermano sulla psicologia di questa coppia e su come la dinamica del loro rapporto “ideale” tra lavoro e vita privata crei effetti a catena intorno a loro. Black Bag non vuole essere altro che un Chi ha paura di Virginia Woolf? scritto da John le Carré, una combinazione inaspettatamente perfetta anche se non si sapeva che l’opera teatrale di Edward Albee era una pietra di paragone fin dall’inizio (Koepp, semplicemente, non ha chiamato i protagonisti George e Martha). Il fatto che riescano a farlo senza sacrificare le gioie del classico potboiler, dando sia ai suoi protagonisti che a un cast di supporto di prim’ordine un sacco di ottimo materiale e regalando un ritmo incredibile attraverso una freddezza che farebbe impallidire un congelatore, è a dir poco un miracolo. Black Bag è un grande spy thriller e un dramma alla Scene da un matrimonio ancora migliore. Ian Fleming lo adorerebbe. E anche Ingmar Bergman.
Kathryn, va detto, può essere la principale sospettata di questa violazione della sicurezza, ma non è l’unica. George decide dunque che il modo migliore per testare le acque e vedere chi galleggia e chi annaspa è organizzare una cena a casa loro. “Non mangiare il chana masala“, consiglia la moglie. Contiene un narcotico che agisce come un siero della verità. Lei non è felice di drogare i colleghi, né è del tutto sicura di ciò che George sta facendo, ma ehi: “Black bag“. Il miglior sorriso da Monna Lisa di Blanchett, ed è già possibile percepire la chimica tra lei e Fassbender, che è l’unica cosa più potente della droga nel curry.
La lista degli invitati comprende James (Regé-Jean Page di Bridgerton), recentemente promosso a comandante in seconda di George; Zoe (Naomie Harris), terapista dell’agenzia che esce con James, oltre a essere incaricata di analizzare sia lui che Kathryn; Freddie (Tom Burke), un alcolizzato promiscuo e collega dell’NCSC che era in lizza per il posto di “vice” di George e non l’ha ottenuto; e Clarissa (Marisa Abel di Industry e Back to Black), un’esperta di dati invaghita di Freddie. Ognuno di loro è lusingato di essere stato invitato. Nessuno di loro si fida pienamente del padrone di casa, che ha la reputazione di essere un pitbull quando si tratta di separare ciò che è vero da ciò che è falso. Tutti, tranne George e Kathryn, assaggiano il chana masala, dopodiché George propone di fare un piccolo gioco.
Segue una sequenza di circa 12 minuti che inizia con delle rivelazioni stralunate e termina con la mano di qualcuno che viene trafitta da un coltello da bistecca; una sequenza fortissima che è al tempo stesso una vetrina e un punto di riferimento per il resto del film (guardatelo una seconda volta e fate attenzione a chi Soderbergh – che monta il film con il suo solito pseudonimo Mary Ann Bernard – “taglia” e quando). Da qui, Black Bag inizia a muovere i suoi pezzi sulla scacchiera, tenendo d’occhio George mentre segue possibili piste, tira fili, tende trappole. Spuntano depistaggi e cadaveri, così come Pierce Brosnan nel ruolo del grande capo del Centro: ci congratuliamo con l’attore per la sua ascesa nei ranghi dei film di spionaggio, anche se ciò significa scambiare la sua licenza di uccidere con un permesso che gli permetta di fare il gigione. Per quanto riguarda l’inaspettata necessità di Kathryn di andare all’estero per qualche giorno (la destinazione? “Black bag”, miei cari), il suo viaggio di lavoro scatena una reazione a catena in cui la forza di George, cioè la fiducia nel loro rapporto, diventa la sua debolezza.

La scena della cena in ‘Black Bag – Doppio gioco’. Foto: Universal Pictures
Si intuisce che il doppio gioco e i soliti sotterfugi da spia contro spia sono in agguato. Tuttavia, grazie allo straordinario dono di Koepp di scrivere drammi basati sui personaggi e mascherati da esercizi di genere, al cast che sfrutta al meglio questo dono (qui non c’è nessun anello debole) e alla capacità di Soderbergh di governare il tutto con una sovrabbondanza di stile, anche le parti più familiari sembrano inedite. Il regista sa come decostruire il genere come uno studente di scuola di cinema, ma ha anche un rispetto per l’artigianato che si rifà ai professionisti degli Studios dell’epoca d’oro e che qui torna estremamente utile. Sulla pagina, una sequenza in cui Zoe e Kathryn hanno una sessione di litigio potrebbe sembrare tangenziale, anche se il dialogo è sublime. Guardandola sullo schermo, invece, si nota il modo in cui la lotta per il potere continua a oscillare da una parte all’altra, il modo in cui le due attrici continuano ad aggiungere sottili sfumature alle finte e alle parate, e la semplice ma innegabile efficacia di un’inquadratura/ripresa quando qualcuno sa come impiegare correttamente questo vecchio trucco.
Tuttavia, Black Bag si riduce a due persone, legate dall’amore e dai confini che mantengono così ostinatamente; perché, come George ricorda costantemente a chi lo chiede, “è così che funziona”. Sì, è il loro rapporto che viene messo alla prova. È lo stesso impegno reciproco, oltre alla consapevolezza che ciò che va nel sacco dello “spazio sicuro” lì rimane, a salvare l’unione e la giornata. Non c’è bisogno del destino del mondo per riconoscerlo. Soderbergh e compagnia ci hanno regalato un’opera straordinariamente divertente sugli intrighi internazionali. Ma vi hanno anche inserito un ritratto meravigliosamente intimo di una coppia che si eccita a vicenda tanto quanto il film ecciterà voi. Vedetelo con qualcuno che amate.