David di Donatello 2025: il meglio e il peggio della serata | Rolling Stone Italia
Perdonali, Timmy

David di Donatello 2025: il meglio e il peggio della serata

Il primo red carpet di coppia per Timothée Chalamet (con Kylie Jenner), ma anche il mega flop proprio nella gestione dell'ospite speciale. La politica nei discorsi (Pupi!) e la sorellanza delle Valerie (Bruni Tedeschi e Golino), ma pure una cerimonia (infinita) che proprio non ce l'ha fatta

David di Donatello 2025: il meglio e il peggio della serata

Kylie Jenner e Timothée Chalamet sul red carpet della 70esima edizione dei David di Donatello

Foto: Daniele Venturelli/WireImage

TOP:

Date night a Cinecittà

 

 
 
 
 
 
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Altro che fumata nera, colpo gobbissimo ai David. Non solo Timmy as David Speciale (ottima mossa di comunicazione international), ma pure il PRIMO red carpet del nostro con Kylie Jenner, non agli Oscar, non alla Berlinale. Alla festa del scìnema italiano. Arrivo mano nella mano, passerella, sorrisoni, perfino un lungo nero (sì, ma pur sempre Schiaparelli), un raccolto discreto e un trucco fai-da-te (o almeno, così scrive su Instagram) per la piccola di casa Kardashian, direttamente dal MET a Cinecittà, mentre Chalamet, Givenchy sartoriale scuro in pendant, ormai praticamente romano (e romanista) d’adozione posta S.P.Q.R., cappellini da turista e Marilyn Monroe ai David nel 1959. Date night nella Hollywood sul Tevere. Chissà se poi lunedì Timmy la porta pure a Bergamo a vedere la Roma.

FLOP:

Inizio in playback e poi bene ma non benissimo

Niente male l’idea del backstage dei conduttori in voice over sul montaggio del red carpet, l’intenzione di fare qualcosa di più dinamico c’è, ma poi si scivola sul cliché con Mika che canta Se tu fossi nei miei occhi sulla facciata del Teatro 5 di Fellini, che diventa grande schermo del meglio del cinema italiano. Peccato che canti pure in playback. Poi cerca di rifarsi con We Are Golden, ma la platea è spiazzata (vedi la regia che inquadra involontariamente le facce perplesse e che parte con degli zoom out a casaccio), forse dall’assenza di Carlo Conti, di sicuro dai siparietti infiniti con Elena Sofia Ricci, che ammette: “Non siamo del mestiere, siamo prestati”, quando si blocca il gobbo. Manca il ritmo, ok che è il bello della diretta (pure Cocciante blocca la performance e ricomincia), ma ’sta diretta pare un po’ troppo accidentata. È una cerimonia che non ce l’ha fatta: più che il conclave del nostro cinema, la sagra della porchetta. Quando Zingaretti cerca elegantemente di fare dei complimenti ai conduttori, la stessa Elena Sofia Ricci replica: “Ci vuole del coraggio”. LOL. Insomma, sintesi della serata a cura di Geppi Cucciari:

TOP:

L’arte di essere Valeria Bruni Tedeschi

 

 
 
 
 
 
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C’è chi non ha mai dimenticato il discorso di Valeria Bruni Tedeschi per La pazza gioia e chi mente. Il sospetto è che l’Ac(c)ademy continui giustamente a premiarla ogni volta che può anche per sentire cosa dirà. E figuriamoci se Valeria delude: quando attacca con “sì, ringrazio anche te, sì, sì, ti ringrazio dopo” gesticolando e rivolgendosi a Golino, che le risponde in uno scambio che pare uscito dalla (magnifica) puntata-duetto di Call My Agent; e poi ancora “Non mi sento bene”, pausa, “credo che mi abbiano premiato perché ho avuto il coraggio di fare un personaggio più vecchio di me. Ringrazio tantissimo Maurizietto (!) che la mattina mi applicava rughe, prostetici. Poi la sera nella roulotte toglievo tutto e tornavo me stessa. Un giorno mi avevano già levato la parrucca e ho detto: ‘Maurizietto, toglimi anche i prostetici che vado a casa’. E lui: ‘L’ho già fatto’”. La morale: “Forse questo premio non è del tutto meritato, perché non è che abbia fatto poi tutta questa trasformazione”. Datele almeno un David all’anno. Senza contare la migliore dichiarazione di sorellanza di sempre: “Non so se Valeria [Golino] è un’amica, un doppio o il meglio di me, ma spero che passeremo ancora insieme tutta la vita per molto tempo”. Meraviglia.

MEGA FLOP:

Perdonali, Timothée

 

 
 
 
 
 
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Ci risiamo. Riesci ad avere Timothée Chalamet ai David e sbagli tutto, ma quando diciamo tutto, intendiamo proprio TUTTO. Prima Mika ed Elena Sofia Ricci bruciano l’introduzione sul personaggio, poi le domande che gli hanno preparato gli autori sono inadeguate, gli chiedono dell’importanza di Luca Guadagnino per la sua carriera e quando lui sottolinea: “Ma non vedo Luca qui in platea” (toccando un tasto sensibile per il cinema italiano, che da sempre fatica a riconoscere uno dei suoi autori migliori e più internazionali), Elena Sofia Ricci svicola: “No, ma noi vediamo Kylie Jenner! E anche tuo papà”. Poteva andare peggio? Sì, poteva esserci una inspiegabilmente pessima traduzione delle parole di Timmy da parte dell’interprete (déjà-vu). Di contro, lui è l’ospite speciale perfetto: dopo aver regalato ai David il suo primo red carpet a due, ringrazia l’Italia, cita De Sica e Fellini, e chiude pure con la battuta su Francesco Totti. Perdonali, Timothée, perché non sanno quello che fanno.

TOP:

Pupi politico (e Margherita! ed Elio!)

“Non mi volevano dare il David perché c’era la Detassis, poi si è ravveduta ed eccomi qua”. Per il premio alla carriera è Pupi Avati show: i bastoncini di pesce surgelati, sposare la donna più bella di Bologna e farci dei figli, avere un fratello eccezionale, le sue leggendarie chiamate agli attori. Poi così, de botto (ma con un senso), Pupi diventa politicissimo: “Volevo dire una cosa a Borgonzoni (il sottosegretario con delega al cinema, ndr). Cinema Revolution è una roba carina, ma noi abbiamo bisogno di qualcosa di più. Il David è bello ma non assomiglia al cinema italiano. Qui c’è l’opulenza, il cinema è fatto di piccole società che fanno fatica. Applaudi, oh! Perché non applaudi?”, rimprovera a un certo punto il sottosegretario. E ancora: “E se la Schlein telefonasse alla Meloni dicendo: ‘Pronto Giorgia, sono Elly, potremmo vederci mezz’ora con Giorgetti e parlare un attimo del cinema italiano?’. Condividete o no?”, chiede alla platea. La politica riparta da Pupi. E anche da Margherita Vicario, che ritirando il David per il miglior esordio alla regia non le manda a dire a chi dei nostri rappresentanti fosse presente in sala o all’ascolto: “Investite miliardi sull’arte, sulla cultura, sull’educazione e sulla sanità. Non sulle armi”. E dalla melma d’impotenza in cui innegabilmente ci sentiamo immersi, come ha giustamente sottolineato lei, anche da questa parte dello schermo viene da dire che, be’, we had enough. “Una donna deve avere la stessa dignità di un uomo, un nero la stessa dignità di un bianco, un italiano la stessa dignità di uno straniero e un palestinese la stessa dignità di un israeliano”, cit. Elio Germano/Berlinguer.

FLOP:

Ore 23:15, mancano 22 premi

Credevamo di essere a Roma, ci siamo ritrovati a Los Angeles. Sarà la presenza di Sean Baker tra il pubblico (il premio Oscar 2025, chiamato sul palco all’una di notte passata), sarà l’italica voglia di lucidare i muscoli, sarà solo perché non ci abbiamo pensato (altrimenti non si spiega). Almeno, insomma, il fuso orario è più clemente. La matematica però non mente: com’è possibile che, a quasi due ore dall’inizio della cerimonia, le categorie rimaste da premiare superino ancora la ventina? Mentre pensate a una risposta, noi mettiamo su un altro caffè.

TOP:

Le maestranze (finalmente) fuori dal sottoscala

Dopo la frecciata di Sergio Ballo (miglior costumista nel 2024 per Rapito di Marco Bellocchio), quel “Ci avete messi sulle scale come Wanda Osiris!” instant cult, perseverare nell’errore sarebbe stato folle. E allora (per fortuna) è successo: costumisti – appunto –, direttori della fotografia, montatori, insomma, tutte le maestranze senza cui il cinema non esisterebbe sono state premiate proprio come quelli che ci mettono la faccia, attori e registi. Cioè nel teatro. E non dietro le quinte o non nel sottoscala. È quasi assurdo metterlo nei top, perché dovrebbe essere scontato. E invece.

FLOP:

Questa non è Hollywood

Ok, l’In Memoriam lo conosciamo tutti. E forse diamo tutti per scontato che debba essere il momento della serata in cui, con la pelle appena appena accapponata, qualcosa di emotivo dentro di noi si smuove pure. Accade tutto secondo copione: solo che, mettendoci l’esibizione musicale di Mika dal vivo, sembra in qualche modo ancora peggio. Una cosa che avrebbe quasi potuto fare il giro, e invece. E solo l’ennesimo momento “no” di una cerimonia “no”. La Niña, va’ e insegna a tutti come si fa un’esibizione musicale sul palco dei David.