C’è conclave e ‘Conclave’ | Rolling Stone Italia
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C’è conclave e ‘Conclave’

Partono gli ‘Hunger Games’ (pardon) per l’elezione del nuovo papa. Ripercorriamo gli eventi (im)possibili immaginati sullo schermo per capire se potranno succedere anche nella realtà. Attenzione: il pezzo contiene spoiler

C’è conclave e ‘Conclave’

Ralph Fiennes in ‘Conclave’ di Edward Berger

Foto: Focus Features

Gentlemen, start your engines and may the best cardinal win”. Potrebbe suonare azzardato, forse blasfemo, concordare una frase del mondo di RuPaul’s Drag Race ai fatti legati al conclave che eleggerà il nuovo papa.

Eppure dopo aver visto Conclave, il film di Edward Berger uscito nelle sale italiane solo pochi mesi fa, tutto sembra riassumersi in una gara piena di colpi di scena. A prima vista, il film sembra ripercorrere linearmente le fasi di elezione del nuovo papa, ma rispetto alla realtà non mancano le differenze. C’è da chiedersi, dunque, che cosa sia reale e cosa no. Proviamo a fare chiarezza.

Da qui in avanti, l’articolo contiene spoiler su Conclave.

In breve, il conclave è quella riunione in cui si riuniscono i cardinali per l’elezione del nuovo papa. Questo è lo spazio della narrazione del film, in cui i segreti non possono trapelare ma inimicizie e tradizionalismi trovano spazio fertile. Il film inizia con la morte del papa, cioè, con il processo di transizione papale nel quale viene mostrato il rito della rottura dell’anello del vescovo di Roma, a sottolineare la fine del pontificato. Vengono trascritti gli impegni che il papa ha portato avanti fino al giorno prima, per mostrare al mondo la sua dedizione immacolata. Un velo bianco, per finire, viene posato sul suo viso e la stanza viene sigillata.

Rispetto alla realtà, però, il film tende a far confusione sui ruoli attribuiti al camerlengo e al decano del Collegio cardinalizio. Per il resto, tutto sembra procedere con minuziosa precisione. Almeno fino all’inizio del conclave. Ralph Fiennes, che interpreta il decano, si ritrova infatti a svolgere compiti non proprio destinati alla sua figura (importante una delle prime scene iniziali in cui ordina di sigillare la stanza del papa). La scoperta di alcuni documenti nella stanza dell’Eminenza, poi, non sarebbe stata possibile se si fosse limitato solo al suo compito principale, ovvero portare avanti il conclave.

Un attimo, serve un’altra precisazione: il conclave è regolato dall’Universi Dominici Gregis. Questa serve a garantire la segretezza vietando interferenze mediatiche e uso di dispositivi di intercettazione. Così come nella realtà, anche nel film viene vietato ai cardinali l’uso del proprio cellulare (dice tutto la sequenza in cui li vediamo messaggiare e fumare prima di entrare). Nel film, in una delle prime scene, le finestre vengono sigillate per evitare qualsiasi vibrazione che possa essere captata dall’esterno. Si susseguono controlli di sicurezza, nessuno viene escluso. Un po’ come in un reality show, i cardinali vengono isolati e viene tolta loro qualsiasi possibilità di comunicare con l’esterno.

Pietro Castellitto è il cardinale Tedesco. Foto: Focus Features

Da subito il film pone l’accento sulla caratterizzazione dei personaggi, quasi a sottolineare la differenza tra buoni e cattivi, tra caritatevoli e bulletti. Da una parte i cardinali Benítez (Carlos Diehz), Lawrence (Fiennes) e Bellini (Stanley Tucci), dall’altra i cardinali Tremblay (John Lithgow), Tedesco (Sergio Castellitto) e Adeyemi (Lucian Msamati). Questi ultimi, che potremmo definire i Serpeverde del conclave, raccontano di una Chiesa chiusa, rigida, moralista e moralizzante (in una parola: bigotta). Il Collegio dei cardinali è dunque rappresentato diviso in due fazioni ideologiche: progressisti e tradizionalisti. Si nota anche una certa suddivisione tra nazionalità, ma il film cerca di non porre troppa attenzione a questo dettaglio, che di per sé è in realtà molto importante. Insomma, agli altri cardinali non resta che decidere in quale fazione stare. A restare fuori è la spiritualità, se non nelle parole di Benítez. Pare difficile che nella realtà ci sia una così evidente suddivisione tra fazioni, o se a vincere non siano le idee, o magari la necessità di trovare un Santo Padre che sappia rispondere alle nuove domande della Storia.

Da questo punto di vista, Conclave spinge a provare entusiasmo verso i cardinali più progressisti: parlano di maggior spazio alle donne nella vita spirituale, di tolleranza e apertura al mondo omosessuale. Sono anche più simpatici, più disponibili all’ascolto, e non sembrano essere macchiati da scandalo o peccato morale. Dall’altra parte troviamo i cardinali più tradizionalisti come Adeyemi, che vorrebbe vedere rinchiusi tutti gli omosessuali in carcere, o Tedesco, che odia (non così velatamente) i musulmani. Lo stesso Adeyemi, poi, ha avuto un figlio con la suora Shanumi, chiamata in segreto dal cardinale Tremblay, mentre lo stesso Tremblay si macchia di simonia per essersi comprato dei voti. Insomma, da una parte un plot alla Beautiful, dall’altra un classico scandalo di voti comprati da far invidia a Pupo e al suo quarto posto al Sanremo del 1984.

È legittimo chiedersi se anche nella realtà ci sia spazio per affermare i propri ideali progressisti, o se per una questione di equilibrio è preferibile rinviare tutto a un secondo momento. Come dicevo, tra i “papabili” c’è anche il cardinale Benítez, figura centrale di tutto il film. Un outsider, che da subito si mostra liberale e progressista, arrivando a ringraziare le suore per il pasto da loro preparato, un fatto per nulla banale visto lo sguardo incredulo e annoiato di alcuni cardinali.

C’è però un dettaglio che nella realtà lo renderebbe impresentabile (due per la precisione, ma adesso soffermiamoci sul primo). Benítez viene eletto cardinale dal defunto papa “in pectore”, cioè in segreto. Non ha documenti con sé che possano attestare l’avvenuta nomina, ma nessuno sembra farsi tanti problemi. Nella realtà, però, un cardinale creato “in pectore” non può prendere parte a un conclave a meno che il Papa non renda già pubblico il suo nome prima della morte. Non dovrebbe neanche essere cardinale, figuriamoci Papa. Eppure, Benítez gareggia ugualmente e nessuno sembra aver timore della sua figura.

Impeccabile invece la trasposizione nel film della modalità di voto e dell’atmosfera quasi cupa che si respira durante le votazioni per eleggere il Santo Padre. Il conclave, infatti, si svolge nella Cappella Sistina, fedelmente ricreata nel film. I cardinali under 80 (superata quell’età, il voto non è più possibile) votano due volte: una al mattino e una al pomeriggio, inserendo le schede in un’urna dopo una preghiera in latino. Per vincere serve la maggioranza di due terzi. Le schede bruciate, poi, producono fumo nero per annunciare la mancata nomina del papa (o bianco nel caso di elezione).

Carlos Diehz alias il cardinale Benítez. Foto: Focus Features

Arriviamo così al colpo di scena finale, e qui ritorna il cardinale Benítez. Dopo le indagini di Lawrence, in cui vengono a galla tradimenti e dinamiche nascoste, arriva un plot twist totalmente inedito, che supera persino il finale di The Others o la morte di Maude Flanders: il cardinale Benítez è intersessuale. Assegnato come maschio alla nascita, il cardinale scoprì di avere un utero e delle ovaie solo durante un’appendicectomia. Nonostante questa circostanza, il defunto papa lo nominò cardinale. Benítez scelse di conservare i suoi organi femminili per rimanere “come Dio lo ha fatto”. Tutto molto bello, ma nella realtà, probabilmente, sarebbe difficile se non impossibile eleggere un Papa intersex, seppure sia abbastanza plausibile l’esistenza di (almeno) un papa omosessuale nella Storia. Insomma, un colpo di scena che sullo schermo porta a un’importante riflessione, ma che probabilmente nella realtà sarebbe difficile figurarsi.

Per concludere, c’è da fare una precisazione: ogni film cerca a suo modo di raccontare una realtà, pur immergendosi nella finzione. Talvolta è difficile distinguere ciò che è reale da ciò che potrebbe esserlo, magari non oggi. Sentir parlare di progressismo e avere timore di una chiusura ancora più radicale della Chiesa è una realtà che nel film trova il giusto spazio, senza dover spiegare a tutti i costi le proprie scelte. Non resta che sperare in un papa aperto, progressista, bilanciato, dalla parte dei buoni e dei giusti e che conosca (almeno per me) quella volta in cui Tyra Sanchez vinse ingiustamente la seconda edizione di RuPaul’s Drag Race.