Quando il regista Isaiah Saxon ha iniziato a cercare la voce di Ochi, la creatura protagonista del suo nuovo film The Legend of Ochi (nelle sale italiane dall’8 maggio, ndt), non si è rivolto ad attori affermati, ma a YouTube. «Ho digitato “fischio in gola” e ho trovato il video di questo ragazzo. È nel suo seminterrato in pantaloni da ginnastica e dice: “Ehi ragazzi, ho scoperto questa cosa che posso fare nella parte posteriore della mia gola”», racconta Saxon. «Apre la bocca ed esce il suono di Ochi».
Paul Manalatos, alias il cosiddetto Bird Man, ha quasi cancellato l’e-mail di Saxon quando il regista lo ha contattato nel 2021. A quel punto, l’esperienza più vicina all’industria cinematografica di Manalatos era stata quella di esibirsi in versi di uccelli agli angoli delle strade e di spalare sterco di elefante all’Hanneford Royal Circus di Fort Lauderdale. «Tremavo quando hanno registrato la mia voce», racconta Manalatos. «Sono un gran fifone, ma alla fine mi sono rilassato e mi sono venuti i brividi quando abbiamo finito».
The Legend of Ochi racconta la storia di una ragazzina di nome Yuri (Helena Zengel) che vive in una fattoria con il padre (Willem Dafoe) e un branco di ragazzi (tra cui uno interpretato da Finn Wolfhard). Tutti hanno paura del misterioso Ochi, una creatura simile a un gorilla che esce di notte. Quando Yuri scopre un cucciolo di Ochi ferito, però, si mette in viaggio per riportarlo alla sua famiglia, affrontando nel frattempo la vecchia e rancorosa separazione tra i suoi genitori quando, durante il viaggio, si imbatte nella mamma che non vede da tempo (Emily Watson).
In un mondo pieno di film ispirati ai giocattoli, il film è una brillante esplosione di originalità, anche grazie alla sua star pelosa. Un pupazzo in silicone che farà commuovere anche i cuori più freddi, il piccolo Ochi è un’ode alla natura fai-da-te dei film per bambini old school. Dalle espressioni facciali al suo caratteristico cinguettio, la creatura è avvolta da una sorta di nostalgia degli ex bambini degli anni ’80 che spulciavano lo scaffale delle VHS del Blockbuster locale.
«Ho iniziato la mia carriera da bambino disegnando e sono passato dal disegno alla costruzione, alla scultura, e poi a capire come girare le cose che costruivo e scolpivo», dice Saxon, che ha diretto video musicali per artisti del calibro di Björk e Grizzly Bear e che con The Legend of Ochi fa il suo debutto nel lungometraggio. «Questo è un film live-action e quindi voglio che creature reali condividano lo spazio dei miei attori. Non ho mai pensato di realizzare una creatura completamente in computer grafica, e sarebbe stato davvero impossibile se avessi voluto farlo con questo budget».
Saxon, 42 anni, si è ispirato a un tris di film della sua giovinezza: Paris, Texas e E.T. l’extra-terrestre, entrambi visti per la prima volta quando aveva 25 anni, e Chi ha paura delle streghe? del 1990. «Non ho guardato E.T. con lo spirito di chi dice: “Oh, che nostalgia della mia infanzia”», racconta. «Era come se stessi pensando: “Questa è arte altissima. Voglio farla anch’io”. E anche Paris, Texas cerca di trasmettere gli stessi sentimenti di un bambino di fronte al divorzio [dei genitori] in un modo che è insieme artistico e poetico».

Un team di sette burattinai ha lavorato per dare vita a Ochi. Foto: Alexandru Ionita/A24
Ha visto il film tratto dalle Streghe di Roald Dahl quando era in quinta elementare («Quel giorno il supplente tirò fuori il carrello delle VHS…») ed è rimasto colpito dalla fedeltà del film al libro: «La superiorità morale dei bambini, l’osservazione degli adulti sotto una luce dark e la prospettiva di quanto sia strano il mondo quando si è bambini, quanto sia psichedelico».
Il punto di vista del bambino si collega all’ispirazione principale per la storia di Ochi. «Avevo un’idea per un film su una ragazzina e sul suo legame con un animale e su come un animale del genere potesse influenzare una ragazza chiusa come lei», racconta Saxon. «E mentre esploravo la forma e il tipo di animale, ho capito che doveva essere un primate. Il mio approccio alla progettazione delle creature è stato quello di farle sembrare una specie animale reale. Come se non fossero ancora state scoperte».
Sotto la direzione di Saxon, il burattinaio Robert Tygner (che ha lavorato a Chi ha paura delle streghe?, La piccola bottega degli orrori e Tartarughe Ninja alla riscossa, tra gli altri film) e un team di altri sei burattinai hanno dato vita al piccolo Ochi con silicone e animatronics. C’era un pupazzo principale, una testa fatta per girare scene di sibili e grida e un pupazzo fatto per viaggiare nello zaino di Yuri mentre cerca la madre della creatura. «La cosa straordinaria dell’intero processo, che mi fa sempre sorridere, è che abbiamo potuto improvvisare», dice Tygner. «Abbiamo provato pochissimo con Helena, quindi la maggior parte di ciò che si vede quando sono insieme è totalmente improvvisato». Il coreografo di primati Peter Elliott (Gorilla nella nebbia) è stato coinvolto per aiutare a mantenere i movimenti in linea con quelli della scimmia dorata, che ha ispirato la fisicità della creatura.

Helena Zengel, alias Yuri, con il piccolo Ochi. Foto: Alexandru Ionita/A24
Per quanto riguarda Manalatos, la voce di Ochi, ha affinato quei cinguettii e trilli fin da quando era un adolescente in fuga. Ha vissuto per strada dai 18 anni in poi, facendo salti mortali dai distributori di Coca-Cola e le imitazioni di uccelli per avere qualche spicciolo. «Una mattina è suonato l’allarme di un’auto e mi ha spaventato, così sono andato infantilmente a imitarlo», racconta. Ha caricato l’imitazione su YouTube su sollecitazione di un amico che aveva conosciuto facendo la guardia di sicurezza in una chiesa; quell’uomo lo aveva sentito fischiare. Quando Saxon si è messo in contatto con lui a causa di quel video e gli ha mandato il copione, Manalatos si è innamorato della storia, che sembrava rispecchiare la sua stessa esperienza. «Sono scappato spesso quando ero giovane», racconta. «Yuri era un personaggio che in parte metteva in scena la mia vita».
L’intera squadra spera che il pubblico si immedesimi allo stesso modo, sia che abbia con una famiglia disfunzionale o meno. E, fortunatamente, sembra che Ochi resterà presente per le generazioni future nello stesso modo in cui le icone della cultura dei millennial e della Gen X hanno resistito – almeno fisicamente.
«Il silicone si conserva abbastanza bene», dice Saxon. «Tutti i vecchi pupazzi in lattice, se guardate E.T. ora, si sono completamente seccati. Ma il silicone resiste. Credo che Ochi mi sopravviverà».