Jerry Miller dei Moby Grape è morto a Tacoma, Washington dov’era nato 81 anni fa. Ne dà notizia il giornalista Eric Brenner: «Con la tristezza nel cuore mi è stato chiesto di comunicarvi che Jerry Miller è mancato questa mattina alle ore 11. Vi prego di rispettare Jo e di darle un po’ di tempo per superare questa tragedia». Non è ancora chiaro se sia morto sabato 20, come sembra, o domenica 21.
Miller e i Moby Grape sono stati uno dei grandi gruppi della San Francisco della Summer of Love, miscela di stili, dal rock al blues al pop al country, e di talenti in grado di misurarsi col canto e la scrittura. Nati nel 1966, vicini al giro dei Jefferson Airplane, sono in principio il gruppo di Skip Spence e Matthew Katz, il primo batterista e il secondo manager e produttore della band di Jorma Kaukonen e Marty Balin.
Originario della zona di Seattle nel periodo in cui ci vivevano anche Jimi Hendrix e Larry Coryell, che ha frequentato, Miller è stato membro dei Frantics, autori di alcuni successi regionali, ed è presente in una delle prime versioni di I Fought the Law di Bobby Fuller. È entrato a far parte dei Moby Grape dopo essersi trasferito a San Francisco. Con loro ha suonato nel ruolo di chitarrista solista in vari album, tra cui il primo Moby Grape, quello di Hey Granma e 8:05 di cui è co-autore con Don Stevenson, anch’egli già membro dei Frantics.
Parte integrante della San Francisco freak dell’epoca, i Moby Grape hanno suonato al festival di Monterey, anche se non appaiono nel film, parte per aver avanzato una richiesta economica esorbitante. La parte sostanziosa della loro attività discografica è racchiuso tra Moby Grape del 1967 e 20 Granite Creek del 1971.
Dopo l’uscita di scena di Spence, causa abuso di LSD e problemi di salute mentale, la band si è sciolta e riformata più volte in varie formazioni dagli anni ’70 ai ’20. Miller ha suonato anche coi Rhythm Dukes di Bill Champlin e con molti grandi, ricevendo complimenti di Robert Plant, che considera i Moby Grace un’influenza determinante sui Led Zeppelin, di Stephen Stills e di Eric Clapton, che a un certo punto pare abbia definito Miller «il miglior chitarrista al mondo» (non è chiara l’origine della citazione).
Dal 1995 Miller era tornato a Tacoma, vicino a Seattle. Aveva perso molti dei suoi averi in un’inondazione nel 2009. Dovendo lasciare in fretta l’abitazione, era riuscito a salvare il suo cane, un ampli e la sua chitarra preferita, la Gibson L-5 CES che chiamava Beulah.
«Il suo stile non è mai autoindulgente», scriveva Rolling Stone US nell’elenco dei 250 migliori chitarristi di sempre (in una prima versione era al numero 68), e anche quando faceva un assolo «era conscio di dove stava andando la canzone».