Carne, macchina, presenza: ecco i nostri ‘Corpi moderni’ | Rolling Stone Italia
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Carne, macchina, presenza: ecco i nostri ‘Corpi moderni’

Corpo antico, contemporaneo, sottomesso, liberato: a Venezia una mostra punta il dito contro un'epoca di autocontrollo. Che ci fa perdere sempre un po' di più della nostra umanità

Corpi Moderni Venezia

Michelangelo Buonarroti, 'Studi per la Sibilla libica'. Foto: press

Pittori, scienziati, architetti, medici e scultori non erano categorie ma parti, elementi di un unico corpo, quello dell’artista, di colui che indaga e rivela inseguendo un’ideale possibile e una visione nuova. E proprio l’artista è al centro della modernità ora espressa in una ricchissima esposizione alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Corpi moderni. La costruzione del corpo nella Venezia del Rinascimento (fino al 27 luglio 2025) a cura di Guido Beltramini, Francesca Borgo, Giulio Manieri Elia.

Venezia diviene lo sfondo ideale di una costruzione del corpo che parte prima di ogni altra cosa da se stessi, da una messa in discussione radicale che è anche una scoperta. Un’indagine totale, che parte dalle viscere fino a dare forma per la prima volta a un’anatomia approfondita e fedele dell’umano. In esposizione l’Uomo Vitruviano, da oltre sei anni non più visibile al pubblico. L’ultima volta fu in occasione di una mostra al Louvre di Parigi. E poi La tempesta e La vecchia del Giorgione, disegni anatomici di Albrecht Dürer e (il bellissimo) La nuda di Bernardo Licino.

Corpi Moderni Venezia

Leonardo Da Vinci, ‘Uomo vitruviano’. Foto: press

Mens sana in corpore, eccetera, anche se qui è un corpo in salute che ne contiene un altro. L’esposizione vive in perfetto equilibrio espositivo nonostante gli spazi relativamente piccoli. In tal senso ottima sintesi è il catalogo (Marsilio Arte). Tra i saggi il contributo di Stephen Greenblatt, ponte ideale tra il corpo moderno e contemporaneo. Scrive infatti Greenblatt in Self-fashioning e corpi moderni: «Il termine self-fashioning si riferisce quindi alla pratica, particolarmente accentuata nel Rinascimento, di immaginare, costruire e rappresentare la propria identità personale. In tal senso, l’atto di modellarsi (fashioning in inglese) era strettamente legato alla moda (fashion) e si avvaleva di diversi strumenti, alcuni dei quali – pettini, pinzette, specchi e cosmetici, ad esempio – in uso da millenni. Spesso si ricorreva anche ad altri ausili, come calzature femminili con rialzi vertiginosi (i cosiddetti “calcagnini” o chopines), corsetti e addirittura protesi per nasi e braccia. Non c’era nulla di nuovo nel tentativo di migliorare il proprio aspetto adeguandolo agli standard di bellezza imperanti, ma il senso di una radicale trasformazione culturale in atto è evidente nello straordinario sviluppo della ritrattistica».

Corpi Moderni Venezia

Leonardo Da Vinci, ‘Sistema cardiovascolare’. Foto: press

Un racconto che si attaglia perfettamente ai nostri giorni, con la differenza che nel Rinascimento, per la prima volta nella storia, l’umanità inizia a vedere se stessa e a indagare in profondità il proprio corpo, partendo proprio dalle viscere. Un lavoro di ricerca che porta a un’estetica della superficie ma che non elude mai il corpo in quanto contenitore, o meglio l’esterno quale evidenza di un contenuto, di una parte interna vista però sempre come una macchina in funzionamento, capace di agire e intendere e solo infine di rivelare.

Un passaggio oggi in buona parte rimosso. Il corpo vive esclusivamente come contenitore, e l’esterno quale parte solo esteticamente valutabile in nome di una potenziale vendibilità. Se ci possono apparire così ingenui i metodi di elaborazione pratica del corpo nella sua estetica e i relativi manufatti per l’effetto finale che dovrebbero garantire (dalle parrucche alle varie protesi), appare sconfortante la mutazione del corpo che si pretende senza mai una radicale mutazione interiore, o quantomeno una messa in discussione del proprio sé.

Nel Rinascimento la visione del corpo che funziona come una macchina è una modalità di scoperta, mentre oggi sembra proprio che l’immagine si sia riflessa, capovolgendo i termini e portando il corpo a divenire esso stesso rappresentazione della macchina con i suoi canoni (illusori) di efficienza ed efficacia. Un corpo che non appartiene più pienamente alla sua umanità, ma a un tentativo di antropoformizzazione della macchina che passa inevitabilmente da una macchinizzazione del corpo umano.

Corpi Moderni Venezia

Bernardino Licinio, ‘La nuda’. Foto: press

Il mondo non assume più un aspetto umano o umanizzante, come era desiderio nella modernità, ma è il corpo umano che deve assumere la forma – irreale – di un’ideale culturale umano totalmente immaginario o peggio privo di ogni contatto con il reale: un immaginario privo di ogni forma di visione. Dopo aver stravolto il mondo è inevitabile ora stravolgere totalmente se stessi. L’umano come nuovo sinonimo di artificiale. Se nel Rinascimento era la scoperta a guidare il pensiero e l’arte ora sembra che siano solo l’illusione e la fuga a portare l’umanità verso una finzione che può dirsi reale solo se anche i corpi possono essere mutati all’interno però sempre e solo della finzione stessa. Se alla base dalla ricerca rinascimentale c’è una scoperta di se stessi, ora il movimento va verso una radicale estraneazione da se stessi.

«L’interiorità e l’esteriorità erano, per Dürer, elementi di pari valore per la costruzione artistica del Sé, come dimostra il progetto che realizza per le sue calzature». Scrive Andreas Beyer nel suo saggio L’artista incarnato (sempre all’interno del bel catalogo di Corpi moderni), e prosegue: «Il fatto che Dürer non si sia affidato a uno dei numerosi calzolai di Norimberga per la realizzazione delle sue calzature, ma se ne sia occupato personalmente, è una chiara testimonianza della cura sui, che interessava anche la sua “seconda pelle”, cioè gli abiti e le scarpe che ne vestivano il corpo. Anche per la teoria dell’arte la scarpa si rivela una categoria di centrale importanza: costituisce un’unità di misura». Elaborazione del sé e cura, due elementi oggi fortemente assenti per l’appunto e non a caso dalla nostra società – in particolare quella occidentale.

Corpi Moderni Venezia

Un’opera di Ambroise Paré. Foto: press

Se l’uomo nuovo non è possibile e quello vecchio è ritenuto inutilizzabile meglio essere altro, lasciando la pratica a una forma artificiale di pensiero che garantisca una presenza minima nel reale. Dai droni in guerra alla AI, si segnala un’assenza obbligata dell’essere umano nell’incidenza sul mondo senza però che si agisca alcun ripensamento. E anzi, in alcuni casi, accelerando una decadenza ambientale (e quindi culturale) già ampiamente denunciata.

Non conta più apparire per far credere all’altro qualcosa di diverso dal reale, perché ormai chiunque è in grado di svelare l’inganno e al tempo stesso chiunque può apparire rinnovato e diverso. Conta obnubilare lo sguardo in modo che si accetti volontariamente l’inganno. Dal corpo moderno al corpo contemporaneo passando dalla società che fu del controllo a quella che sarà dell’autocontrollo.

Corpi moderni permette di cogliere questa deriva. Che non è morale o estetica, ma che riguarda prima di ogni altra cosa l’incapacità di dare seguito a un movimento di scoperta e di rivelazione che, partendo dal sé, coniughi l’umanità all’interno di un mondo possibile e reale, per quanto inedito ed elaborato. Sotto perenne minaccia – principalmente di se stessa – l’umanità si trova invece serrata in un nodo gordiano in cui non conta più se essere inclusi o esclusi, accettati o meno, ma se venire considerati al di là di ogni forma biologica vivi o morti, alternativa obbligata che porta alla fuga. Il corpo moderno è carico di nostalgia. Sale da un passato in cui il corpo, a differenza di quello contemporaneo, non era ancora solo un corpo assente.

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