Un tempo, prima che l’algoritmo decidesse per noi cosa è sexy, erano le copertine dei dischi a raccontare tutto un mondo. Erano piccoli totem erotici da sfogliare di nascosto, tra i vinili di mamma e papà o negli scaffali di un negozio, fingendo d’interessarsi ai Beatles mentre si sbirciava Country Porn di Chinga Chavin o l’ultimo album di Fausto Papetti. Dodici pollici quadrati che davano accesso a mondi proibiti, universi pruriginosi lontani anni luce dalle immagini permesse dal mercato ufficiale.
A raccontare quest’epoca perduta ci pensa ora Sexy Record Covers, l’ultimo libro di Eric Godtland pubblicato da Taschen, che raccoglie decine e decine di copertine discografiche erotiche, ironiche e provocatorie. Un tour visivo “vietato ai minori” tra seni, natiche e cosce accavallate, che restituisce tutto l’immaginario visivo e commerciale dell’erotismo pop, prima che venisse fagocitato dal web.
Il libro monumentale e vagamente sboccato di Godtland, collezionista compulsivo, manager discografico e oggi anche custode di un archivio erotico-discografico che attraversa settant’anni di storia e di geografie, non è un’analisi sociologica (anche se c’è materia), né un esercizio nostalgico (anche se la Sehnsucht è tangibile), bensì un florilegio globale di “naked vinyl art” che va dal funk al punk, passando per lo schlager tedesco e la commedia spinta, fino a perle di puro nonsense da mercatino delle pulci. Erotismo, kitsch, maschilismo retrò, ma anche ironia e auto-parodia in formato 12 pollici.

Foto: press
Godtland ha cominciato a collezionare dischi all’eta di dodici anni, nel 1977, e nel corso della sua lunga carriera (ha lavorato anche con i Third Eye Blind e i Village People) ha raccolto vinili in ogni angolo del mondo. Ma è solo negli anni Dieci, girando tra Giappone, Brasile e mercatini dell’Est Europa con i Village People, che il progetto ha preso forma: raccogliere ogni singola copertina sexy, provocatoria, censurabile o censurata mai prodotta. Missione compiuta.
Il risultato? Un bestiario erotico-musicale che oscilla tra la Playboy culture e l’estetica trash, tra la sensualità studiata e l’umorismo involontario. Si passa dalle cover patinate degli Ohio Players – “Playmate sleeves” immortalate dai fotografi di Hugh Hefner – alle provocazioni funk di Blowfly, passando per le conturbanti pin-up anni Cinquanta, il softcore giapponese anni Settanta, le dive brasiliane con bikini dipinti e le copertine punk senza filtro dei Dwarves o dei Sex Organs.

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«Uno dei reparti più floridi in assoluto era quello funk, un vero paradiso dell’eros», ricorda Godtland. Infiniti gli esempi in tal senso: da Honey (1975), con la modella Ester Cordet coperta di miele e un cucchiaio d’oro tra le labbra, a Pain (1971), con una donna nuda legata a un cavalletto da tortura. E poi: Fire, Ecstasy, Skin Tight, tutti titoli che facevano presagire qualcosa. Nel lungo elenco non mancano grandi nomi: Queen, James Brown, Charlie Mingus, 2 Live Crew. Tutti, in un modo o nell’altro, hanno flirtato con il potere dell’immagine erotica.
Ma al di là della superficie lucida e delle curve abbondanti, Sexy Record Covers è anche una riflessione implicita su un tempo in cui la sessualità non era a portata di clic, e la copertina di un disco poteva accendere fantasie, fare scandalo, o semplicemente far sorridere. «Per un adolescente degli anni ’70», dice Godtland, «la sezione ‘O’ del reparto funk – dove si trovavano i dischi degli Ohio Players – era una miniera d’oro nascosta in bella vista. Ogni copertina era un’emozione da vivere in clandestinità, mentre la mamma era a due corsie di distanza a guardare le tende».

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C’è un tono volutamente nostalgico in questo racconto: quello di chi ricorda con affetto la goffa meraviglia del primissimo desiderio adolescenziale. Che viene però accompagnato con un tocco da “Man of Culture”, quella figura mitologica delle sexploitation europee anni ’70 – baffo curato, camicia sbottonata, drink in mano – che osserva il mondo femminile con ammiccante ammirazione. Il collezionista diventa così una figura da commedia all’italiana, metà voyeur, metà archivista del desiderio maschile, ma con un’ironia che lo salva dal grottesco.
Un tempo, ci ricorda questo libro, la provocazione passava anche da lì: una modella in copertina, un dettaglio allusivo, una scelta grafica. Oggi, con eBay che banna i dischi “per soli adulti” e Discogs che vieta la vendita di bootleg, questa collezione diventa anche un gesto di resistenza culturale. Una testimonianza visiva – e molto corporea – di un’epoca in cui il vinile era anche veicolo di pulsioni, fantasie e, perché no, liberazione.

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Se il libro è dichiaratamente per soli adulti, non è per questo privo di intelligenza o humour. Sexy Record Covers diverte e provoca. Fa riflettere sull’uso del corpo nella comunicazione visiva, sull’evoluzione del costume e su come l’industria musicale abbia sempre saputo sfruttare la sensualità per attrarre e soprattutto vendere. C’è qualcosa di tenero e al tempo stesso sovversivo in questo archivio di sogni adolescenziali, tic culturali, provocazioni low budget e desideri a bassa fedeltà. Sexy Record Covers è una sorta di bignami illustrato dell’attrazione maschile eterosessuale come si manifestava in epoca pre-internet: sfacciata, naïf, un po’ vintage, ma sempre terribilmente efficace. Non prende mai troppo sul serio né la musica, né l’eros, ma sa che entrambi – a loro modo – hanno contribuito a formare l’immaginario maschile del Novecento. E oggi lo restituisce, con massicce dosi di ironia, alle nuove generazioni.