Boiling Point – Il disastro è servito
Philip Barantini
Il direttore della fotografia (e operatore) Matthew Lewis aveva 23 anni quando, proprio nelle fasi iniziali della pandemia di Covid-19, arrivò sul set di Boiling Point, secondo lungometraggio di Philip Barantini. A causa della circolazione del virus, questo “disaster movie” ambientato in una cucina avrebbe potuto essere realizzato solo in quattro tentativi. Obiettivo: ottenere un’unica scena di circa 90 minuti. Ce la fecero al terzo tentativo.
Old Boy
Park Chan-wook
Piano sequenza in carrellata, mentre il protagonista Dae-su (Chi Min-sik) lotta con una schiera di pessimi ceffi. Park Chan-wook crea una scena in cui sbagliare una mossa è vietato. Un po’ come nella vita o in un combattimento reale, dove l’errore, a volte, costa caro.
Birdman
Alejandro González Iñárritu
A parimerito, in realtà, con il prossimo: mettiamo le mani avanti. Alla sua uscita, nel 2014, il film di Iñárritu aveva provocato lo spalancamento di più di una bocca: ma davvero è stato girato tutto d’un fiato? Tutto questo filmone denso, pieno di sequenze oniriche ed effetti speciali? Il regista ha confessato che, no, sono stati effettuati 12 tagli durante le riprese, “piallati” grazie a furbizie e tecniche digitali. La magia del cinema è (anche) che riesce a farcelo credere.
1917
Sam Mendes
No, nemmeno 1917 di Sam Mendes, per quanto ce ne dia l’impressione, è stato girato in una sola ripresa. I “trucchi” qui sono soprattutto stacchi al nero (ve ne parleremo tra poco con un film-cardine). L’effetto, comunque, è riuscito: la guerra si snoda inesorabile sotto gli occhi del protagonista George Mackay. Il timore è proprio quello dell’interruzione, del dover chiudere gli occhi.
Il Divo
Paolo Sorrentino
Tutto intorno ad Andreotti. La cinepresa di Paolo Sorrentino gira per le stanze ma il centro di gravità è sempre il Divo. Ecco un altro uso parlante del piano sequenza: quando, invece che il mezzo tecnico, il protagonista è sempre il personaggio.
Omicidio in diretta
Brian De Palma
Uscito nel 1998 e girato nel 1997, Omicidio in diretta di Brian De Palma staccò un record: quello del longtake più, appunto, lungo realizzato fino a quel momento. Si tratta della seconda scena del film, della durata di circa 10 minuti, realizzata interamente all’interno di un palazzetto. Ancora una volta, alla cinepresa di De Palma piace giocare (ve li ricordate i suoi movimenti circolari su diversi piani?).
Arca russa
Aleksandr Sokurov
Gli occhi di un osservatore innominato osservano la storia della Russia come un sogno, o un viaggio nel tempo. Non lo vedremo mai, ma percepiremo scorrere il temo (e le azioni) senza soluzione di continuità. Ecco un vero piano sequenza tenuto lungo tutto il film, esattamente come Boiling Point, ma vent’anni prima. Novantanove minuti senza stacchi, realizzati al quarto tentativo all’interno del palazzo dell’Ermitage a San Pietroburgo. Direttore della fotografia e operatore steadycam è stato, questa volta, Tilman Büttner.
Nodo alla gola
Alfred Hitchcock
Il padre dei piani sequenza “furbetti”. Hitchcock taglia al nero contro le schiene dei protagonisti, l’interruzione in montaggio risulta minimale, eppure c’è. Anche questo è il cinema. Almeno, secondo il maestro inglese, era la vita con le parti noiose tagliate. Ed evidentemente anche dover dare una seconda volta il ciak per un errore nel longtake sarebbe stato distraente.
L’infernale Quinlan
Orson Welles
Orson Welles la tocca piano per uno dei suoi capolavori, e apre L’infernale Quinlan (Touch of Evil) con un piano sequenza che sfiora i quattro minuti, e che effettua vari e articolati movimenti nello spazio. All’apertura di una storia di thriller, bombe e indagini, una ripresa che sembra “far vedere tutto”. E che invece ci sta ingannando dal primo secondo.
Quei bravi ragazzi
Martin Scorsese
Benvenuti al Copacabana, dove i veri VIP entrano attraverso le cucine. Martin Scorsese sceglie, ancora in anticipo sui tempi contemporanei, e ancora una volta il dietro le quinte di un ristorante per una ripresa virtuosistica certo, ma pure romantica molto. Fluisce come danza, aiutata dal sempre sapiente uso della musica. Questo è cinema che respira. Ah, farsi corteggiare al Copacabana da un delegato sindacale!
Soy Cuba
Mikhail Kalazatov
Certe cose fanno giri lunghissimi e poi tornano. Come il piano sequenza durante il corteo funebre di Soy Cuba, lungometraggio “popolare” e sperimentale del regista sovietico Mikhail Kalazatov. Lo svolgimento ha dell’incredibile: dal livello della strada si sale a quello di alcuni balconi senza soluzione di continuità. E poi ancora attorno, dietro le quinte, di nuovo tuffarsi tra la folla attraversando una bandiera cubana. Più divertente (e da lambiccarsi le meningi) di una Corazzata Potëmkin.