Alberto Piccinini: Come va? Sì sì, compatibilmente, chiaro. Al limite. Nonostante, ci mancherebbe. È una mattinata strana: tempo indeciso, sciopero dei mezzi, vaghezza di prospettive. Tipo che ho per le mani il nuovo libro di Enrico Brizzi, Due, e non so se cominciare a leggere o lasciarlo lì, dimenticarlo senza dimenticarlo veramente, hai presente come? Brizzi l’ho conosciuto all’epoca, mi è sempre stato simpatico pure quando, all’arrivo della mezza età che ci accomuna, ha fondato la società di camminatori Psicoatleti. Bei gadget, stile mod-gorpcore. Ah, e l’altra sera ho visto Liverpool-Bologna di Champions dopo aver letto la sua intervista sulla Gazzetta: calcio stilosissimo, sconfitta a testa alta, megabuonismo ad Anfield Road. Scusa se la faccio lunga. Leggo l’altra sua intervista chilometrica che c’è su Rolling Stone. Di tutto quel che si poteva titolare i nostri amici hanno scelto il clickbait pesante: “Chi parla male dei Måneskin è vecchio dentro”, dice Brizzi. Mmh. Ma come? Ancora? Hai sentito il nuovo singolo di Damiano David, la canzone che non comincia mai e a un certo punto puff sparisce? È da un po’ che sto cercando di capire a chi assomiglia Damiano con il baffetto da sparviero, i capelli scriminati e giù di brillantina. Lando Buzzanca in Homo eroticus? Giannini Mimì metallurgico? Un vecchio prozio della stylist? E soprattutto perché? Poi, l’altra sera, mentre mi appisolavo sul divano davanti alla tv, ho capito: è uguale sputato al povero Antonino Monteleone, Iena fascistella del nuovo programma di Rai 2 dove si spiega che l’Occidente ha sempre ragione, si salamelecca Paolo Mieli, si va in Israele a prendere le bombe in testa come le inviate di Rete 4 che si fanno tirare le bottiglie dagli spacciatori, e tutto va bene. Chi ci crede? L’1,8%. Ci godo.
Giovanni Robertini: Bentornato Picci, que viva Boomer Gang! Sto entrando piano piano nel letargo autunnale, no sesso, no samba. Dopo una snobbissima incursione nell’ambient drone di Fennesz alla Chiesa San Fedele di Milano – a chi Fedez a chi Fennesz! – ho bucato i primi due appuntamenti di ottobre, ma ho la giustifica. Venerdì a Scampia c’era l’ennesimo Red Bull 64 Bars Live, rapper e trapper a cachet del bibitone che si fa pubblicità a botte di dissing (Tony Effe ha lanciato i primi sfottò sulle brandizzate 64 barre) e di ghetto experience. Gentrificato per una notte il set di Gomorra, ripulito come un qualunque club di Ibiza, i soliti nostri colleghi giornalisti col pass più i figuranti tardo adolescenti di quell’enorme Suzuki Arena che è diventata la musica italiana. Immagino i real abitanti di Scampia chiusi in casa come me a fare zapping tra Tale e Quale Show e la partita del Napoli, il mondo di mezzo delle Vele nascosto sotto il tappeto, manco il governo Meloni c’era riuscito così bene a Caivano, altro che esercito, accattatevi la Red Bull. Poi ho bucato anche la Champions, volevo andare allo stadio a vedere Inter-Stella Rossa, il secondo anello a visibilità limitata davanti alla balaustra costava 80 euro, così ho dato una sbirciata a un link illegale con telecronaca in cinese: la curva era mezza vuota, sciopero del tifo dopo i recenti arresti degli ultrà. Fuori dallo stadio, fuori da Scampia, mi chiedo dove andranno quelli esclusi dal privé dell’intrattenimento. E leggendo le intercettazioni tra Fedez e il crimi-ultras Luca Lucci, in cui il rapper proponeva a Stefano Boeri di trasformare il Palazzo dell’Arte della Triennale in un club fico tipo Circoloco magari smettendo di fare i sofisticati con l’orchestra – «Ma chi cazzo ci viene», dice Fedez – ecco, leggendolo ho pensato che non manca molto al momento in cui io e il mondo di mezzo ci troveremo insieme in Triennale a vedere il sofisticato concerto dell’orchestra, magari quella di Sun Ra.
AP: Ah, l’orchestra di Sun Ra! In copertina su The Wire c’è Marshall Allen, il sassofonista dell’orchestra. Ha appena compiuto 100 anni e sta per incidere il suo primo album solista. Per dire. A proposito di letargo autunnale, l’altra sera ero al Fanfulla sotto casa a sentire i Sabasaba, trio di Torino genere spettrale library postpunk. E droni, città distopiche, horror exotica, raga digitali, sta tutto sulla scheda di Bandcamp. Con lo scrittore Pacifico che mi stava accanto ho aggiunto soltanto a un certo punto, guardando il batterista: «Ritmo motorik, però pigro». E dopo un po’ mi sono appisolato sul divano che è un segno di approvazione, l’ho imparato dai vecchi cinefili che in sala dormivano molto meglio davanti ai bei film che a quelli brutti. Sabasaba incidono per la fondamentale etichetta bolognese Maple Death Records e così mi ritorna la città felsinea, oggi devastata dalle tortellinerie e dalle mortadellerie come abbiamo appreso dal New York Times in un articolo di quest’estate. Tergiverso. Non ho ancora preso una decisione su Due di Brizzi e tu non mi aiuti. Sbircio la prima pagina: nel tardo giugno dell’anno domini 1992, “il vecchio Alex giaceva in ruina, ridotto all’ombra tardo adolescente di se stesso”. Poi: Jacopo Ortis, le anatre di Central Park, Andrea Pazienza e i Pogues. Fiesta dei Pogues è la prima canzone citata, da suonare eventualmente al funerale del protagonista. Che dici? “Venite ragazze di facili costumi / diciamoci adios / ci rivediamo in Almeria”. Ho letto che per fare l’editing Brizzi si è chiuso cinque giorni in un albergo senza internet, fermo agli anni ’90. Non so. A volte penso che mi piacerebbe chiudermi almeno per un’ora in un posto fermo a oggi, 2024.
GR: Eh sì, ma i vicini di stanza? Nell’albergo, dico. Facendo un veloce calcolo statistico sarebbero sicuramente degli americani venuti in Italia per un concerto di Taylor Swift o dei Coldplay. E la magia dell’isolamento finirebbe con un coro di Viva la Vida fatto dalle fan. A proposito, è uscito il disco nuovo, mi tocca ascoltarlo non fosse altro perché ho ancora a casa un numero di NME, la loro prima copertina, con sopra scritto “A Ciacco, italian fan number one”, firmato Chris Martin. Erano i tempi di Yellow, gran pezzo, i Coldplay arrivarono a Mtv e facemmo pure una partita a calcio insieme a loro al parco della Martesana. Ora che ai loro concerti ci vanno Boccia e Sangiuliano mi scende un po’ la catena, sarà snobismo, ma su coraggio! Viva la Vida, non facciamo come Jack, non usciamo dal gruppo.