Steven Wilson: «Vedere ‘Live at Pompeii’ è come sognare i Pink Floyd che suonano dal vivo» | Rolling Stone Italia
Superfan

Steven Wilson: «Vedere ‘Live at Pompeii’ è come sognare i Pink Floyd che suonano dal vivo»

Il musicista ha raccontato com’era l’audio del mini-concerto del 1971 e com’è stato metterci le mani sopra. «Senza il pubblico, gli Who a Pompei non avrebbero funzionato»

Steven Wilson: «Vedere ‘Live at Pompeii’ è come sognare i Pink Floyd che suonano dal vivo»

Steven Wilson

Foto: Kevin Westenberg

«Senza il pubblico, gli Who a Pompei non avrebbero funzionato. I Pink Floyd invece sono cool e distaccati, non suonano per compiacere gli spettatori. È quasi come vedere un sogno dei Pink Floyd che suonano dal vivo. Come se suonassero dentro una nuvoletta. Il contesto è perfetto per loro».

Steven Wilson ha descritto in pezzo per il mensile Mojo il Live at Pompeii dei Pink Floyd, il film di Adrian Maben girato in parte nell’antico anfiteatro di Pompei che tornerà nella sale italiane dal 24 al 30 aprile. Wilson, che com’è noto oltre a quella di musicista ha anche una carriera parallela di remixer di grandi del rock, si è occupato del suono sia del film che del disco dal vivo che uscirà il 2 maggio.

«La registrazione è decisamente essenziale», dice Wilson, «quattro tracce mono per batteria, basso, chitarra e tastiere, più le parti vocali. A Parigi hanno fatto delle sovraincisioni e aggiunto nuove parti vocali, un po’ di sound design ed effetti sonori, ma per l’85% del tempo quel che si sente è una band strumentale su quattro tracce».

«Rispetto a lavoro che faccio di solito, non c’era quindi molto da fare. Non scordiamo però che suonavano all’aperto, quindi non c’era molto “ambiente”. Il suono era molto secco, diretto, senza troppo riverbero. Come se fossero nel deserto». Wilson ha lavorato su quello, sulla distorsione che c’era in una alcune tracce, sui livelli non perfetti fissati dal fonico all’epoca. «Buona parte del mio lavoro è stato di pulizia. E ho cercato di tener conto di quello che accadeva sullo schermo. Il mix tiene conto di quando ad esempio Roger inizia a suonare i piatti sulla sinistra e poi passa sulla destra al gong».

In quanto alle ragioni che rendono i Pink Floyd senza tempo, Wilson parla di «semplicità, atmosfera, tessitura. C’è una magia, un’alchimia. Se cercate un grande esempio del perché non si deve essere per forza musicisti tecnicamente incredibili, e dell’alchimia del suonare assieme, avere buone idee senza complicare tutto, quello è il live a Pompei».

Altre notizie su:  Pink Floyd Steven Wilson