Fabri Fibra condannato a risarcire Valerio Scanu per diffamazione: ci risiamo | Rolling Stone Italia
Precedenti molto pericolosi

Fabri Fibra condannato a risarcire Valerio Scanu per diffamazione: ci risiamo

Anche chi ha scritto questo articolo, quasi dieci anni fa, è stato denunciato da Scanu per diffamazione, dopo aver preso le difese di Fabri Fibra. È il primo rapper in Italia a venire condannato per un suo testo ed è un precedente pericoloso

Fabri Fibra condannato a risarcire Valerio Scanu per diffamazione: ci risiamo

Foto: Andrea Bianchera

Scriverò questa notizia-commento con il massimo della cautela, per il semplice fatto che l’ultima volta che ho trattato l’argomento in questione (quasi dieci anni fa) mi sono poi visto arrivare in redazione due carabinieri con una denuncia per diffamazione in mano. E sul magico foglietto, ovviamente, c’era il mio nome.

Perché di diffamazione si parla sostanzialmente nella condanna (definitiva) che la Cassazione ha stabilito per Fabri Fibra e Universal Music Italia. Le due parti a questo punto dovranno sborsare all’Egr. Spett. Scanu Valerio la cifra di euro 70.000 come risarcimento per i danni non patrimoniali legati ad alcuni versi ritenuti offensivi nel pezzo del 2013 A me di te dell’album Guerra e pace firmato dal rapper Tarducci Fabrizio, al secolo Fabri Fibra.

Ora, la vicenda va appunto avanti ormai da 12 anni. Dopo aver vinto Sanremo 2010 con Per tutte le volte che…, il cantante di Amici era entrato, come miliardi di altre persone in più di trent’anni di rime avvelenate, nel mirino del rapper di Senigallia. Nel 2013 era uscito appunto A me di te in cui Fibra sostanzialmente faceva quello che gli è sempre riuscito meglio e ciò per cui è così importante per la storia della musica italiana: lo stronzo scorretto. 

Volgarità? Una valanga. Allusioni sessuali ed esplicite? Quante ne vuoi e anche di più, come si conviene a un artista che ha fatto della provocazione e del mandare a fanculo tutto e tutti la propria cifra artistica (e forse anche personale, visto che pare non corra buon sangue manco coi propri cari: ma questa è una voce di corridoio e onestamente non sono cazzi nostri). 

Insomma, nel 2015, Fibra viene condannato in sede penale, con rito abbreviato, a una multa di 600 euro ma soprattutto al pagamento di una provvisionale di 20.000 euro. Era lì che si era creato un precedente, come scrivevo nell’articolo che è valso anche a me una denuncia da parte di Scanu. È infatti stata la prima sentenza emessa in Italia a condannare un artista rap per il testo di un proprio brano. Il fatto ha ancora più peso di dieci anni fa, se contiamo che oggi in cima alle classifiche ci sono Sfera e Shiva, non Biagio Antonacci. 

Cos’è arte? Cosa non lo è? Secondo me, scrivevo nell’articolo incriminato, non spettava a un giudice stabilirlo. E tantissima gente che in realtà è stata punzecchiata da Fibra (per fortuna, la maggior parte) ha capito che si tratta di satira e quindi si è limitata a non rispondere oppure, vedi all’epoca Marco Mengoni, sostanzialmente a ribattere con un secco “non me ne frega un cazzo”. E amen.

Sta di fatto che, qualche anno dopo, la Corte d’Appello aveva aumentato la cifra a settantamila euro (da cui detrarre il già sborsati ventimila, OK, ma son pur sempre cinquanta bomboloni). Sulla base dell’accusa, a quanto pare sostenuta dai giudici, la gravità del discredito verso Scanu era “eccezionale” e pure “di rilevante risonanza” dato che l’album di cui stiamo parlando all’epoca ha raggiunto la certificazione di platino. 

A quel punto Fibra e Universal avevano presentato ricorso in Cassazione, che proprio in questi giorni è stato respinto in maniera definitiva. Ora, quello che voglio dire è che non è la prima né di certo l’ultima denuncia che si piglia Fibra. Anzi, per dirla tutta ci sarebbe anche un’altra condanna per diffamazione sempre tra nostri due, dopo che Fibra a un concerto non solo eseguì la canzone dal vivo, ma proiettò anche sui megaschermi alle spalle degli estratti della condanna stessa.

L’altra sera al Forum, al concerto di Tyer, The Creator, ho incontrato Paola Zukar, che di Fibra è la manager. Abbiamo ricordato scherzando quei giorni in cui mi chiamava per convincermi a dare la mia testimonianza della vicenda tragicomica in quella che poi sarebbe diventata la biografia di Fabrizio. Io avrei anche accettato, ma il precedente editore di questo magazine, che pagava gli avvocati per difendermi, mi aveva intimato di chiudere ogni tipo di rubinetto sul tema. Oggi ho mandato un messaggino a Paola per chiederle se volessero, lei o Fibra, commentare le ultime notizie ma mi ha giustamente risposto che “dobbiamo ancora leggerci per bene la sentenza, quindi no comment :)”. Totalmente lecito.

Fibra o meno, denunce o non denunce, quello che mi preoccupa, oggi come allora, nella musica e non, è il concetto di precedenti

Il 25 aprile a Mottola, nel tarantino, un gruppo di dieci persone è stato fermato e identificato da un maresciallo dei carabinieri perché intonavano canti della Resistenza come Bella Ciao e Fischia il Vento. Ora rischiano cazzi per inosservanza (altro precedente) delle disposizioni di festeggiamenti “sobri” impartite dal governo dopo la morte di Papa Francesco. Sempre di questi giorni è la circolare che alcune Prefetture stanno inviando alle pubbliche amministrazioni, in particolare alle scuole, con il divieto di svolgere attività di comunicazione sui referendum su lavoro e cittadinanza a giugno.

Mi viene in mente quella scena de Il buono, il brutto, il cattivo in cui il Biondo (Clint Eastwood) e Tuco (Eli Wallach) si mettono a minare i pali del ponte di Langstone per farlo saltare in aria e mettere fine a un massacro inutile tra nordisti e sudisti che si contendevano quella misera struttura in legno da mesi. Qui però a forza di precedenti stiamo piazzando altrettanta dinamite, ma alla struttura che regge i capisaldi del pensiero democratico, dalla libertà di espressione, aggregazione, voto. Se esploderà, questo ponte non metterà fine a un massacro. Semmai, tutto l’opposto.

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