A un certo punto del concerto apro Google Maps. Il puntino blu che mi rappresenta è posizionato vicino a un lago in un prato che anche il satellite dell’app riconosce essere di un verde denso. Inizio un lento zoom out. Prima appare la Capela de Nossa Senhora das Vitórias a Furnas. Poi l’isola di San Miguel si mostra nella sua lunghezza e pian piano l’oceano Atlantico inizia a inghiottire tutti i pixel del telefono. C’è ancora il tempo di guardare l’arcipelago delle Azzorre che ci accoglie prima di scomparire nel celeste del mare. Quando alzo lo sguardo dallo schermo luminoso un uomo con un copricapo animalesco sta cantando nella mia direzione. Sotto di lui un rituale elettronico pagano con centinaia di persone che circondano il palco da tutti e quattro i lati. Dal lago si alza un soffio di vento. Si sta bene qui.
Il Tremor Festival è quello che si definisce un boutique festival. Alla sua massima capienza arriva a 1500 persone circa, ma molti dei suoi eventi hanno spazi ridotti o richiedono comunque uno spostamento importante come il secret concert vicino al lago di Furnas dei Why The Eye, band belga che, come facilmente spiegano i loro costumi, suonano quella che autodefiniscono “techno-preistorica”. Il Tremor si tiene ogni primavera, per cinque giorni, alle Azzorre, e più precisamente sull’isola di San Miguel, la più grande dell’arcipelago. È un festival diffuso, che – tra concerti, hike, secret concert, talk, parate folk, sperimentazioni – non cerca dialogo solo ed esclusivamente con l’arte, ma soprattutto con il territorio unico in cui è immerso.

Foto: Vera Marmelo

Uno dei secret concert nella natura del Tremor. Foto: Vera Marmelo

Uno dei secret concert nella natura del Tremor. Foto: Vera Marmelo
Il vero protagonista del festival è infatti il luogo, questo paradiso terreste («Welcome to Paradise my man!», mi annuncia il driver fuori dall’aeroporto) chiamato Isole Azzorre. Spesso gli show, più che i concerti stessi, sono i tragitti per raggiungere le location nella programmazione diurna del festival. Capita infatti di passare un’ora su un bus organizzato dal festival, o su una macchina di bonari local se siete più fortunati, prima di raggiungere gli eventi pomeridiani che portano il fruitore a introdursi negli spettacoli naturali che qui si moltiplicano a vista d’occhio. Durante il viaggio si rimane come bimbi con il naso appiccicato al finestrino, godendosi le scogliere diventare pascoli, e poi boschi, in un pezzo di mondo dove l’unico segno dell’uomo diventa presto niente più che la strada su cui ci stiamo spostando. Fuori tutto sembra immobile, come i pascoli di mucche che ruminano calme e i cavalli bianchi che appaiono come miraggi tra i terreni dell’isola, mentre il meteo alterna le stagionalità con una rapidità incosciente. Nel mentre si passa da un lago lontano nascosto tra i monti alla rimessa per barche di un minuscolo porto in un villaggio di pescatori, da un giardino botanico con terme a una grande vallata in cui troviamo piccoli di cervi e uccelli rari.
La sera, invece, si ritorna in “città”, a Ponta Delgada, la capitale dell’isola dove oltre a Portas do Mar, questo spazio sotterraneo riconvertito a location centrale del festival, si può assistere a concerti tra teatri, club e ristoranti tipici riallestiti a sala concerti.
La musica che scorre dentro a questi luoghi varia con la stessa velocità del tempo, passiamo dal noise sperimentale al punk rock più classico, dalla musica strumentale di tradizione portoghese alle avanguardie più ricercate, da dj set kitsch al rap più affilato. Il Tremor è infatti un contenitore che rimescola le carte tra alto e basso, senza aver paura di sbragare (da un lato o dall’altro) e puntando su una line up che, di base, non ha veri e propri headliner. Dimenticatevi infatti l’annuncio sbang! tipico dei megafestival come Coachella o Primavera, qui le cose si fanno sottovoce, con cura e una vera attenzione a coinvolgere la comunità sia portando i festivalieri nella zone più povere e meno sviluppate come i villaggi di Rabo de Paixe (là dove ci sarà prima una parata folk, poi un concerto in una rimessa per barche e infine un dj set nel club navale) e Ribeira Grande, sia portando la stessa comunità locale sui palchi come nel caso della Scuola di musica Rabo da Peixe, del progetto aperto dell’Orquestra Modular Acoriana e del progetto Som Sim Zero in cui il collettivo Ondamerala si è esibito con l’associazione sordi di San Miguel e il gruppo di percussioni locali Bora Lá Tocar in uno dei momenti più riusciti dell’intero cartellone.

Uno dei secret concert nella natura del Tremor. Foto: Vera Marmelo

Un live di Asmâa Hamzaoui & Bnat Timbouktou durante una camminata nella natura al Tremor. Foto: Vera Marmelo

Una parata folk al Tremor. Foto: Vera Marmelo
Raccontare il Tremor è proprio come raccontare un viaggio. Vorresti riuscire a parlare di tutte le immagini che hanno attraversato i tuoi occhi e ti hanno rapito, ma ti ritrovi a poter mettere a parole solo alcuni dettagli, spesso nemmeno i più rilevanti. Ad esempio: bere costa pochissimo e i bicchieri vengono riempiti fino all’orlo. Oppure: ogni qualvolta che c’è un evento in natura qualcuno dal palco ti ricorda di lasciare “il luogo come lo abbiamo trovato”. O ancora: non ci sono poser, lì sono tutti aperti a darti un abbraccio, a condividere il dancefloor (che sia in un basement come sotto a un albero centenario), a tirarti dentro le loro vite. Capita infatti che mentre prendi una boccata d’aria durante un concerto qualcuno ti inviti a cena nella propria casa facendoti ritrovare in mezzo a un house party multiculturale. O ti porti a un brunch organizzato dai ragazzi di Vaga, uno spazio d’arte che organizza residenze artistiche, mostre temporanee e dj set posizionando la conoscenza tra esseri umani al pari della conoscenza artistica e culturale che propone.
Alle Azzorre, il Tremor, le persone, la musica, l’arte sono tutti ingredienti della stessa ricetta. Solo la natura, che qui si percepisce nella sua potenza quasi divina, ne è superiore, diventandone culla e madre. In un universo di festival fuori dalla portata del singolo, il Tremor è un piccolo gioiello a misura d’uomo. Godiamocelo nella speranza che possa resistere e non subire mai le dinamiche dei festival a cui oramai ci siamo tristemente abituati.
Il Tremor 2026 è già stato annunciato e si terrà dal 24 al 28 marzo sempre a San Miguel. I biglietti sono già disponibili.