Ascolteremo un altro album dei Soundgarden, parola di Kim Thayil | Rolling Stone Italia
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Ascolteremo un altro album dei Soundgarden, parola di Kim Thayil

Il chitarrista racconta a Rolling del disco che la band stava incidendo prima della morte di Chris Cornell e spiega come immagina l’esibizione alla Rock and Roll Hall of Fame. C’entrano i Nirvana

Ascolteremo un altro album dei Soundgarden, parola di Kim Thayil

Kim Thayil e Chris Cornell dei Soundgarden

Foto: Karjean Levine/Getty Images

Sono una delle grandi band anni ’90, anche se si sono formati nel 1984 e hanno iniziato a pubblicare dischi tre anni dopo. Possedevano i requisiti necessari per entrare nella Rock and Roll Hall of Fame già nel 2012 tant’è che i fan avevano cominciato a perdere le speranze dopo che erano stati in nomination un paio di volte. E invece quest’anno i Soundgarden sono finalmente riusciti a entrare nella Rock Hall. «Non è che ci avessi messo una pietra sopra», racconta il chitarrista Kim Thayil dalla sua casa di Seattle, «è che semplicemente non ci pensavo».

Abbiamo parlato con Thayil di questo nuovo riconoscimento, della possibilità che i membri superstiti della band (lui, il batterista Matt Cameron, il bassista Ben Shepherd) si esibiscano insieme a qualche ospite al posto di Chris Cornell e dell’attesissimo ultimo disco col cantante che è rimasto bloccato per anni in un limbo per via di una controversia legale.

Cosa significa, per te, entrare nella Rock and Roll Hall of Fame?
Sto metabolizzando la cosa. Ma la notizia ha fatto venire un gran sorriso a chi lavorato con noi in tutti questi anni e questo mi ha fatto apprezzare la cosa. In passato mi basavo solo su quello che mi riferivano gli altri. Quando un amico musicista o lo stesso Chris presenziava a una cerimonia mi riferiva poi dell’entusiasmo della gente e dei colleghi. Proprio Chris mi ha detto che vedere quant’era importante per i fan questo riconoscimento ha cambiato tutto. La Rock Hall rappresenta una conferma del giudizio delle persone che hanno sostenuto la band, del loro gusto, della loro passione. Ecco, così ha senso, lo capisco, lo apprezzo. È importante per le persone della nostra crew, per l’etichetta discografica, per il management. Perché questo lavoro non lo fai solo con altri tre o quattro ragazzi, ma con decine di persone che fanno parte della tua squadra, che orbitano attorno a te, che si impegnano per far funzionare le cose.

Quest’anno il gruppo di nuovi ammessi è piuttosto variegato…
Stiamo benissimo fra i Bad Company e i White Stripes. Probabilmente si potrebbe tracciare una linea di continuità fra di noi.

Scommetto che non avresti mai pensato di entrarci con Chubby Checker.
No, direi che è incredibile. The Twist è stata una delle canzoni della mia infanzia, insieme a quelle dei Beatles, era un pezzo onnipresente.

Voi tre suonerete la sera della cerimonia?
Penso di sì, se lo desiderano. A quanto pare l’invito è arrivato. Spetta alla Hall decidere il programma, ma ci piacerebbe suonare. Non ne abbiamo ancora parlato in maniera approfondita, ma ci sono persone che chiameremmo al volo anche solo pensando a quelle con cui ci siamo esibiti negli ultimi anni, a partire dal concerto tributo a Chris del 2019.

Shaina Shepherd ha fatto un ottimo lavoro, con voi, qualche mese fa.
È fantastica ed è di qui. Penso che tutti quelli con cui abbiamo suonato abbiano talento. Sceglieremo persone con cui abbiamo lavorato negli ultimi cinque anni, con in testa quel che hanno fatto i Nirvana, quando si sono esibiti con tre o quattro cantanti diversi. Immagino faremo qualcosa di simile. Non abbiamo ancora potuto discuterne perché Matt era in tour coi Pearl Jam. Magari spunterà un nome via messaggio, tipo: «Perché non chiami questa persona?». Vedremo. Si può capire però la direzione che vogliamo prendere.

Secondo te, Chris cosa ne avrebbe pensato?
Credo che sarebbe stato orgoglioso e felice. Lo dico perché è stato lui a fare capire queste cose a tutti noi di noi dopo aver presentato le Heart alla cerimonia di ammissione. È tornato con un livello di comprensione diverso di quel tipo di evento. Ne abbiamo parlato tante volte. Avrebbe saputo molto meglio di noi cosa aspettarsi e come prepararsi, ecco perché dico che sarebbe stato felice e oroglioso della cosa.

Neal Peart ha detto che per anni non ha dato granché peso alla Rock Hall. Solo quando è salito sul palco quella sera ha capito che era una cosa importante.
Per decenni l’ho pensata anch’io così. Non ci tocca, non c’entrava con le nostre origini, né con la direzione in cui volevamo andare, non la prendevamo in considerazione.

E poi all’improvviso ti rendi conto che stai entrando a far parte dello stesso club dei Beatles, dei Rolling Stones e di Buddy Holly.
Wow. Ma realisticamente non mi vedo nello stesso club dei Beatles, degli Stones o degli Zeppelin, erano leggende quando avevo 5 anni.

Ma sei un anello che fa parte della stessa catena. Quando i ragazzini imparano a suonare la chitarra, adesso, studiano le parti di Jimmy Page e quelle di Kim Thayil.
Così mi rendi tutto più difficile… Non ho mai affrontato queste cose troppo seriamente, a livello emotivo, perché vedo ancora una distinzione netta tra ciò che abbiamo fatto e i musicisti che ci hanno influenzati e di cui ho grande rispetto. Forse, però, dovrei pensare che là fuori c’è gente che guarda a noi e ai nostri contemporanei come io guardavo ai Pink Floyd, ai Ramones, ai Beatles.

Di solito, a fine serata, c’è una jam con tutte le star. Riesci a immaginarti mentre suoni con Jack White o i tipi dei Bad Company?
Ci sta. Mi risulta un po’ più difficile immaginare di suonare con Cyndi Lauper, ma penso che potrebbe funzionare. È una cantante forte, una che può reggere alla grande in qualunque contesto.

Tanti fan dei Joy Division sono infuriati perché anche quest’anno non sono entrati nella Hall of Fame. Ma succederà.
Sono un grande fan dei Joy Division. E sì, sono deluso, ma è come dici tu, il loro momento arriverà. Il fatto che siano stati candidati è comunque un riconoscimento dell’impatto e dell’influenza che hanno avuto su tante band che sono entrate negli ultimi anni e su molte di quelle che entreranno in futuro. Sono unici e inconfondibili per stile e sound.

Ci sono altri artisti che speri di vedere entrare? A me piacerebbe ci fossero New York Dolls, Replacements, Pixies, Sonic Youth, Smiths, Motörhead e Iron Maiden.
Li hai detti quasi tutti. La settimana scorsa ho fatto un’intervista e i primi che ho nominato sono stati gli Alice in Chains, poi gli Iron Maiden e per terzi i Sonic Youth. E dopo i New York Dolls. Questo perché, quando sono entrati gli Stooges, ho pensato: perché gli Stooges prima degli MC5? Gli MC5 erano i fratelli maggiori di quella scena. E, anche se non erano di Detroit, li ho sempre accostati ai New York Dolls che incidevano nello stesso periodo. Stooges e MC5 sono gruppi proto metal/proto punk, i New York Dolls hanno influenzato il glam di Los Angeles di un decennio e mezzo dopo, il che è ironico, forse più ancora del trasferimento a Los Angeles dei Brooklyn Dodgers. E sui Motörhead sono d’accordo al 200%.

Mi manda in bestia anche che non ci siano i King Crimson.
Mio Dio, non ci sono i King Crimson?

No.
Cosa? Robert Fripp? E Adrian Belew? Ma come?

Passiamo ad altro: stai lavorando a qualcosa di nuovo?
Vado in studio, di tanto in tanto, per buttare giù qualche idea. Cerco sempre di avere dei demo nuovi. E poi, come sempre, c’è chi mi chiede di suonare in un suo disco. La mia prima risposta di solito è no, poi magari dopo dico: «Mi piace questa canzone e mi piace ciò che fai, ci sto». Questo non vuol dire che non mi piaccia il lavoro o il materiale che rifiuto, è solo che voglio concentrarmi anzitutto sulle cose mie.

Molti fan sono curiosi del disco dei Soundgarden a cui Chris stava lavorando con voi quando è morto. Pensi che verrà pubblicato?
Penso di sì. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di terminarlo. Credo di essere abbastanza ossessivo-compulsivo da non voler lasciare una cosa del genere incompiuta o incompleta. E anche il resto della band è della stessa idea. E non mi importa solo del lavoro che ho fatto io, ma di quello di tutti e, in questo caso, di quello di Chris. Sono orgoglioso di ciò che ho fatto e voglio che esca. Se il disco resta lì nel limbo, non esiste. Può esistere solo come collaborazione con Matt, Ben e Chris. E poi, se si pensa a cosa commemora, acquisisce un peso completamente diverso: siamo noi, tutti insieme. Vogliamo farlo e andarne fieri. Questa è una delle caratteristiche speciali dei Soundgarden fin dal 1984.

Vederlo finalmente pubblicato sarebbe un bel regalo per i fan.
Quando ci penso, anche se può sembrare strano, sento che sarebbe anche un regalo per Chris.

Da Rolling Stone US.

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