Quando Piero Pelù sale sul palco per il debutto del tour nei club, già quasi interamente sold out, la prima cosa che si nota sono le enormi cuffie che gli avvolgono le orecchie. «Il mio duello con i fottuti acufeni continua», aveva scritto sui social nello scorso ottobre, «ma voi sapete che io ho la pellaccia e la testaccia dure e non mi arrendo mai». E infatti eccolo qua, ieri sera ai Magazzini Generali di Milano, pronto a celebrare Il ritorno del Diablo, come da locandina. Sottotitolo: Giubileo rock 2025. Sono già passati 40 anni dall’uscita di Desaparecido, il primo album dei Litifba. E 35 da El Diablo, 30 da Spirito e 25 da Né buoni né cattivi, il suo debutto solista dopo il primo scioglimento della band. Insomma, ci sono vari anniversari da festeggiare sul palco, assieme a una band composta da Amudi Safa (chitarra), Max Sigel Gelsi (basso) e Luca Mitraglia Martelli (batteria, anche nell’ultima formazione dei Litfiba), con la presenza dello storico sodale Antonio Aiazzi, che nei Litfiba ha suonato le tastiere per gran parte della loro storia.
Fin dall’iniziale Lo spettacolo il suono è decisamente hard, una scelta ovviamente legittima che tuttavia penalizza la resa dei brani dei brani di Desaparecido. I pezzi di quella via italiana alla new wave che i Litfiba avevano miracolosamente trovato senza clonare i modelli britannici perdono parecchia della loro suggestione, suonati come sono da una band che ricorda piuttosto i Litfiba di Terremoto (1992). Anche il piano di Aiazzi si ritaglia uno spazio consistente solo nei bis, per una bella introduzione di Lulù e Marlène. Questione di gusti, ovviamente, ma è la sola critica che si può muovere a un live che di fatto rappresenta il greatest hits di un frontman unico nella storia del rock italiano.
Assistendo al suo concerto viene in mente la scena di Pat Garrett e Billy Kid in cui lo sceriffo Garrett dice che i tempi sono cambiati e il pistolero Billy Kid gli risponde: «I tempi può darsi, ma non io». Prima di Io ci sarò, Pelù legge un messaggio di autocritica in cui attribuisce al maschio del 2025 le colpe di tutti i disastri del mondo. Dedica Il volo a «quelli che non ci sono più», e il pensiero va a Ringo De Palma, batterista dei Litfiba scomparso nel 1990 assieme ai suoi fantasmi. Istanbul è per tutti quelli che manifestano in Turchia, «c’è un brutto dittatore da quelle parti», per cercare un dialogo con il popolo curdo. «Istanbul, Kurdistan e Palestina liberi» dice alla fine, dopo avere sovrapposto sul suo microfono le bandiere dei due Paesi. «Mi dicono che sono sempre a giocare con le storie del Vaticano, che sono blasfemo. Sì! Sono blasfemo». Non ce lo vediamo a fare un unplugged. Del resto è in fortissima e il palco lo tiene meglio che mai, saltando per due ore di fila. Immagini già viste? Lo dicevamo poco fa: i tempi cambiano, Piero no.
«Il fottuto riarmo» dice introducendo Bomba boomerang, scritta 25 anni fa assieme ad Alessandro Bergonzoni per il suo primo album solista. «Ogni violenza è come un boomerang e torna sempre indietro al mittente». Lungo tutta la carriera di Pelù c’è una granitica coerenza nei temi. Contro le armi erano anche Prima guardia, pezzo obiettore di Terremoto, e indietro nel tempo l’introduzione della Ferito contenuta nel live Aprite i vostri occhi (1987): «Il prossimo brano è dedicato al nostro caro amico, ex ministro della difesa, Giovanni Spadolini… che si è tolto dalle palle. Grazie Giovanni!». E sono solo alcuni esempi.
Gigante ci ricorda che sono passati anche cinque anni dal Sanremo su cui già incombeva la pandemia e in cui Piero Pelù portò uno dei pezzi migliori della sua carriera solista, che avrebbe meritato la vittoria (anche perché Bugo, in gara con un altro pezzone, si era autoeliminato). Su El Diablo fa letteralmente inginocchiare tutti, «per la purificazione dei peccati, quelli commessi e quelli solo pensati». Con la resa attuale sembrano proprio i brani dell’album del 1990 quelli a essere invecchiati meglio. Durante Proibito, quando canta che l’amore è tirannia, fa il saluto romano e dice: «Troppi tiranni in giro, troppi fascistoni al governo». Prima del sipario, promette un’altra data milanese in ottobre. È probabile quindi che ci sarà un altro tour, magari in spazi più ampi.