Wilma De Angelis ha compiuto da pochi giorni 95 anni. Se hai più di trent’anni probabilmente la ricordi per la carriera musicale e per i programmi di cucina. Ma se sei un cultore della tv generalista trash-chic, la ricordi per un’intervista del 2012 con Cristina Parodi in cui, con l’aplomb di una donna che è stata rock’n’roll senza saperlo, confessava di aver avuto una leggera dipendenza da anfetamine. Shock? Nì. Wilma è stata una dei volti più soft dello showbiz italiano, ma il Preludin — una sorta di Ozempic old school con effetto turbo — era diffuso e facile da reperire.
La fenmetrazina, molecola base del Preludin, venne sintetizzata in Germania nel 1952, un’epoca in cui tutto ciò che veniva dalla chimica sembrava una buona idea. Il farmaco fu introdotto nell’uso clinico in Europa nel 1954 come soppressore dell’appetito, sperando che non avesse gli stessi effetti collaterali dell’amfetamina. Spoiler: li aveva, e nel frattempo era già commercializzato con diversi nomi, tra cui Preludin, Marsin e altri.
Funzionava con un meccanismo simpaticomimetico — in pratica attivava il sistema nervoso come un super caffè: oltre a togliere l’appetito, teneva svegli e dava energia extra. Non a caso, Wilma e le colleghe lo prendevano anche per combattere la sonnolenza. E non era la sola: i Beatles ne facevano uso fisso nei loro primi anni ad Amburgo, per reggere serate infinite a suonare nei locali. In Germania lo chiamavano affettuosamente “prellies”.
Negli anni ‘80 il farmaco era già stato ritirato dal mercato USA e da molti altri paesi per il suo elevato potenziale di abuso: la Svezia lo aveva già classificato come narcotico nel 1959 e ritirato nel ’65. In Italia, invece, fu tolto dalla circolazione proprio negli anni Ottanta. L’esplosione di popolarità del Preludin rifletteva già allora una certa pressione sociale sul controllo del peso, e la voglia tutta capitalista di trovare una soluzione rapida, farmacologica, possibilmente miracolosa. Un po’ come quello che si sta verificando con l’Ozempic, diventato famoso in tempi molto recenti grazie alle trasformazioni impressionanti di personaggi come Amy Schumer, Meghan Trainor e Oprah Winfrey.
Per i pochi che non ne hanno mai sentito parlare: l’Ozempic è un farmaco iniettabile pensato per i diabetici di tipo 2, ma ormai usatissimo off-label per perdere peso. Funziona imitando un ormone che riduce l’appetito e regala un senso di sazietà che vale i postumi di un sushi all-you-can-eat. Ma non è tutto oro quello che luccica: l’Ozempic, nella sua versione Wegovy, entrambe usate per il dimagrimento, sta sollevando una valanga di dilemmi etici. Carenza del farmaco per i pazienti reali (i diabetici), prezzi alle stelle, idealizzazione di un nuovo modello corporeo fin troppo magro, e non ultimi alcuni effetti collaterali non gradevoli: gastroparesi, perdita della vista, coaguli di sangue.
È notizia di questi giorni che Eli Lilly, azienda farmaceutica statunitense, ha recentemente annunciato risultati promettenti per Orforglipron, una pillola giornaliera per la perdita di peso e il trattamento del diabete di tipo 2. Questo farmaco, che agisce come agonista del recettore GLP-1, offre un’alternativa orale ai trattamenti iniettabili della rivale danese Novo Nordisk, semplificandone enormemente l’assunzione. In uno studio clinico di fase 3 su 559 pazienti con diabete di tipo 2, una dose giornaliera di 36 mg ha portato a una perdita media di peso del 7,6% e a una riduzione significativa dei livelli di zucchero nel sangue, con oltre il 65% dei partecipanti che ha raggiunto valori glicemici normali. La casa farmaceutica prevede di presentare la richiesta di approvazione per la gestione del peso entro la fine del 2025 e per il trattamento del diabete nel 2026.
Insomma, Preludin e Ozempic, seppur lontanissimi per composizione e epoca, sono uniti da un destino comune: usati per dimagrire, idolatrati dai media, e finiti sotto il microscopio della società per le implicazioni etiche e cliniche. Il primo era uno stimolante, il secondo lavora sui recettori cerebrali GLP-1. Negli anni ’60, il Preludin era il simbolo ingenuo dell’entusiasmo farmacologico: tutto ciò che veniva in pillole era moderno, efficiente, desiderabile. Così come si immaginava l’alimentazione nel nuovo millennio. Poi è arrivata la consapevolezza, e la stretta normativa. Oggi, con l’Ozempic, il discorso si fa più sfumato: entusiasmo, certo, ma anche un bel po’ di diffidenza. Più che pillole miracolose, ci vogliono regole, studi, e forse un po’ di terapia. Ma la questione è sempre quella: quanto siamo disposti a rischiare per un numero in meno sulla bilancia?
Il corpo perfetto è ancora una droga più potente del Preludin. E il capitalismo della magrezza ha solo cambiato siringa.