Taverna A Santa Chiara, Napoli: ecco la politica cos’è | Rolling Stone Italia
l'occhio della shitstorm

Taverna A Santa Chiara, Napoli: ecco la politica cos’è

Nives Monda e il suo ristorante, da sempre attivista, ci hanno dispensato una lezione a partire dalla tavola. Perché chi crede che il cibo debba star zitto non ha capito la tavola

Taverna A Santa Chiara Napoli

La Taverna A Santa Chiara di Napoli

Foto: Instagram

A fine servizio, in attesa del suo pasto, la troviamo intenta a leggere 10 miti su Israele di Ilan Pappé, per l’esattezza il capitolo che titola Il sionismo non è capitalismo. Dopo che una turista israeliana l’ha accusata di antisemitismo e terrorismo, Nives Monda, titolare de La Taverna di Santa Chiara, una storica osteria Slow Food in pieno centro storico a Napoli, che propone un menu di piatti della tradizione napoletana, si rifugia nei libri, sua grande passione, per cercare una risposta a quanto è accaduto.

Il 3 maggio, durante un normale pranzo al ristorante, due turisti israeliani scambiano qualche parola con una coppia di spagnoli seduti al tavolo accanto, elogiando la bellezza del loro paese e invitando i due ad andarlo a visitare. Probabilmente un qualsiasi ristoratore non si sarebbe intromesso nelle conversazioni, ma non Nives Monda, attivista politica da sempre. E poi, essendo il locale molto piccolo e con pochissimi tavoli ravvicinati, sentendo il dialogo ha cortesemente sollevato la questione di Gaza, dicendo che non si può parlare di Israele omettendo il conflitto in corso, i milioni di vittime, anche bambini, che hanno perso la vita, i crimini internazionali e il genocidio in atto.

Alle parole della titolare la turista, invece di cercare un dialogo, ha preso il cellulare e cominciato a girare un video accusando la ristoratrice di essere razzista, antisemita, sostenitrice dei terroristi islamici. Ora, chi conosce Nives, e l’impegno politico del ristorante sa che non è la realtà. La Taverna di Santa Chiara, infatti, aderisce alla campagna Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana promossa dal movimento BDS (Boycott, Disinvestment and Sanctions) che si batte per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza del popolo palestinese. La conversazione si anima troppo e la titolare chiede alla coppia di israeliani di uscire dal locale, senza pagare. Il video diventa virale e come purtroppo molto spesso succede in questi casi, sui social partono una serie di minacce, o meglio shitstorm come tiene a sottolineare Monda, con attacchi alla sua vita e a quella di tutto lo staff.

Al di là dei fatti accaduti, a cui hanno fatto seguito anche azioni legali, la domanda che ci si pone è: il ristoratore ha il dovere di prendere una posizione se un cliente va contro ciò in cui crede e per cui si batte? Il cibo, insomma, può essere un terreno politico?

«Essere cittadini coscienziosi» – ci dice Monda – «significa che, sempre, di fronte a qualsiasi tipo di discriminazione bisogna dire la propria opinione. Nel mio caso specifico noi siamo un’osteria Slow Food che pratica una determinata politica del cibo. Nella edizione del 2025 di Osterie d’Italia (la guida di Slow Food, ndr) la nostra zuppa di fagioli e scarole ha ricevuto il premio come miglior piatto dell’anno. Si tratta di un piatto che racconta l’importanza della transizione proteica. Noi ogni giorno attraverso gli ingredienti che utilizziamo e la loro provenienza facciamo politica, decidiamo cosa fare e cosa non fare, cosa sostenere e cosa condannare. Siamo contro lo sfruttamento del lavoro e perciò scegliamo questi prodotti. Siamo contro l’illegalità, sotto ogni punto di vista. La lotta contro illegalità internazionale è una parte della politica che noi facciamo. Durante l’ultima edizione di Terra Madre Salone del Gusto abbiamo parlato della questione dei contadini, sia israeliani sia palestinesi, uccisi dalla guerra. Quindi se mi chiedono se faccio politica, io rispondo di sì, che faccio politica così. Tutti sanno che fra i tavoli possono nascere dibattiti sulle questioni di attualità, ma a me non risulta che nessuno sia mai stato cacciato per le sue opinioni e credo che nessuno possa dire che noi siamo stati irrispettosi, o che siamo contro gli ebrei».

Sulla porta di ingresso del ristorante è affisso un manifesto che cita, sia in italiano sia in inglese, “Questo esercizio si dichiara contro la politica di discriminazione colonizzazione e segregazione che Israele utilizza nei confronti del popolo palestinese e che viola i principi e dettami del diritto internazionale e le risoluzioni ONU sui diritti umani. Oggi, di fronte al genocidio che è in atto a opera del governo Netanyahu, evidenziamo questa posizione in modo chiaro a tutte le persone che frequentano lo spazio…”. La presa di posizione dell’osteria, quindi, è bene dichiarata e visibile a tutti gli ospiti. Viene da pensare, i signori israeliani lo avranno letto? Se erano così contrariati, come hanno dimostrato, perché sono entrati?

Davanti al ristorante amici e clienti affollano la strada per offrire sostegno e supporto a Nives Monda e a tutto il team della Taverna A Santa Chiara. A dimostrazione di questo ieri, 6 maggio, alle 18 è stata organizzata una manifestazione a Piazza del Municipio dal titolo “Sindaco di Napoli: 2 anni di genocidio, 2 anni di silenzio. Not In My Name. In solidarietà con Taverna Santa Chiara e quant* prendono posizione contro ogni complicità al genocidio del popolo palestinese”. Per schierarsi contro una politica, adottata dal Comune di Napoli, che protegge i turisti a svantaggio dei residenti e delle attività commerciali della città.

«Il Comune di Napoli ci ha voltato le spalle, estendendo piena solidarietà ai turisti ma non ai residenti» – racconta Monda. «L’amministrazione comunale ha preso una posizione senza prima appurare i fatti e accertarsi di quanto accaduto. Penso che il minimo che potesse fare era mantenersi almeno equidistante». Durante la conversazione arrivano messaggi sul telefono di Nives Monda: solidarietà da parte della fondatrice dell’associazione Donne in Nero di Bari, una rete internazionale di donne impegnate nella pace che si oppongono attivamente all’ingiustizia, alla guerra, al militarismo e alle altre forme di violenza. La quale sottolinea che, durante la manifestazione del 26 aprile avvenuta a Bari davanti alla Chiesa San Ferdinando, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al genocidio dei palestinesi operati da Israele, la stessa turista israeliana aveva minacciato le donne.

«La questione» – sottolinea Monda – «si sarebbe potuta benissimo risolvere in modo pacifico attraverso un confronto sereno, ma purtroppo non è stato così. Il nostro impegno politico e sociale viene ben espresso in tutte le attività che vengono svolte all’interno della Taverna, dalla presentazione di libri, agli incontri organizzati da Slow Food. Oltre alla qualità e alla filosofia culinaria che portiamo avanti da anni, siamo conosciuti anche per il nostro attivismo, dentro e fuori al piatto». Un attivismo che include e non esclude, aperto a un dialogo creativo e costruttivo, dove il cibo diventa una scambio non solo che nutre il corpo, ma anche la mente. A patto che ci sia apertura da parte dei commensali.

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