‘Typologien’, in Fondazione Prada c’è un catalogo della storia tedesca (e della nostra) | Rolling Stone Italia
die Geschichte der nation

‘Typologien’, in Fondazione Prada c’è un catalogo della storia tedesca (e della nostra)

Fino al 14 luglio, a Milano si ripercorre la storia di un paese e della collettività europea. Partendo dalla nozione di "tipologia" della botanica

Typologien Milano

Foto: Heinrich-Riebesehl / press

Un orecchio, una felce, un autobus, una donna. La mucca, il museo, l’impianto stereo. Alla Fondazione Prada, fino al 14 luglio, una mostra racconta un secolo di fotografia tedesca restituendo la visione di un Paese fatto di dettagli, frammenti, immagini apparentemente ordinarie ma in realtà tutt’altro che banali.

Typologien: Photography in 20th-Century Germany, curata da Susanne Pfeffer, direttrice del Museum MMK für Moderne Kunst di Francoforte, riunisce oltre 600 opere fotografiche di 25 artisti, da Karl Blossfeldt a Wolfgang Tillmans passando per August Sander, Candida Höfer e Gerhard Richter.

Niente ordine cronologico, niente gerarchie. Solo l’equivalenza, dichiarata e radicale, tra tutte le immagini, come se ogni soggetto rappresentato – umano, animale o architettonico – potesse raccontare una fetta della storia tedesca. Come scriveva Alexander Kluge, regista e teorico del cinema: «La Germania è una costruzione narrativa che cambia forma a seconda dello sguardo che la osserva. È un paese composto da resti». E l’esibizione in questione sembra confermarlo, esplorando proprio quei “resti” visivi che, “tipologicamente ordinati”, formano un atlante non lineare ma stratificato.

Typologien Milano

Foto: Heinrich Riebesehl

Il punto di partenza è la botanica. Il principio delle tipologie, nato nel XVII secolo per classificare le piante, diventa in fotografia un metodo per osservare il mondo senza filtri espressivi. Karl Blossfeldt, tra gli anni Venti e Trenta, ritrae con scientifica dedizione foglie, fiori, steli. Le sue immagini, rigorose e scultoree, evocano forme architettoniche, creature fantastiche, geometrie naturali. Sono fotografie che parlano di struttura, di ordine, ma anche di una bellezza primordiale, ancestrale.

In parallelo, August Sander fissa su pellicola i volti e i mestieri della Germania tra le due guerre: contadini, avvocati, artisti, prostitute, soldati. «Voglio mostrare ciò che vive e ciò che plasma l’epoca», diceva. È proprio lui, in fondo, a gettare le basi per un’intera tradizione fotografica tedesca: osservare, catalogare, rivelare. Non a caso, il suo progetto Menschen des 20. Jahrhunderts diventerà una pietra miliare del documentario europeo.

Negli anni Sessanta, Bernd e Hilla Becher fanno della tipologia un linguaggio puro: fotografano silos, torri d’acqua, impianti industriali con una precisione maniacale. Le loro griglie ordinate, sempre in bianco e nero, rivelano una poetica della ripetizione. Nelle loro immagini, la rovina diventa monumento. La loro eredità è visibile nella cosiddetta scuola di Düsseldorf, da Andreas Gursky a Thomas Struth, da Thomas Ruff a Candida Höfer: ciascuno interpreta la tipologia con sguardo personale, mescolando rigore e lirismo, monumentalità e freddezza.

Typologien Milano

Foto: August Sander / press

Ma Typologien non è solo esercizio formale. È una riflessione sulla memoria, sul passato tedesco, su ciò che resta nascosto nella rappresentazione. Gerhard Richter lo fa con potenza e ambiguità: accosta immagini familiari a volti di terroristi della RAF, fotografie erotiche a scatti dei campi di concentramento. I suoi Atlas (presenti in mostra) sono collage, flussi visivi, superfici della mente. «La fotografia è la forma più perfetta dell’oblio», ha dichiarato. Eppure, proprio per questo, è anche lo strumento più efficace per ricordare.

Lo spazio espositivo – diviso da pareti sospese, griglie, tavoli e blocchi – invita il pubblico a perdersi tra estetica e politica, tra intimità e ideologia. Hans-Peter Feldmann espone oggetti e persone con la logica dell’inventario domestico, mercatino delle identità. Marianne Wex documenta gesti corporei di uomini e donne in modo seriale, rivelando le dinamiche nascoste del potere. Helga Paris invece “cattura” i passanti di Berlino Est, mostrando come anche il modo di camminare possa diventare un gesto sociale.

Typologien Milano

Foto: Bernd e Hilla Becher / press

Insomma, dalle parti di Fondazione Prada la fotografia si trasforma nel linguaggio del tempo. Non solo per ciò che mostra, ma per come lo mostra: frontalmente, in serie, con insistenza, senza fronzoli. Ogni immagine si inserisce in un sistema, in una sequenza, in una grammatica visiva che dice molto della cultura tedesca.

Wim Wenders dice che «la Germania ha due modi di raccontarsi: il silenzio e la precisione». Typologien ne è il perfetto esempio. In controluce, si percepiscono stralci di storia collettiva: le rovine della guerra, la ricostruzione, la separazione tra Est e Ovest, il peso della memoria, la tensione tra razionalità e sentimento.

Che cosa ne emerge? Uno sguardo sempre inquieto, mai compiaciuto, che misura il mondo con il rigore dello scienziato e la nostalgia del poeta. In un presente dove tutto urla e nulla sembra durare, l’idea della tipologia suona quasi come un invito alla pausa, al silenzio, alla contemplazione. «Ogni fotografia è un enigma», ha affermato ancora, tempo fam Wenders. «Ma è guardandole tutte insieme che si rivela il paesaggio interiore di un paese». In Largo Isarco questa veduta parla, con voce sommessa ma insistente, a tutti noi.

Altre notizie su:  Fondazione Prada Milano Typologien