Neil Young, la recensione di 'Archives Vol. III' | Rolling Stone Italia
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‘Archives Vol. III’ vi farà rivalutare il Neil Young anni ’80

Le canzoni che hanno sconcertato i fan, quelle che hanno fatto infuriare i discografici, concerti dal vivo, inediti, capolavori, stranezze. Siete pronti ad ascoltare senza preconcetti 28 ore di musica?

‘Archives Vol. III’ vi farà rivalutare il Neil Young anni ’80

Neil Young dal vivo nel 1983

Foto: Gary Gershoff/Getty Images

Il terzo volume degli Archives di Neil Young copre il periodo che va dal 1976 al 1987. In quell’arco di tempo la maggior parte degli artisti ha pubblicato tre o quattro dischi, compreso magari un greatest hits. Non Neil Young. Dopotutto parliamo dell’uomo che in una sola sera (e con la febbre alta, per giunta) ha scritto Cinnamon Girl, Cowgirl in the Sand e Down by the River. Tra il ’76 e l’87 Young ha sfornato dieci dischi solista e molto altro materiale che non è mai stato pubblicato. Fino a oggi.

Quella dozzina d’anni è stata caratterizzata da trionfi (vedi Comes a Time o Rust Never Sleeps) e dischi che hanno sconcertato i fan e fatto infuriare i discografici, in particolare l’incursione nel rockabilly Everybody’s Rockin’ del 1983 e il celebre e bizzarro Trans, l’album pieno di vocoder che lo stesso Young ha descritto come «dei robot che cercano di insegnare a un bambino a comunicare in un ospedale». Insomma, roba anni ’80.

Tenetelo a mente mentre esplorate i 22 dischi di Archives Vol. III, per un totale di 28 ore di ascolto e 198 tracce. Sono un treno che si muove velocemente e in direzioni imprevedibili. Un minuto prima siete nella casa di Malibu di Linda Ronstadt e la sentite ridere per la frase sui Beach Boys contenuta in Long May You Run e d’improvviso vi ritrovate catapultati nella volta in cui Young s’è vestito di rosa e ha iniziato a fare rockabilly anni ’50. No, non è un viaggio per gente spensierata (per loro c’è Harvest).

Nel cofanetto ci sono 15 pezzi mai pubblicati prima. I fan possono finalmente ascoltare Lady Wingshot, un tributo ad Annie Oakley risalente all’epoca di Comes a Time, e assaporare stranezze come Island in the Sun del 1982, una tranquilla canzoncina tropicale da non confondere col pezzo omonimo dei Weezer.

Come sempre, c’è musica eccellente coi Crazy Horse tra cui un concerto in un club del 1984 sul 14° disco in cui vengono proposte versioni in progress di pezzi di Landing on Water come Violent Side e I Got a Problem, anni prima che venissero completati. L’apice del set è Touch the Night, probabilmente la sua canzone migliore del decennio, che qui dura 11 minuti. È la prova provata, anche per chi odia il Neil Young anni ’80, che aveva ancora la stoffa. Mentre molti altri artisti anni ’70 faticavano a dare un senso alla nuova era fatta di sintetizzatori e drum machine, Young ha fatto una fuga in avanti, senza mai rinunciatre alla potenza del rock.

E sì, questo vale anche per Trans, l’album che dopo 40 anni ancora confonde gli ascoltatori. Sottoponendosi a un rigoroso programma di terapia per cercare di comunicare col figlio Ben affetto da paralisi cerebrale, Young si ispirò ai Kraftwerk per creare un album elettronico. Guardate gli incredibili Blu-Ray inclusi nel cofanetto, che contengono filmati di concerti in gran parte non disponibili fino ad ora. Guardate In a Rusted Out Garage, coi Crazy Horse al Cow Palace di Daly City, California, nel novembre 1986. Young indossa una camicia di flanella con le maniche tagliate, e quando si mette al vocoder per suonare il materiale dei Trans, canzoni come Sample and Hold e Computer Age risplendono. Si viene per il cameo di Sam Kinison, si rimane per il ballo strampalato di Young.

La compianta Nicolette Larson, che ha cantato in Comes a Time e ha centrato una hit con la Lotta Love scritta da Young, è presente nel settimo disco, Union Hall, uno show intimo a Nashville con l’orchestra di Give to the Wind. Per Young è il momento più alto della collaborazione con Larson e si capisce facilmente il perché. Ci sono le sue (sottovalutate) armonizzazioni – la sua voce si fonde perfettamente con quella di Young in gemme come la cover di Hank Locklin Please Help Me, I’m Falling – e i suoi potenti vocalizzi, come in Motorcycle Mama. «Era senza paura», ha detto Young a Rolling Stone a proposito di Larson. «Mi diceva: “Sono la migliore. Posso seguirti ovunque tu voglia andare. Nessuno può seguirti meglio di me”. E infatti ci è riuscita».

La confezione di Archives III è completata da uno splendido libro di 176 pagine di foto rare. E Young è lì con voi coi suoi raps per fornire un contesto ai vari dischi per darvi un’idea del punto in cui si trovava all’interno del suo processo creativo.

Coprendo un arco di tempo tanto ampio, Archives III può sembrare fin troppo vasto e tentacolare. Secondo molti fan avrebbe potuto iniziare dal 1980, subito dopo Rust Never Sleeps del 1979 (il secondo volume, incentrato sul periodo 1972-76, avrebbe potuto tranquillamente coprire più anni). Ma Young non si è mai preoccupato troppo di soddisfare i desideri altrui e questo box set non fa che accrescere il suo lascito sonoro. Per lui è “just another line in the field of time”.

Da Rolling Stone US.

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