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2020
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Il 2019 è stato un anno di rivoluzione per la musica italiana. Il Festival di Sanremo, tradizionalmente dominato dal belcanto, è stato vinto da un ragazzo che fino a quel momento si stava facendo strada a fatica in un underground considerato ancora periferico. I giganti di un tempo non erano più così giganti, e a sfidarli – anche a livello discografico – sono stati nuovi Golem dalle forme assurde: un avatar viola con le corna e una Persona come Marracash, che fino a qualche mese fa se ne stava in silenzio e adesso è tornato a reclamare il suo giusto (primo) posto. Poi c’è quella musica che chiamavamo indie. Anche lei ha preso così tanto spazio che ci siamo dovuti arrovellare per trovarle un nuovo nome, itpop? Nuovo pop? Fatto sta che i nomi in lista SIAE, per troppo tempo monopolizzata da teste canute, sono nuovi, sono tanti e sono in costante rinnovamento. In questo cambio di rotta non possiamo ignorare il ruolo dei servizi di streaming, in grado di elevare trend alla massima potenza in una frazione di secondo.

Siamo negli anni '20 del secolo-lampo e non sappiamo nemmeno bene come ci siamo arrivati. Siamo tutti ventenni, tutti appena lanciati fuori dalla dimensione domestica in una nuova epoca di stravolgimenti. E gli stravolgimenti vanno accolti con l’entusiasmo che meritano, quindi guardando in avanti con le scintille negli occhi ci siamo chiesti chi vorremmo dominasse il 2020 della musica italiana. Alcuni dei nomi in lista sono scommesse abbastanza certe, altri sono fuochi d’artificio appena accesi che speriamo tantissimo abbiano modo di scoppiare, l’unico denominatore comune è la freschezza assoluta che caratterizza il loro percorso artistico. Stilare questa lista non è stato difficile, più complesso è stato lasciare fuori un sacco di giovani musicisti interessantissimi che per un pelo non sono elencati qui sotto. Non si tratta di pensare soltanto in termini di successo commerciale: sappiamo che alcuni dei nomi che indichiamo non raggiungeranno mai il mainstream, ma non importa. Il 2020 – che significa anche il decennio degli anni Venti – sarà il loro tempo perché quello che questi ragazzi hanno da dire vale la pena di essere ascoltato. E questo non può che essere un fatto rassicurante, ancor di più se pensate che con la stessa scioltezza con cui vi presentiamo una classe di 20 promesse avremmo potuto compilarne una di 40 o addirittura 50. Insomma, il futuro è decisamente roseo e non vediamo l’ora di farci un tuffo a bomba dentro.

Abby 6IX
Abby 6IX
Abby 6IX
Abby 6IX
Abby 6IX
Abby 6IX

«Quando senti la roba che faccio non hai possibilità di interpretazione, o la prendi come arriva o ti sposti, non ci sono alternative»

Sei come il numero che indica il municipio di Barona, sei come il numero che Abby 6IX ha deciso di incollarsi addosso, perché quel quartiere è in tutte le sue rime, quel quartiere che tanto ha dato e continua a dare al rap italiano. La sua è una trap di strada, in cui la credibilità domina sovrana, dove i palazzoni diventano lo sfondo su cui raccontare storie di riscatto e la musica sembra l’unica via. Abby 6IX raccoglie le sonorità e gli stili che hanno definito le ultime stagioni, tornando a mescolare le carte in tavola con una padronanza tecnica che, singolo dopo singolo, diventa sempre più convincente e solida. Se lo tsunami della trap si è ‘ripulito’ troppo presto, forse perdendo la fame degli esordi tra i buffet delle sfilate di moda, Abby 6IX è il nome da cui ripartire per ritrovare il fascino dell’inizio.

Boy
Re-
bec-
ca
Boyrebecca
Boyrebecca
Boyrebecca
Boyrebecca
Boyrebecca
Boyrebecca

«Sono una lolita crazy, un reggaeton romantico che ipnotizza, voglio entrare per sempre nei vostri sogni e farveli realizzare»

Boyrebecca è un personaggio della Nintendo, una creatura tra il virtuale e il reale, tra il maschile e il femminile, tra l’angelico e il pornografico, che si sta facendo strada dalle finestre pop-up del deep web fino, ci auguriamo, ai primi risultati dei motori di ricerca. In lei sentiamo certamente un’emanazione della divina MYSS, ma anche un po’ del gaso che ci davano i primi pezzi di Kreayshawn, e soprattutto riconosciamo una strada molto personale che secondo noi sarà divertentissimo seguire da vicino.

Eugenia Post Meridiem
Eugenia
Post
Meridiem

«Le nostre canzoni non si accontentano mai di avere una forma fissa, sono come un viaggio in continua evoluzione»

L’indie rock, quello vero, quello che preferisce attingere da Big Thief o Hiatus Kaiyote piuttosto che riciclare i gargoyle del cantautorato italiano, da Battisti a Venditti – trucchetto itpop neanche tanto celato per suonare ‘nuovi’ senza esserlo davvero. Nato tra Lisbona e la riviera ligure, il progetto Eugenia Post Meridiem unisce la psichedelia e il folk ai ricordi dell’alternative anni ’90, accenni di trip hop con una voce di cristallo inossidabile. Se poi siete ancora fermi ai testi per-forza-in-italiano, o avete l’orecchio troppo pigro per capire le poesie composte dalla frontwoman della band, beh, problemi vostri.

FSK
FSK
FSK
FSK
FSK
FSK
FSK
FSK
FSK

«Vogliamo vedere mamma stendere i panni in Duomo»

Il lato oscuro della trap fattosi uno e trino, ovvero Chiello, Sapo Bully e Taxi B uniti come FSK. In confronto a questi tre, chi li ha preceduti sulla scena è paragonabile a un chierichetto di provincia, tanto è radicale l’immaginario prodotto da questi ragazzi – trap pura al 100% senza cercare radio o playlist, il politically correct qui non sarà mai di casa. Gli FSK sono un pugno nello stomaco tirato da un pugile scoordinato, indigeribile perché crudo come nient’altro in circolazione, perché la loro Prova del cuoco parla di tutt’altro, – e il j’accuse di qualche mese fa dell’Hellvis del rap italiano (non proprio uno da acqua benedetta a colazione) dovrebbe suggerirvi qualcosa.

Psico-
logi
Psicologi
Psicologi
Psicologi
Psicologi
Psicologi
Psicologi
Psicologi

«Quando facciamo musica cerchiamo di trovare l’equilibrio giusto tra il suono della nostra personalità e le cose che vogliamo dire, quindi l’influenza più grande è la nostra vita»

Un rapporto nato a distanza, sulla linea che collega Roma e Napoli – tra San Lorenzo e il centro storico. Qualche base inviata via mail, i weekend in trasferta passati a registrare, i primi brani caricati su Soundcloud, seguendo l’eco partito da Atlanta. Il nome inizia a circolare, così come i video su YouTube, che in poche settimane raggiungono centinaia di migliaia di visualizzazioni – il gioco è fatto, e due diciottenni si trasformano da oggetti misteriosi a catalizzatori di hype come non si vedeva da tantissimo tempo. Nei loro brani gli Psicologi cambiano abito con una facilità disarmante, passando dall’indie al rap, dall’emo alla trap; disarmante come il cinismo con cui raccontano la propria generazione, quella dei post millennial, ritratta nell’abbandono e nella distanza da chi li ha preceduti – e per l’amore, nei loro testi, c’è pochissimo spazio. Dopo appena dodici mesi sulle scene Drast e Kaneki hanno pubblicato due EP – 2001 e 1002 – e un album con cui riassumere il lavoro fatto, perché se dopo neanche un anno passi da semi sconosciuto ad aprire il Rock In Roma il prossimo 13 giugno, beh, vuol dire che l’esame di maturità è stato superato a pieni voti.

Il Tre
Il Tre
Il Tre
Il Tre
Il Tre
Il Tre
Il Tre
Il Tre
Il Tre

«Voglio far capire a tutti che Il Tre non è solo extrabeat e tecnica, che non è solo un fenomeno momentaneo, ma un ragazzo che sta provando a costruire qualcosa di importante»

Che questo ragazzo classe ’97 avesse i numeri era già chiaro fin dall’inizio quando, appena ventenne, il suo nome cominciava a circolare nella scena romana, tra le prime battle e un EP d’esordio andato sold out in meno di una settimana. I brani iniziano a circolare in rete e Il Tre diventa uno dei profili su cui puntare per il prossimo futuro della scena rap italiana. Partono i tour e arriva, puntuale, la firma con una major pronta a lanciare Guido (questo il suo vero nome) nell’universo mainstream. La patina della grande etichetta, tuttavia, non scalfisce di un millimetro il suo stile, come ribadito nel singolo Cracovia, Pt. 3, esempio lampante del mitragliatore di extrabeat che Il Tre riesce a cavalcare come pochi, armato di rime sparate a velocità supersonica per prendersi il proprio posto a gomiti alti nell’anno appena cominciato.

La
Niña
La Niña
La Niña
La Niña
La Niña
La Niña
La Niña

Dopo anni di canzoni in inglese La Niña si spoglia di tutto, ripartendo dalla sua lingua madre, il napoletano, tra ritmiche urban e apparizioni mistiche

Abbiamo già espresso un paio di volte la nostra approvazione in merito a ogni nuovo singolo di questa ragazza, che speriamo diventi la Rosalía della nostra penisola, che non è meno ricca di ritmi sensuali e melodie arabeggianti rispetto a quella Iberica, ma probabilmente soffre di più il macigno dell’ancien régime. Quindi via, voliamo verso un futuro in cui i riti pagani sonori si fondono con beat contemporanei e videoclip in cui le moto di grossa cilindrata driftano in paesaggi desertici. Ne vogliamo di più, ne vogliamo ancora! Niña, se ti candiderai alla Presidenza del Consiglio della Musica avrai sicuramente il nostro voto.

Leon
Faun
Leon Faun
Leon
Faun
Leon
Faun
Leon
Faun

L’universo fantasy incontra il rap, e le barre diventano voce narrante di un mondo che sembrava impossibile da chiudere in rima

Chi l’avrebbe mai detto che il mondo di Narnia o di Harry Potter sarebbe entrato tra le rime di un pezzo rap? Eppure c’è chi lo ha fatto, Leon Faun, rapper romano classe 2001, che oltre ad attingere dal genere fantasy ci ha costruito sopra la propria storia, immaginata attraverso videoclip concepiti come fossero una serie tv, tra Cioccorane e la Foresta di Mairon citata in Horia. Dagli esordi sotto lo pseudonimo di Lyo o i primi lavori prodotti da tha Supreme, oggi Leon Faun si muove dentro un universo prima impensabile, scandendo i passi con una tecnica impressionante per un ragazzo poco più che maggiorenne. Se fino a oggi questa strana figura si muoveva ancora nel sottobosco di Instagram o YouTube, con il suo ultimo singolo Oh Cacchio Leon si è affacciato sulla scena a suon di visualizzazioni, con il 2020 che potrebbe essere l’anno sotto il segno del fauno.

Madame
Madame
Madame
Madame
Madame
Madame
Madame

«Mi aspetto di scrivere una pagina di storia, voglio battere un sentiero su cui altre ragazze coraggiose potranno muoversi prendendo spunto da me»

La prima della classe non può essere che lei. La Madame. A suo agio nelle stories di Cristiano Ronaldo come in un disco di rapper certificati con il doppio dei suoi anni. Madame è fluida, elastica, gommosa al punto giusto da rimbalzare da un lato all’altro del tuo cervello con un flow non sempre comprensibile e forse proprio per questo quasi ipnotico. I numeri le danno ragione, il suo posizionamento pure, l’unico elemento che manca alla pozione magica è un disco tutto intero, tutto suo, in cui si mangia tutto il resto.

Maggio
Maggio
Maggio
Maggio
Maggio
Maggio

La scrittura è il suo habitat naturale, il rap soltanto un'esigenza metrica per raccontarsi meglio

I sogni e le delusioni, il fallimento e il riscatto, l’infanzia a Roma, il trasferimento a Milano, mentre il passato racconta del viaggio di mamma e papà dalla Cina. Maggio è uno scrittore prestato alla musica, dove i testi personali diventano un colore indossabile da una generazione intera, ritratta nell’abbandono dei vent’anni. Ritmiche trap si armonizzano con le strutture del pop e il risultato è un cantautorato in metrica mai forzato, con le parole che sembrano cucite addosso al beat, senza mai perdersi per cercare chiusure improbabili. Maggio è la voce che serviva al rap per ritrovare lo storytelling, la voce che potrebbe prendersi uno spazio che la scena italiana ha bisogno di tornare a riempire con volti nuovi.

Mara Sattei
Mara Sattei
Mara Sattei
Mara Sattei
Mara Sattei
Mara Sattei
Mara Sattei

Nelle sue canzoni Mara Sattei racconta il proprio passato, come una lettera in cui mittente e destinatario coincidono, come un viaggio introspettivo scandito dalle produzioni del fratello tha Supreme

Andate a leggere la lettera che Mara Sattei ha scritto su Instagram a suo fratello tha Supreme per descrivere m12ano, il pezzo in cui le loro voci si intrecciano come due fili di un tessuto morbidissimo, e ascoltate i vostri cuori che pian piano si sciolgono. Sono uscite solo un paio di tracce soliste di questo nuovo percorso di Mara – che a differenza del fratello mostra il volto, ma come lui rimane una figura misteriosa con un’immagine algida, statuaria, distante – e già questo basta per qualificarla come una delle visioni sonore più interessanti del momento. Il prossimo anno vogliamo consumare almeno altri venti singoli come quelli usciti nel 2019. Anche la metà ci basterebbe.

Marïna
Marïna
Marïna
Marïna
Marïna
Marïna

Marïna rispecchia la nuova ondata che avanza, dove influenze opposte si armonizzano dentro un’evoluzione diretta verso il pop del futuro, il suo

La voce sottile di Marïna ci suona nelle orecchie più o meno da Caramelle della DPG in poi. Il suo è stato un percorso definito e sicuro, ma mai sopra le righe, come se il suo stile un po’ disincantato influisse sul suo approccio all’industria discografica. Fatto sta che noi non riusciamo a toglierci dalla testa le tracce che ci ha regalato finora, tra i suoi singoli e l’esordio Compiti a casa. Il 2020 sarà l’anno in cui, finiti i compiti, Marïna potrà uscire di casa e confermare al mondo quanto spacca.

M.E.R
L.O.T.
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«La continua ricerca dell’innovazione o della sperimentazione per me è solo una limitazione»

Finora il suo nome è stato ancora lontano dai radar ma, attenzione, qui gli ingredienti per il salto ci sono tutti. La stanzetta a Bologna, da bravo fuori sede addobbata con un microfono e lo stretto necessario per l’home studio con cui registrare le strofe ritagliate tra una lezione e l’altra o le melodie immaginate mentre si ritorna da Piazza Verdi. Nonostante il percorso di Merlot sia iniziato soltanto due anni fa, la crescita di questo ragazzo nato nel 1998 è stata impressionante, capace di giocare tra i generi musicali armonizzando perfettamente le metriche rap con l’immaginario indie, ballad da groupie sognanti e una penna davvero fuori dal comune. Insomma, se doveste scommettere su quale sarà la canzone più condivisa tra i banchi delle aule studio italiane nel 2020, date un ascolto alla sua Bar Mitzvah.

Nahaze
Nahaze
Nahaze
Nahaze
Nahaze
Nahaze

Nahaze è un progetto che non si pone limiti, l’esordio con Achille Lauro e la scelta di cantare in inglese ne sono la prova

Un’entrata a gamba tesa per questa giovanissima cantautrice di origine inglese, ma nata e cresciuta a Matera: l'immagine alla Billie Eilish e il debutto firmato insieme ad Achille Lauro le sono già valsi i riflettori. Cartellino giallo per te Nathalie, ora hai l’attenzione di tutti. Certo, l’esordio in Rolls Royce può trasformarsi in una lama a doppio taglio, ma che questo progetto bilingue sia il cavallo di battaglia di una major per la nuova stagione potrebbe essere il segnale che l’industria musicale italiana ha finalmente superato la unit 3 del libro di grammatica inglese.

«Vogliamo continuare a differenziarci attraverso il nostro stile estetico e compositivo, continuando a farci influenzare dai nuovi suoni che incontriamo in giro per il mondo»

Volete capire i Nava? Guardate uno qualsiasi dei loro video e vi troverete davanti a uno dei progetti più coraggiosi e contemporanei mai prodotti in Italia. Il gruppo nasce dall'incontro tra una band di musicisti già conosciuti nel giro milanese e una misteriosa cantante iraniana, Nava Golchini, voce e immagine del progetto. A questo punto prendete le atmosfere persiane, gettatele dentro un vortice di elettronica sperimentale e stratificata e il risultato è una gemma preziosa, un avant-pop finalmente capace di indossare i guantoni dentro i ring internazionali.

Paky
Paky
Paky
Paky
Paky
Paky
Paky
Paky
Paky

La strada, le cicatrici, il sapore dell’asfalto che rimane in bocca e non va più via. La rime di Paky sono lame di street cred con cui lasciare il segno nel rap italiano

I numeri parlano chiaro, è lui il nuovo fenomeno del rap in Italia, perché milioni di visualizzazioni su YouTube sono un ottimo biglietto da visita con cui presentarsi al grande pubblico. Una linea ideale che collega Milano a Napoli, fino a Secondigliano, dove il rapper è cresciuto prima di trasferirsi a Rozzano, quartiere ritratto nella hit Rozzi, dove “si apre il fuoco” prima di urlare la propria storia. Barre taglienti e pericolose come rasoi arrugginiti, una capacità impressionante di tenere il flow mentre la strada è raccontata senza filtri, tanto che sembra di sbattere la faccia sull’asfalto in un’overdose di street cred, finalmente tornata categoria fondamentale con cui valutare un rapper, al di là di pellicce o collanoni.

Post Nebbia
Post
Nebbia
Post
Nebbia

I Post Nebbia sono un caleidoscopio dove i generi si confondono, ritagli sonori filtrati dalla psichedelia della generazione Z

Nel caso non abbiate ancora sentito questo nome, non sentitevi fuori da qualche giro particolare: i Post Nebbia sono una band padovana “nata dall’immaginario psichedelico di Carlo Corbellini, classe ’99" che ci ha conquistato al primo ascolto, anche perché tutto sembra tranne che una band di appena ventenni. A volte nel mondo capitano progetti musicali con un’attitudine super nuova ma influenze totalmente familiari, pensiamo ai DIIV con il loro motorik dei 2000 o ai Tame Impala, in cui risuona la voce di Sir Paul McCartney e soci. Se volete entrare nel loro primo fan club, ascoltate su Spotify il loro primo lavoro autoprodotto e aspettate insieme a noi che esca altra roba al più presto.

Tauro
Boys
Tauro Boys
Tauro
Boys
Tauro
Boys
Tauro
Boys

«Inizia un nuovo decennio in cui vogliamo lasciare il segno, arrivare al 2030 e dire: siamo stati dei visionari»

Ci sarebbero tante cose da dire sui nostri amati Tauro Boys, ma forse la più importante è che, oltre a essere fighissimi, sono veramente simpatici. I Tauro sono un progetto stratificato e in continua evoluzione, con un immaginario pieno di riferimenti pop, per cui non è difficile affezionarsi a loro, e il percorso musicale che negli ultimi anni li ha visti pubblicare due mixtape e un album - seguiti da tour con date sold out – merita la consacrazione nel 2020. I giovani tauri sono pronti.

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testacoda
Testacoda
Testacoda
Testacoda
Testacoda
Testacoda

«Faccio musica perché è terapeutico, non per le milioni di visualizzazioni ma per fare canzoni di cui possa ritenermi soddisfatto. Fino ad adesso ci sono riuscito»

Già da un primo ascolto alle istantanee messe in musica da questo cantautore è subito chiara una cosa: Testacoda sa scrivere singoli, e sa farlo bene. Basta infatti anche solo un giro sul suo profilo Spotify per farsene un’idea: brani che non superano quasi mai i tre minuti dentro cui sono stipate immagini e melodie cui rimanere appiccicati come moscerini sulla carta moschicida. Il Cristo difettoso nell’ironia di Guasto, la solitudine inguaribile di Sto cadendo, la faccia da schiaffi di Affetto paterno o lo spleen post-adolescenziale di Abitudine; Testacoda ha trovato la miscela giusta per prendersi il proprio spazio nella scena indipendente più catchy, è solo questione di tempo, e con dodici mesi davanti la strada sembra già spianata.

Venerus
Venerus
Venerus
Venerus
Venerus

«Intendo scoprire i segreti del mondo, sia con la mente che con il corpo. Addentrarmi dove ancora non sono stato e farmi inquinare da tutto ciò che mi è ancora estraneo»

Non è la prima volta che il suo nome passa da queste parti, e speriamo neanche dalle vostre. Quello di Venerus, per la musica italiana è un caso fortunato: milanese classe ’92, trasferitosi a Londra a 18 anni e tornato con un bagaglio sonoro da far impazzire qualunque metal detector in aeroporto. Nu jazz, soul, elettronica, il futuro del pop trascinato nel presente attraverso le dita con cui Venerus tocca il pianoforte. La sua musica è una vertigine tra generi, perfettamente coerente dentro un’immagine che, tra i colori dell’eyeliner (o, nel suo caso, del dreamliner) e un timbro vocale inconfondibile, rende Venerus il songwriter di cui avevamo bisogno in Italia.