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Rafael Leão: «Quando smetterò di fare il calciatore, potrei fare il rapper»

Intervista all'attaccante 22enne del Milan, che ieri ha segnato il gol più veloce nella storia della Serie A: noi calciatori e i rapper, dice, «abbiamo in comune il lifestyle, ma soprattutto il senso del ritmo»

Foto per gentile concessione di Ac Milan

Negli Usa non esiste uno stacco netto tra il mondo dello sport professionistico e quello dell’entertainment: si intersecano spesso e volentieri, dando vita a combinazioni sempre diverse e sorprendenti. È prassi consolidata che gli studios di Hollywood collaborino con l’NBA alla produzione di kolossal di animazione come Space Jam, e magari capita anche che l’NBA si trasferisca in blocco all’interno di un parco a tema della Disney per portare avanti il campionato nel bel mezzo della pandemia, come è successo nel 2020. La NFL, con il tradizionale half-time show durante il Super Bowl, organizza delle produzioni che non hanno nulla da invidiare ai mega-concerti delle popstar più blasonate, e anche nelle gare meno cruciali, negli intervalli è normale intrattenere gli spettatori con spettacoli, piccoli live, coreografie. Tutti gli stadi dei principali sport, dal baseball all’hockey passando per il football, hanno ampi spazi dedicati al tempo libero e all’intrattenimento, che li rende un’attrazione anche per chi non è particolarmente interessato alla partita. E soprattutto, invoglia i tifosi a recarsi sul posto ore prima del fischio d’inizio e a trattenersi ore dopo.

Un modello difficile da esportare in Italia, patria di un unico sport capace di smuovere davvero le masse: il calcio. Tradizionalmente, da noi è quasi impossibile distogliere l’attenzione dei tifosi da ciò che accade durante il match – un piccolo esperimento molto facile da fare a casa: provate a cambiare canale tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo, anche durante la pubblicità, e ascoltate il coro di proteste che si leva dal vostro divano – ma c’è chi sta provando a sperimentare per allargare gli orizzonti dell’industria.

È ad esempio il caso del Milan, che ha da poco siglato una partnership con Roc Nation, agenzia americana fondata da Jay-Z e leader nel mondo dell’entertainment. Una partnership che, prima ancora che agli utenti finali, sembra essere molto gradita ai giocatori – come ci racconta Rafael Leão, in collegamento via Zoom da Milanello dopo gli allenamenti. Nonostante la giovanissima età, appena 22 anni, è già diventato uno degli attaccanti più promettenti della squadra, e il 20 dicembre è passato alla storia per avere segnato il gol più veloce della storia del calcio italiano, durante Sassuolo-Milan, ad appena 6 secondi dall’inizio della partita.

Nato e cresciuto in Portogallo, ma di origini angolane, è approdato in Lombardia più o meno un anno fa, dopo avere fatto tappa a Lille, in Francia. Musicalmente, però, il suo cuore batte oltreoceano da sempre: «Amo molto l’hip hop e l’R&B» spiega. «Soprattutto roba americana: Migos, Travis Scott, 6ix9ine, Da Baby, Roddy Rich…». Alcuni dei suoi rapper preferiti, come Meek Mill, fanno parte di Roc Nation, spiega con gli occhi che gli brillano. Per lui, tra l’altro, il rap non è solo la musica che ascolta: ha già partecipato a diversi pezzi e video di gruppi portoghesi e spera concretamente di poter sostituire gli scarpini con il microfono, un giorno lontano.

«Mi piace molto rappare e penso che quando finirò la mia carriera di calciatore potrei fare quello, nella vita» racconta. «Per ora è un passatempo e basta: faccio trap, ma parlo soprattutto della mia vita, dei sacrifici per arrivare fin qui. Ammiro tantissimo Jay-Z per tutto quello che è riuscito a ottenere nella sua carriera. E ora che siamo connessi anche grazie al Milan, magari in futuro potrò andare direttamente a bussare alla sua porta e fargli fare un po’ di money in più con le mie canzoni!» ride.

Roc Nation è una realtà a 360 gradi che non ha corrispettivi in Italia, perché è contemporaneamente un’etichetta discografica (Rihanna, Snoh Aalegra, Jay Electronica, Buju Banton, Jaden Smith, lo stesso Jay-Z), un management (Christina Aguilera, Alicia Keys, Megan Thee Stallion, dj Khaled, Lil Uzi Vert, Mariah Carey) e una società di edizioni musicali; parallelamente, organizza festival e concerti, gestisce la procura di centinaia di atleti professionisti dal basket al cricket, si sta lanciando nell’ambito della moda con il brand Paper Planes e, ultimo ma non ultimo, ha un accordo esclusivo con la NFL per sviluppare i progetti musicali e artistici correlati al campionato di football americano. Un vero e proprio colosso, insomma, che insieme alla squadra rossonera ha già dato vita ad alcuni eventi virtuali, come From Milan With Love: Next Gen, condotto da dj Khaled, che ha visto alternarsi in video numerosi giocatori della prima squadra, oltre ad artisti emergenti provenienti da tutto il mondo, tra cui gli italianissimi Anna e Axos.

L’idea di promuovere le eccellenze che stanno muovendo i loro primi passi nel mondo della musica, spiegano gli organizzatori, è un omaggio al DNA del Milan, che al momento ha la rosa di giocatori più giovane in Europa, con ben 7 atleti classe 1999, tra cui Leão. «Il fatto di avere un’età media così bassa crea un bel clima» dice il diretto interessato. «Fin da quando arrivo a Milanello la mattina e facciamo colazione tutti insieme, non smettiamo mai di ridere e scherzare». Sorprendentemente, la musica è una parte molto importante della vita sociale di una squadra di serie A, anche se purtroppo, anche in periodi più normali di questo, è soprattutto quella che esce dalle cuffie o dalle casse dello stereo. «Non riusciamo ad andare a molti concerti, tra allenamenti e partite, ed è un peccato» ammette. «Avrei voluto andare a Londra a vedere Drake, ma non ce l’ho fatta. Nel tempo libero il massimo che riesco a fare è qualche siesta, chiamare la mia famiglia, guardare una serie su Netflix o giocare alla Playstation» (un gentile omaggio di Ibrahimovic, che ne ha appena regalata una a tutti i i suoi compagni di squadra). Negli spogliatoi e nei momenti di pausa, però, un sottofondo a tema non manca mai. «Quando siamo negli spogliatoi decidiamo un po’ a turno cosa ascoltare. Ad esempio c’è Theo [Hernández] che ha origini spagnole e mette sempre su dischi reggaeton. E Daniel [Maldini] mi ha fatto conoscere un po’ di rap italiano: Sfera Ebbasta mi piace molto».

Le affinità tra i rapper e i calciatori, secondo Rafael Leão, sono parecchie. «Abbiamo in comune il lifestyle, ma soprattutto il senso del ritmo» dice. «È per quello che, prima della partita e degli allenamenti, ascoltiamo sempre hip hop: non ho una canzone in particolare, la cambio spesso, ma è una cosa che ci dà un po’ di vita e di carica, è un genere perfetto se devi giocare». Anche la lotta per arrivare al top, e per rimanerci, è una caratteristica condivisa da entrambe le categorie: «Ho avuto delle grandi soddisfazioni dalla vita, ma quando da piccoli cominciamo a giocare dobbiamo rinunciare a tantissimo, e lo facciamo volentieri» sottolinea. «Quando sono arrivato a diventare un professionista, in una squadra grande come il Milan, è stata una soddisfazione enorme sia per me che per la mia famiglia, che viene da un passato difficile».

Un po’ come i rapper emergenti, che investono tutti i loro guadagni in attrezzatura per registrare, preferiscono chiudersi in studio anziché uscire con gli amici e si trovano ad affrontare una concorrenza ferocissima per riuscire a farsi strada, e quando ci riescono rivendicano i loro traguardi con orgoglio. «Ovviamente sono sacrifici di tipo diverso, ma i loro non sono inferiori ai nostri. Ho un sacco di amici che fanno musica, e anche la loro è una vita molto dura, soprattutto quando sono in tour». Insomma, in attesa di avere anche noi il nostro half-time show durante la finale di Coppa Italia, resta la curiosità di capire quali saranno le svolte a cui porterà questa sinergia tra musica e calcio.

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