Il Como 1907 si è presentato fin dall’inizio del suo ritorno in Serie A con ambizioni di mercato e con un’idea tattica che è stata una ventata d’aria fresca per una neopromossa: ragionare come una grande, cercare di imporre il proprio gioco contro chiunque, sia con la fluidità in fase di possesso palla, che in quella senza. Il Como è così presto diventata una delle squadre più difficili da analizzare per le avversarie per le varietà di spartiti utilizzati di volta in volta, dalla ricchezza di alternative nella costruzione dal basso alla facilità con cui si aggiusta il sistema di gioco a seconda degli avversari. Non bastava vedere la partita precedente per sapere come il Como avrebbe attaccato o tarato il proprio pressing perché queste tattiche dipendevano di volta in volta da come si difendevano gli avversari e come volevano impostare il loro gioco. «L’allenatore ci chiede semplicemente di pressare alto, di portare la palla nella metà campo avversaria, se possibile. E poi, quando abbiamo la palla, di posizionarci al meglio per mantenere il possesso ed essere il più pericolosi possibile». Così il centrocampista Maxence Caqueret ha riassunto la strategia dell’allenatore catalano.
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«Ad inizio stagione abbiamo mancato tanti punti perché ci mancava sempre quel pezzettino. Io sapevo che questo era un percorso, sono servite quelle sconfitte all’ultimo minuto». Ha detto in una delle ultime conferenze stampa della stagione l’allenatore Cesc Fàbregas mentre il suo Como stava vivendo un filotto di risultati positivi che l’avevano portato a metà classifica. Ma il giovane allenatore catalano ci teneva a rimarcare che quel momento era parte di un percorso iniziato molto prima. Il Como aveva raccolto solo due vittorie nelle prime 15 giornate. Due vittorie nell’arco di una settimana, contro Atalanta e Hellas Verona, sempre per 3-2, una in trasferta e una in casa alla quinta e sesta giornata. Da fine settembre fino a metà dicembre erano però arrivate 5 sconfitte e 4 pareggi. In una settimana tocca il decimo posto, solo per venire poi risucchiato nella zona retrocessione nell’arco di poche giornate. Chiave in tal senso le tre sconfitte consecutive contro Torino, Lazio e Empoli. Un momento della stagione in cui c’era chi storceva il naso a veder giocare una squadra così ambiziosa ma con risultati non così soddisfacenti. Solo la vittoria contro la Roma di Ranieri con i gol in pieno recupero di Alessandro Gebrielloni e Nico Paz riesce ad interrompere il digiuno e far respirare l’ambiente. La prima metà del campionato si chiuderà poi con una sconfitta a San Siro contro l’Inter e una vittoria in casa contro il Lecce con i gol di Nico Paz e di capitan Patrick Cutrone. Una vittoria fondamentale perché il Como in quel momento è invischiato nella zona retrocessione e riesce così a battere una concorrente diretta, chiudendo il 2024 al quindicesimo posto. Una classifica che dice meno di quanto mostrato sul campo: ma i risultati non mentono, al Como manca effettivamente qualcosa per sbocciare.
L’ingrediente fondamentale che permette al progetto del Como di realizzarsi appieno è il mercato di gennaio. Con metà campionato alle spalle la squadra ha capito su chi poter contare e su cosa invece manca per raggiungere l’obiettivo. Nel mercato di gennaio arrivano tra gli altri: il centrocampista Maxence Caqueret, la punta Anastasios Douvikas, l’attaccante Assane Diao, il portiere Jean Butez, i terzini Mergim Vojvoda e Ivan Smolcic per 46 milioni, più i prestiti dell’ala Jonathan Ikone e del terzino Alex Valle. Le cessioni sono di giocatori che sulla carta dovevano essere anche importanti, ma che non hanno retto il passo col resto della squadra: come le punte Andrea Belotti e Alberto Cerri, il trequartista Simone Verdi, il portiere Emil Audero e i difensori centrali Luca Mazzitelli e Andrea Barba. Un ampio turnover di nomi e un dispendio economico enorme per una neopromossa, che però faranno la differenza. Sarebbe ingiusto dire che il Como ha cambiato marcia solo grazie al mercato invernale, ma è indubbio che i nomi arrivati hanno alzato il livello della squadra ben oltre la zona salvezza. Parliamo di giocatori con potenzialità da squadra di alta classifica come Caqueret e Diao, e altri con esperienza a buon livello in Serie A come Vojvoda e Ikoné. Il Como ha non soltanto migliorato l’11 titolare, ma ampliato la rotazione e dato così a Fàbregas una cassetta degli attrezzi più ricca di opzioni per meglio applicare il suo metodo. «Ho visto grande potenziale per poter creare qualcosa di importante, avvicinando tutti abbiamo creato una forza e una struttura tangibili a tutti. I tifosi credono di più nella nostra proposta, dopo un po’ di tempo è anche più facile» ha detto in primavera Fàbregas.
Il gol che mostra bene la visione di Fàbregas in cui i tutti i pezzi del puzzle si incastrano alla perfezione arriva paradossalmente in una sconfitta, quella in trasferta contro il Milan di metà marzo, l’ultima prima del filotto di risultati utili. Il Como inizia forte e nella prima mezz’ora mostra la sua migliore versione: palleggia a San Siro come se fosse al Sinigaglia. Caqueret si trova sulla fascia vicino all’area e serve il vicino Diao nel mezzo spazio di sinistra. Il senegalese punta l’area ma non calcia subito, si appoggia invece basso a Nico Paz che ne ha occupato il posto dentro l’area. L’argentino riceve spalle alla porta e si comporta da terzo uomo andando di prima con una sponda bassa nel corto per il centrocampista Da Cunha che invece è con spazio e fronte alla porta, centralmente, un po’ più indietro. Il francese può contare i passi e andare a calciare di prima all’angolino basso superando Maignan. C’è il talento di ogni singolo giocatore e l’intelligenza di trovare il gesto migliore rispetto a quello più facile. C’è tutto il lavoro di Fàbregas per portar i giocatori a potersi esprimere al meglio.
3️⃣3️⃣ Lucas making his mark at San Siro pic.twitter.com/pRG9F1WXrd
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Il Como perderà la partita con il Milan nel secondo tempo, ma da lì inizierà il momento caldo della sua stagione. E mentre in tribuna al Sinigaglia sfilavano VIP di Hollywood come Jeff Goldblum o leggende del calcio come Thierry Henry, in campo la squadra prende fiducia delle proprie potenzialità. La svolta nella percezione della stagione del Como arriva in realtà a febbraio, nella settimana in cui batte prima la Fiorentina con i gol di Assane Diao e Nico Paz e poi il Napoli per 2-1 con il gol vittoria del solito Assane Diao (su assist di Nico Paz). Il Como trova nella vittoria contro il Napoli di Conte il momento più alto del suo percorso; non una vittoria episodica, ma una partita giocata alla pari contro i futuri campioni d’Italia in cui esce fuori sia il lavoro alla lavagnetta di Fàbregas, sia il talento dei giocatori. Il Como è tredicesimo in classifica e solo virtualmente ancora in corsa per non retrocedere. Rispetto alle altre contendenti ha chiaramente delle marce in più, cosa che si vede con l’arrivo della primavera e di un calendario che lo propone incontri con squadre da metà classifica in giù. Contro le pari livello il Como cambia marcia e così arrivano 8 risultati utili consecutivi. Dopo la sconfitta contro il Milan, tra il pareggio contro l’Empoli del 29 marzo e il pareggio contro l’Hellas Verona del 18 maggio, il Como vince sei partite consecutive e scala la classifica fino al decimo posto finale. Vince contro Monza, Torino, Lecce, Genoa, Parma, Cagliari, segnando 12 gol totali e subendone 2.
Volendo sottolineare le prestazioni di un singolo in particolare, bisogna porre l’attenzione su uno degli arrivi di gennaio, il giovane senegalese Assane Diao, prelevato dal Betis come un attaccante esterno promettente, ma discontinuo nella Liga, che nel Como riesce rapidamente a inserirsi e sfruttare al meglio i suoi punti di forza mostrando così la sua migliore versione in carriera. Diao ci ha messo pochissimo per trovare una società in campo col rifinitore Nico Paz e dare quel dinamismo e capacità di finalizzazione che era mancata alla squadra di Fàbregas: 5 gol nelle prime 8 giornate e 8 totali nelle 15 presenze lo hanno catapultato nella lista dei migliori giovani del campionato.
A metà aprile Assane Diao si è fatto male in allenamento e ha chiuso così la sua stagione, ma neanche perdere il suo attaccante più in forma ha cambiato la dinamica. Semplicemente il Como ha trovato risorse extra da chi magari si era un po’ defilato, come Gabriel Strefezza con i suoi 2 gol vittoria consecutivi contro Genoa e Parma, o come la punta greca Douvikas e i suoi due assist fondamentali contro Parma e Hellas Verona. Douvikas ha segnato poco nelle 13 partite giocate dal suo arrivo a gennaio dal Celta, ma ha mostrato una completezza di repertorio chiave per essere il giocatore più avanzato del sistema di Fàbregas. I suoi 2 gol segnati sono comunque serviti nel filotto primaverile per il pareggio con l’Empoli e la vittoria col Torino.
That's two goals in two home games for Tasos 💪🎯 pic.twitter.com/NAMQ77xQUd
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Nel girone di ritorno insomma il Como ha trovato di volta in volta un protagonista differente, riuscendo a raggiungere l’obiettivo stagionale della salvezza senza un cannoniere vero e proprio, senza nessun centravanti arrivato in doppia cifra, ma raccogliendo un po’ da tutti i pezzi del suo puzzle offensivo: Assane Diao 8 gol, Patrick Cutrone 7, Nico Paz 6, Gabriel Strefezza 6 e ancora Nico Paz 9 assist, Cutrone 5, Strefezza 4. L’unico vero punto fermo e stella indiscussa della squadra è stato Nico Paz. Attorno al suo talento Fàbregas ha costruito le fortune offensive della squadra ed è stato ripagato con gli interessi, tanto che Nico Paz è stato eletto come miglior giovane della stagione dalla Serie A. Quando l’argentino è ispirato, la manovra del Como è di un altro livello grazie al suo controllo palla nello stretto e alla sua visione di gioco. Oltre ai gol e agli assist, Nico Paz ha chiuso il campionato come terzo tra tutti i giocatori della Serie A per passaggi filtranti e quinto per dribbling riusciti. Se la squadra di Fàbregas ha predicato un calcio che sia al contempo tecnico e dinamico, allora il giocatore simbolo in tal senso non può che essere Nico Paz.
Il tecnico catalano è cresciuto con la squadra durante la stagione pur rimanendo sempre fedele a se stesso come principio di gioco. Il Como ha continuato con l’idea di fare un possesso palla utilizzando i movimenti dei giocatori non in possesso e gli scambi (come l’uso del terzo uomo) per risalire il campo, sfruttando la profondità degli attaccanti con il procedere della stagione e riuscendo ad avere maggiore incisività sulla trequarti avversaria in primavera. Si può dire che il lavoro di Fàbregas è stato lo stesso e allo stesso tempo ha migliorato nella sua incisività nei margini via via che ha capito come muoversi in Serie A. Si è fidato di più dei suoi giocatori di maggior talento come Nico Paz e Perrone e ha trovato riscontri dall’utilizzo dei cambi a partita in corso. «Non dirò mai una cosa del genere, io non ho rivoluzionato un bel niente. Io devo convincere i ragazzi della mia proposta, essendo io in primis fermo sulle mie idee», ha detto Fàbregas. È infatti innegabile la sua impronta sulla stagione del Como, ma sono i giocatori ad aver toccato in primavera la forma giusta nel girone di ritorno per concretizzare quanto fatto vedere a volte, e a sprazzi, nei mesi precedenti.
Il campionato del Como si è chiuso con 49 punti, non una cifra normale per una neopromossa, ma va detto che il Como non è stata una neopromossa normale. Quello che ha fatto il Como non è assolutamente un’impresa, ma un campionato in linea con gli investimenti fatti a monte e soprattutto con il lavoro che l’allenatore Cesc Fàbregas si porta dietro fin dalla sua stagione in Serie B. «Dopo aver vinto la B mi sono ritrovato a cena a Trento con Pecchia e Capello. Fabio Capello mi dice: “Cesc, adesso non puoi più giocare così eh, adesso ti devi difendere di più”. Insisteva sulla difesa, difesa, difesa. Quella sera sono andato a dormire più convinto che mai». Di cosa, gli chiedono: «Che avrei seguito la mia strada e la mia filosofia».