Difficile immaginare un incrocio di vettori così esplosivo come la partnership tra Rolling Stone e Genoa CFC andata in campo ieri sera per la prima volta (tralasciando il risultato). Il post sui profili Instagram della squadra e della rivista chiarisce tutto. Le radici di entrambe le comunità hanno profondità non comuni.
Il Genoa è la prima squadra di calcio nata in Italia e per questo mantiene una denominazione in lingua inglese. Trova l’amore fin da subito nelle due classi sociali esistenti 150 anni fa: il proletariato già antagonista dei lavoratori del porto e la low class piena d’orgoglio in genere (si pensi al mito di Balilla, ragazzo rivoluzionario del 1746) e l’aristocrazia, da sempre legata a Londra per lauti affari di brokeraggio assicurativo marittimo, tutt’ora fiorente più che mai. Sopravvive dal dopoguerra in poi dentro un ottovolante di cadute (numerose) e vittorie (centellinate) costruendo una tifoseria tostissima, dall’identità poderosa, capace di resistere a ogni fatica. Uno striscione nella Gradinata Nord, quella degli ultras, la dice ancora lunga: “Genoa, ti amerei anche se vincessi”. Politicizzata più che a sinistra negli anni ’70, la tifoseria hardcore del Genoa ha da sempre esercitato un occhio attento alla proprietà della squadra e ai suoi comportamenti, chiedendo e pretendendo etica e dedizione assoluta.
Rolling Stone nasce in modo altrettanto indipendente nel 1967, a San Francisco, nel cuore delle contestazioni universitarie, della richiesta potente di nuovi e ampi diritti civili, in contrapposizione ai governi che stavano mandando quella generazione al massacro in Vietnam. E mantiene questo spirito di controparte critica quasi fino alla fine dei suoi giorni (americani).
È la stessa vitalità che da sempre si richiede alla libertà di comportamenti individuali e collettivi che sta alla base del rock’n’roll che la rivista magnifica, dando spazio solo alle star che la incarnano. E così è accaduto dentro l’ormai più che ventennale storia dell’edizione italiana. Per questo oggi Tedua, Bresh (l’inno della squadra è il suo) e lo stesso Alfa con Manu Chao ci stanno benissimo, dentro questa combinazione. Il post prodotto da Rolling Stone Italia e pubblicato in collaborazione sul profilo del Genoa, bellissimo, che fa esplodere l’unione tra questa squadra di calcio e questa entità musical-politica ricorda non a caso come putativa radice comune i moti del 1960 dei portuali che fecero cadere il governo Tambroni, il primo di destra del dopoguerra.
E qui incrociamo la terza traiettoria, quella che sta accadendo in questi giorni. Genova si è ritrovata a fare da capofila nella partenza della Global Sumud Flotilla, soprattutto attraverso l’impressionante capacità di coinvolgimento del Calp, il collettivo autonomo lavoratori portuali.
Il discorso di uno di loro, Riccardo Rudino – prima della partenza delle barche quattro settimane – fa ha fatto il giro del mondo («se toccheranno uno solo dei nostri, bloccheremo tutto, non un chiodo uscirà dalla città») trasformandolo in una rockstar planetaria, e così anche il suo successivo intervento che non a caso ha evocato la resistenza del 1960. Occhio alle coincidenze col resto. Anche le sue parole di tre giorni fa, al termine della lunga manifestazione con 25.000 persone in strada, la seconda di questa portata in poche settimane, sono state lapidarie. Sabato sera è intervenuta anche il sindaco/la sindaca Silvia Salis che si sta oggettivamente distinguendo per precisione del linguaggio, fermezza delle decisioni (ha bloccato l’uso dei taser da parte della polizia per esempio, al volo) e capacità di apprendimento rapido della macchina amministrativa, in modo da poter agire davvero dentro la realtà. Moltissimi l’hanno già indicata, non a caso, come unico possibile candidato contro la Meloni. Insomma – a dispetto della gentrificazione in atto, con acquisto abbondante di case da parte di milanesi quarantenni, ex hipster dell’economia immateriale – Genova si sta rivelando per quello che è sempre stata: superba, ovviamente, ma proprio per questo capace di dedicarsi interamente all’altro quando le cose si mettono malissimo, così come sta succedendo.
Per questo la collaborazione tra Genoa F.C. e Rolling Stone non poteva essere più puntuale. Il filo rosso che lega tutto si chiama coraggio.
Carlo Antonelli è stato il lanciatore dell’edizione italiana di Rolling Stone e suo direttore dal 2003 al 2011.













