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Il 90% della plastica negli oceani proviene da 10 fiumi, un uomo li percorrerà tutti

È l'esploratore Alex Bellini, che navigherà Gange, Nilo e tutti gli altri su imbarcazioni costruite con i rifiuti recuperati nelle acque, per sensibilizzare la gente sull'inquinamento del pianeta. Che è nostra esclusiva responsabilità

«I fiumi scorrono in mezzo a noi, attraversano il cuore delle nostre città. Sono la nostra quotidianità, anche se non sono sexy e romantici come il mare. E ci mettono di fronte all’evidenza del fatto che l’inquinamento siamo noi». Al telefono da Londra Alex Bellini introduce così la sua prossima missione. Valtellinese, 40 anni, dopo aver corso da New York a Los Angeles e lungo le rotte polari oppure remato in solitaria attraverso due oceani per oltre 33mila chilometri, è pronto a lanciare il progetto 10 Rivers 1 Ocean, che lo terrà impegnato per i prossimi tre anni.

«Attraverserò dalla sorgente alla foce – compatibilmente con gli sbarramenti e gli ostacoli che troverò lungo la navigazione – 10 fiumi tra i più lunghi del pianeta, a bordo di imbarcazioni costruite di volta in volta con i rifiuti trovati nelle acque. Così renderò l’idea dello stato in cui abbiamo li abbiamo ridotti», spiega Bellini. Partirà a febbraio dal fiume Hai, in Cina, poi via via tutti gli altri: l’Indo, il Fiume delle Perle, il Nilo, l’Amur, il Fiume Azzurro e il Fiume Giallo, il Gange, il Niger e il Mekong. In mezzo, nel corso del 2019, l’esploratore affronterà il Great Pacific Patch, un’intera isola di plastica – «oggi simbolo di tutti i problemi del nostro pianeta» – grande tre volte la dimensione della Francia, che si trova nel mezzo dell’Oceano Pacifico.

«La mia prima ambizione è raccogliere il grido d’aiuto di un ecosistema che va soccorso, perché non abbiamo una Terra di riserva», dice Bellini, che lo scorso anno ha percorso in solitaria i 175 chilometri del Vatnajökull il ghiacciaio più grande d’Europa, in Islanda. «Gli esperti dicono che non arriverà alla fine del secolo, pare impossibile a vederlo oggi. Chi frequenta questi posti, come succede a un esploratore, non può che essere anche un ambientalista».

Durante le sue navigazioni sui fiumi, Bellini parlerà con la gente del posto, farà attività di comunicazione e sensibilizzazione e raccoglierà dei campioni che saranno poi analizzati dai tecnici dell’Università di Padova, partner dell’iniziativa. «Su questi fiumi si basa l’economia e la vita di intere regioni. Come il Gange, uno dei più inquinati del mondo, in cui la gente fa il bagno e che è sfruttato per le coltivazioni e l’allevamento». A questo punto introduce un dato impressionante: «Sono otto i milioni di tonnellate di plastica che ogni anno entrano nell’oceano dai corsi d’acqua: il 90% di quella presente nei mari deriva dai 10 fiumi che attraverserò. Intendo esattamente questo, quando dico che siamo stati noi a riempire i mari di spazzatura».

Nessuno sogni di chiamarsene fuori, anche se otto dei dieci fiumi su cui Bellini remerà sono in Asia e gli altri due in Africa. «Le micro particelle arrivano ovunque, è sporcizia condivisa: per questo il claim dell’iniziativa è “10 Rivers 1 Ocean”, tutto quanto è collegato. È stata proprio una visione miope e limitata del mondo a portarci qui: dopo 15 chilometri il mare diventa acque internazionali e quindi di nessuno, così abbiamo pensato che non fosse affare nostro occuparci di quello che ci finiva dentro». Inoltre «il Nilo sfocia nel Mediterraneo, per cui il viaggio sarà anche l’occasione per avviare un’attività di monitoraggio della plastica che arriva nel nostro mare di casa e fin sulle nostre coste».

Bellini, impegnato negli ultimi preparativi prima della partenza, ha già ottenuto un primo successo. «Il video che abbiamo realizzato per spiegare il progetto agli sponsor è diventato subito virale, è stato adottato dalle scuole e tante persone mi hanno scritto per dirmi che si sono convinte sia arrivato il momento di impegnarsi in prima persona. Fino agli anni ’50 la gente pensava a un mondo dalle risorse illimitate. A fine millennio si è cominciato a prendere coscienza del fatto che prima o poi le avremmo consumate tutte, eppure non si è agito, perché sembrava un problema che riguardava le generazioni future. Ora tocca correre ai ripari».

 

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