Max Verstappen prova un colpo alla Michael Schumacher datato 2004, Gran Premio di Francia. Quell’anno Schumi aveva tra le mani la migliore Ferrari di tutta la sua carriera, e compì (coadiuvato al muretto da Luca Baldisserri e da Ross Brawn) un vero, effettuando quattro soste con stint da qualifica che lo portarono a vincere a mani basse la gara. Questa volta invece il risultato per il quattro volte campione del mondo in carica è tutt’altro che trionfale a causa anche di una safety car e di una scelta (obbligata) delle gomme che gli ha impedito sia d’inseguire Norris per la seconda piazza sia di difendere il podio. Tutto ciò ha palesato una foga che è il bello sicuramente di Verstappen, ma è anche il suo limite. Messo sotto pressione, il pilota olandese rivela una fame e una rabbia da campione assoluto, ma anche un’incapacità di mantenere la calma che lo ha portato tra una penalità e una sportellata regalata a George Russell a ottenere una misera decima posizione.
Finisce così terzo – ancora a podio dopo Montecarlo – Charles Leclerc, che tuttavia non avrebbe potuto ambire a più di una quarta piazza. I limiti della monoposto di Maranello sono estremamente evidenti come già denunciato da qualche gara dai suoi stessi piloti. La stessa strategia immaginata da Leclerc non stava infatti dando i frutti sperati e solo la furia confusa di Verstappen gli ha permesso di ottenere il terzo posto e di non farsi superare dalla Mercedes di George Russell. Per non dire di Lewis Hamilton, sorpassato nel finale da uno straordinario Nico Hülkenberg a bordo di una Sauber (con power unit Ferrari) che sembra iniziare a rispondere alle cure della gestione di Mattia Binotto.
Hamilton a oggi è lo specchio più fedele della condizione in cui versa la scuderia di Maranello: uno stato tra il deluso, il depressivo e il disincantato che diviene ancora di più un peso insostenibile per il più titolato pilota della storia della Formula 1 alla guida della più titolata squadra della storia della Formula 1. La durezza nei team radio non solo di Hamilton, ma anche di Leclerc verso la squadra non va sopravvalutata, considerata la situazione di adrenalina in gara, ma segnala un’insofferenza generale. Un cambio di passo è necessario, tanto più se si vuole riportare veramente in gara Lewis Hamilton che al momento sembra più che altro preoccupato di portare a fine gara un mezzo che dall’inizio dell’anno (tolta la parentesi della sprint race in Cina) non ha mai giudicato veramente all’altezza. La situazione vede la Ferrari seconda nel campionato costruttori ma il tutto sembra reggersi su fondamenta decisamente fragili. Non si può far altro che confidare nell’efficacia degli aggiornamenti previsti nelle prossime gare a partire dal Canada. Se tutto funzionasse per davvero allora forse si potrebbe anche ambire a qualche vittoria di tappa.
Messa non meglio è anche la Mercedes, che oltre a una cattiva gestione degli pneumatici in gara inizia a soffrire qualche problema di affidabilità di troppo che questa volta colpiscono Kimi Antonelli mentre veleggiava in una discreta settima posizione. Anche quest’anno la Mercedes non sembra in grado di competere per davvero come avviene ormai dal 2022 con l’introduzione del nuovo regolamento. Questi anni per il team guidato da Toto Wolff rappresentano un calvario, a questo punto non possono che sperare nelle nuove regole. Non una grande figura considerato che da due anni ormai la McLaren monta la power unit Mercedes e quindi sostanzialmente è un team clienti Mercedes, e che così facendo domina le classifiche del campionato. La nuova power unit per il 2026 firmata Mercedes pare essere – a quanto dicono le voci del paddock – quella che potrebbe garantire le migliori performance del lotto.
A proposito di team clienti batte un colpo la Sauber, che a Barcellona in una pista completa e che da sempre è in grado di stabilire una gerarchia affidabile tra le performance delle monoposto, coglie dei punti pesanti e sembra avviarsi verso quella mutazione che la trasformerà in Audi nel 2026 sotto la guida di Mattia Binotto. E questo se non è un segnale è quantomeno un dato da acquisire se dopo Andrea Stella che sta guidando la McLaren al trionfo anche Mattia Binotto inizia a ottenere evidenti risultati in Sauber. Entrambi infatti provengono da Ferrari, dove hanno vissuto anni ad alto tasso di critica interna, esterna e pure popolare. Una Ferrari che dalla gestione Vasseur cerca però disperatamente tecnici validi spesso senza riuscire ad acquisirli e spesso inseguendo proprio chi aveva lasciato andare. La lista sarebbe pure troppo lunga, ma il dato di una gestione frammentata e instabile che da anni contraddistingue la casa di Maranello è evidente nonostante una storia alle spalle da primato e un presente fatto di oltre un migliaio di tecnici di altissimo valore che ogni giorno lavorano duramente per far brillare il cavallino rampante sulle piste di tutto il mondo. La competenza e il valore non sono messi in discussione, ma forse un po’ di cura, di cuore e di passione che da sempre contraddistinguono la rossa di Maranello sembrano ogni tanto abbandonare chi tiene le redini della scuderia. Fortuna che Charles Leclerc dopo sette anni ancora ci crede.
E ora i nostri podi, quello dei migliori e quello dei peggiori. Vince tra i migliori Piastri, che non si scompone, non si entusiasma, non si agita, non si spettina e si lava i denti cinque volte al giorno. Senza dire nulla a nessuno, tanto meno a Lando Norris, sta andando gara dopo gara a vincersi il mondiale. Sale sul podio anche Max Verstappen, perché senza di lui non resterebbe che la noia. Verstappen parte forte, arriva forte, saluta Bearman, saluta Lambiase, saluta con una ruotata pure Russell e saluta tutti ringhiando verso Leclerc. Speriamo che Lily, la sua bellissima bimba, lo porti un po’ alla calma una volta a casa. E risale sul podio anche Fernando Alonso, che naviga con quel che può e con quel che è l’Aston Martin. Alonso va fuori pista, rientra, lotta con gente che è nata quando lui vinceva i titoli mondiali e alla fine finalmente va a punti con una monoposto che è ancora estranea allo stesso Adrian Newey. E infine, anche se i conti non tornerebbero, va sul podio proprio Charles Leclerc. Chissà se una Federazione sempre più indecifrabile e lenta deciderà di penalizzarlo. Nel caso succederà probabilmente verso le due di notte dopo otto ore di riunioni, interrogatori, arresti e rapporti che nemmeno la commissione Warren per l’omicidio Kennedy.
Per il podio dei peggiori riecco Max Verstappen (che vince anche quando perde e che perde anche quando vince) perché è vero che da quando non vince o vince poco è sempre più simpatico, ma ogni tanto una calmata potrebbe darsela. Un minimo dài, su, quel tanto che basta per non fare a botte sempre con chiunque gli arrivi a tiro. In questi anni ha già traumatizzato Lando Norris e lasciato inebetito Lewis Hamilton che per altro sale su questo podio dei peggiori, sperando solo che prima o poi migliori, tornando a far luccicare quel bellissimo casco giallo che tante promesse a inizio anno ci aveva regalato. E sale sul podio dei peggiori anche Yūki Tsunoda che va bene tutto, compreso la simpatia, ma partire ultimo con la Red Bull proprio non va, al confronto il vituperato Perez era un razzo. Bisogna correre ai ripari sperando che in Red Bull non facciano risolvere la cosa ancora all’ottuagenario Helmut Marko, che di sto passo è capace di far salire sulla monoposto pure Jackie Stewart. E allora sì che ci divertiremmo veramente, ma della grossa proprio.