Formula 1, il Gran Premio del Canada, e la morte delle illusioni | Rolling Stone Italia
Ferrari nel pallone

Formula 1, il Gran Premio del Canada, e la morte delle illusioni

In Nord America, le nostre aspettative non valgono ormai nulla. Sarebbe meglio fare villeggiatura sull'isola di Notre-Dame. Vero, Vasseur?

Gran Premio del Canada

Charles Leclerc alle prove del Gran Premio del Canada 2025

Foto: Rudy Carezzevoli

Circuito semi cittadino collocato sull’isola di Notre-Dame, quello di Montreal è uno dei migliori scenari presenti nel calendario della stagione di Formula 1. Un posto bello da frequentare e anche in cui svacanzare al di là del Gran Premio stesso di Formula 1. Un luogo allegro e accogliente capace di offrire un giusto equilibrio tra passione motoristica e una vita cittadina eclettica e frizzante.

Una città, e un’isola a misura di persona (direbbero i sociologi una città di quindici minuti) tra impianti sportivi, parchi e ottimi ristoranti, tra cui Toqué! dello chef Normand Laprise, ma anche posti più popolari e conviviali come Schwartz’s Deli e i suoi straordinari sandwich e Maison Publique, un po’ bistrot e un po’ tavola calda all’americana. Insomma un posto dove non sarebbe male rilassarsi, concentrarsi e prepararsi al meglio per la gara, tutte cose che ultimamente in Ferrari non sembrano riuscire proprio alla perfezione.

Sono bastati infatti un paio di articoli ben informati usciti sul Corriere della Sera e sulla Gazzetta dello Sport per far perdere ogni filo logico al team manager di Maranello Frédéric Vasseur, che subito ha accusato la stampa italiana (!) non solo di non sostenere la scuderia (come se fosse il ruolo del giornalismo), ma anche di impedire alla Ferrari di vincere il titolo mondiale. E noi che si pensava che tutto ciò accadesse perché Mercedes poi Red Bull e ora McLaren hanno avuto negli anni la migliore macchina e il miglior pacchetto. Invece avevano solo i giornalisti che li sostenevano.

Polemica avulsa da ogni rapporto con la realtà quella ingaggiata da Vasseur, che dovrebbe invece dare delle risposte o delle spiegazioni, lui o la dirigenza sopra di lui, sulle prestazioni non proprio brillanti delle monoposto rosse che dovevano dominare il mondo (sempre secondo le dichiarazioni date a inizio stagione dal team manager dell’Essonne) e che ora arrancano ogni domenica tra un quinto e un ottavo tempo, quando butta bene. In alternativa chiaramente Frédéric Vasseur potrebbe anche non dare alcuna risposta come non di rado fece a suo tempo nei momenti peggiori Jean Todt, ma ingaggiare una spuria polemica con i giornalisti è roba da circolo amatori o da politicanti di bassa lega.

Tutto questo tuttavia non sembra rovinare l’umore e l’entusiasmo di Charles Leclerc, almeno fino al sabato in qualifica. Il monegasco è subito velocissimo fin dalle FP1, ma perde anche subito il controllo della sua monoposto mandando dallo sfasciacarrozze un telaio. Salta così le FP2, ma ecco che in FP3 come nulla fosse Leclerc è nuovamente velocissimo. Le qualifiche come spesso gli va ultimamente non sono fortunatissime, ma denotano anche una guida al limite che Leclerc sta frequentando da parecchie gare con orgoglio e coraggio, segno che la macchina è quasi sempre oltre i suoi limiti strutturali. A fine giornata l’incazzatura sul volto di Leclerc è evidente anche dai team radio, maledetto il giorno in cui si decise di renderli pubblici. Ora l’unico dubbio è capire se il pilota spinge la propria monoposto all’inverosimile per amore della Ferrari o per ricordare anche ai più dubbiosi negli altri team (pochi ormai) che ha le stigmate del campione titolato. Probabilmente entrambe le cose, ma chi lo sa.

Hamilton si tiene decisamente un margine in tasca chiudendo così davanti al compagno di squadra, ma in una quinta posizione che più che esaltante è solo il meno peggio di quanto la Ferrari può offrire. Pazienza. Va data intanto un po’ di fiducia alla domenica, il passo gara Ferrari non sembra male, ora bisogna capire se la finestra giusta fatta di temperatura gomme e occulti spiritismi del Mago Otelma si paleseranno anche in gara. Le brutte sorprese ultimamente sembrano prevalere su quelle belle.

Tolta la Ferrari il campionato mondiale va avanti offrendo uno spettacolo imprevisto e tutt’altro che noioso, con un Verstappen che non molla mai, ma mai mai mai e un George Russell che dopo essersi rilassato alle spalle di Jannik Sinner sulle tribune del Roland Garros, tira fuori numeri da circo di primo livello dimostrando che gli anni in squadra con Hamilton qualche frutto lo hanno dato. La prima fila dunque si presume bollente con due nemici dichiarati, Russell e Verstappen (a corto di punti patente e dunque a rischio squalifica anche per un dito medio in autostrada), ma con due obiettivi diversi. Russell punta alla vittoria di tappa mentre Verstappen a restare in corsa per il mondiale.

Alle loro spalle il placido Oscar Piastri è pronto a godersi lo spettacolo, sicuro della forza della sua McLaren e tranquillo di un primato mondiale che al momento non è messo in discussione dal troppo pasticcione Lando Norris relegato in settima piazza. Come dice sempre Sergio Leone, Oscar Piastri ha solo due espressioni, una con il casco e una senza casco. Un uomo tranquillo, velocissimo e sempre presente all’appello a differenza del compagno di squadra.

Norris è invece sempre scrutato con pruriginoso scherno dalle telecamere pronte a coglierne un momento di smarrimento e di indecisione. Chissà cosa è successo in questi anni per cui un pilota velocissimo e di sicuro talento, un ragazzo di venticinque anni, bello, ricco e di ottima famiglia debba essere analizzato, destrutturato e in parte anche deriso da psicologi della domenica pronti a elencarne le infinite patologie. E se in fondo Lando Norris non fosse altro che un ragazzo di grande talento, ma un po’ distratto? O più semplicemente ancora se fosse solo un tizio un po’ superficiale che ogni tanto spegne la testa? Chissà che avrebbero dovuto dire ai tempi di Gerhard Berger così facile a perdere la concentrazione pur essendo velocissimo, o anche di James Hunt, tizio quantomeno umorale o di Nigel Mansell, mandato ai matti da Nelson Piquet nel 1987. Tutti uomini imperfetti, lontani dall’atroce lucidità di gente come Senna, Prost o Schumacher, ma anche persone felici. In sostanza tutti dei fighi, mica dei pirla, direbbero dalle parti dell’Idroscalo.

Attorno intanto si scatena la battaglia degli esordienti, le cui prestazioni sono sempre difficili da leggere per davvero, troppo complicato da fuori cogliere le difficoltà a cui questi campioni vanno incontro domenica dopo domenica. Certo è che al momento tra i giovani non si possono non segnalare oltre a Kimi Antonelli, la grande sorpresa di Isack Hadjar, il cui padre, fisico quantistico, dovrebbe, con tutto il rispetto, passare un po’ di morigeratezza e senso della misura al padre di Lando Norris sempre più visibile ai box tra faccette e smorfie che manco Shirley Temple negli anni d’oro. E poi un sempre più consistente Gabriel Bortoleto con una Sauber difficile da portare in giro e infine un Oliver Bearman che sembra già pronto per un top team, sempre che non esageri in durezza scivolando dalle parti del Kevin Magnussen dei tempi andati.

La pista di Montreal ha tutte le caratteristiche per una gara veloce, dura e spietata, ma soprattutto divertente, da Mercedes a McLaren, da Red Bull a Ferrari con in più la sorpresa dell’Aston Martin di Alonso, tutti sono potenzialmente in gioco per il colpo grosso o quanto meno per una bella figura. Sperando ovviamente che nessun giornalista italiano si metta in mezzo rovinando ancora una volta le prestazioni della Ferrari. Ah, Signora mia!

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