Tra i virtuosismi di Max Verstappen, gli eroismi di Charles Leclerc, le fragilità di Lando Norris e la confusione di Lewis Hamilton, spicca gara dopo gara la solidità imperturbabile di Oscar Piastri. Velocissimo fin dal venerdì il pilota australiano si dimostra sempre attento, preciso, veloce e deciso sempre e solo quando serve. Mantiene sempre un livello medio che gara dopo gara ha sempre più il sapore del livello d’eccezione e della qualità fuori dal comune.
Con il trionfo sul circuito di Spa-Francorchamps, Piastri ipoteca pesantemente il campionato del mondo piloti, un’ipoteca che non sta tanto nei numeri che rendono ancora tutto possibile, ma in una solidità che è esattamente opposta all’imprecisione e alla fragilità del compagno di squadra, l’unico che può contendergli il primato. La McLaren è ormai avviata alla vittoria del Campionato del mondo costruttori senza incertezza alcuna, mentre attorno sembra prendere piede una confusione sempre più caotica: dalla Mercedes – di cui McLaren è team cliente – che non sembra in grado di mostrare prestazioni costanti e anzi ultimamente ha pesantemente messo in crisi Kimi Antonelli, che da qualche gara dimostra prestazioni un po’ deludenti, fino alla Ferrari, che pur cogliendo il podio con Leclerc sembra sempre a rischio implosione tra una crisi tecnica mai del tutto risolta e psicodrammi sempre più vicini al palesarsi, in particolare con Lewis Hamilton ormai perennemente sull’orlo di una crisi di nervi.
Il sette volte campione del mondo inglese si è presentato in Belgio il giovedì come fosse il team principal di Maranello, parlando di dossier e sviluppi nelle varie aree tecniche, poi il venerdì e il sabato sembrava l’ultimo degli esordienti con errori da debuttante e scuse imbarazzate. La domenica è tornato in sé, ma un settimo posto non basta a sistema le cose. La Ferrari è a un bivio, con il team principal – quello ufficiale – Vasseur non ancora confermato seppur sempre ridanciano e con il pilota inglese che non sembra aver ancora compreso bene la squadra e la tipicità di quell’essere Ferrari sempre sbandierato dalle parti della rossa, ma dai suoi stessi attuali componenti e dirigenti mai pienamente compreso.
In tutta questa ambiguità e incertezza che vede coinvolti i vertici come il reparto tecnico si stagliano però le performance di Leclerc, che è ormai una certezza come pilota e come campione. Ma ciò significa anche che Leclerc non solo è nella posizione di chiedere una macchina competitiva, ma di pretenderla. E che potrebbe, a questo punto della sua carriera, anche ottenerla all’infuori di Maranello. Dopo sei anni di sconfitte cocenti, la crisi del settimo anni è solo da venire. Appare invece chiarita la situazione in RedBull che riparte nel dopo Horner con una vittoria nella gara sprint e la solita certezza di Max Verstappen. Il nuovo team manager e amministratore delegato – ex direttore sportivo Ferrari nell’era Binotto (…) – Laurent Mekies, sembra voler già imprimere un cambio di passo all’interno della squadra, con una modalità forse meno cinica, ma ora più utile a compattare il team, compreso il secondo pilota, Yūki Tsunoda, che quanto meno in questo gran premio si è giocato la zona punti pur non riuscendo ancora a raggiungerla.
Un caos dunque abbastanza generalizzato, che se non contempla la solidissima squadra di Zac Brown e Andrea Stella, ha la sua origine anche nella confusa gestione regolamentare di una federazione che dopo aver imposto un regolamento per il 2026 pro-elettrico molto pasticciato, ora lo rinnega inneggiando vacuamente un ritorno ai motori termici V8. Una situazione che lascia perplessi tifosi e appassionati, che non sanno così cosa si ritroveranno a vedere in un 2026 che alcune simulazioni preannunciano con prestazioni quanto mai incerte e con gare che probabilmente saranno più di gestione che di velocità. Una modalità di competizione non poco lontana dallo spirito originario della Formula 1. Ma ora non ci resta che raggiungere i nostri podi, quello dei migliori e quello dei peggiori.
Sale e trionfa sul podio dei migliori Alan van der Merwe, il pilota sudafricano alla guida della Medical Car con a fianco il dottor Ian Roberts. Van der Merwe ha pestato di brutto sulla pista bagnata dopo un’ora di sonno in attesa della partenza e ha affrontato il raidillon come avrebbe dovuto farlo dopo la partenza l’incerto Lando Norris, va’ che manico, ad avercene di dottori così rapidi. Sale sul podio anche il pubblico, quello delle tribune, ma più ancora quello sulle colline in mezzo al fango, felice anche solo di sentire il rombo di un Piaggio Ciao non ha mai smesso di esultare, applaudire, ridere e bere birra. Una festa di paese bellissima in mondo visione, forse proprio lo spettacolo più bello della domenica di Spa. E infine sul podio dei vincitori sale ancora una volta la Sauber, nona con Gabriel Bortoleto, già decimo nella sprint. La squadra svizzera e futura Audi guidata da Mattia Binotto è ormai una costante della zona punti. Bravi, peccato solo per l’avventato cambio gomme di Hulkenberg che ha perso per un soffio il decimo posto.
Sul podio dei peggiori sale con dispiacere proprio Kimi Antonelli, sempre fuori forma per tutto il weekend e in difficoltà con una Mercedes che anche George Russell fatica del resto a portare al limite da qualche gara a questa parte. Antonelli è giovane, anzi giovanissimo, e ha tutte le carte in regola per rifarsi, ma in Formula 1 il tempo non è dato a nessuno. Nemmeno a chi ha diciotto anni e tutta la vita davanti. Forse serve un po’ più di rabbia e di concentrazione in un mondo che confonde l’ipocrisia con le buone maniere e che offre di tutto e di più, ma tutto e di più non servono mai per essere i più veloci in pista.
Lo segue sul podio dei peggiori Lewis Hamilton, che sia veloce non ci sono dubbi, si parla del pilota più vincente di tutti i tempi in Formula 1, ma la sua confusione anche nelle dichiarazioni rilasciate nelle conferenze stampa lascia di molto perplessi. Se in parte tutto ciò denota una generale confusione in Ferrari, non è comunque accettabile che proprio Hamilton ci caschi finendo in un tritacarne che a Maranello da sempre sanno far funzionare benissimo, tritando anche i migliori. In certi momenti Hamilton è sembrato infatti essere non molto lontano dall’Alain Prost che definì la Ferrari un camion. E finì come finì. Chiude il podio Carlos Sainz, mai efficace e sempre lontano da un Albon che avrebbe dovuto sovrastare. La gara sprint del sabato è stato solo un lampo, ma ormai siamo a metà anno e Sainz è costantemente dietro ad Albon gara dopo gara. Immaginarlo nuovamente in un top team pare al momento come un sogno sempre più irrealizzabile per il madrileno. Ma se c’è un pilota che non molla mai questo è proprio Sainz. Forza Chili!
