Con la sobria eleganza che contraddistingue la gestione zen di Andrea Stella, la McLaren attua per mezzo del primo pit-stop, che regala una manciata di secondi rassicuranti a Norris, un sostanziale congelamento delle posizioni, dopo i tentativi – alcuni dei quali anche parecchio ribaldi – di Oscar Piastri di prendere il comando della corsa. Norris è a suo agio tra le curve del Red Bull Ring fin dalle qualifiche, dove ha ottenuto una brillante pole position. Tuttavia resta evidente la solidità di Oscar Piastri, che ancora guida la testa della classifica e che anche in gare in cui non riesce a esprimere tutta la competitività della sua McLaren, come è avvenuto in Austria, offre comunque una brillantezza che a Norris manca, tanto da riuscire a mettere in discussione una vittoria che pareva ben più sicura per il compagno di squadra che negli ultimi dieci giri ha visto diminuire drasticamente con ansia (per lui) il proprio vantaggio.
Al momento la McLaren sembra essere l’unica monoposto capace di essere competitiva su tutti i circuiti o quanto meno prevedibile per i suoi piloti e i suoi ingegneri. Questo regolamento tecnico, che vede il suo esaurimento nel 2025, sembra essere infatti caratterizzato da vetture difficilmente prevedibili e facili a salti di competitività anche con poche variazioni, dalla temperatura, al tipo di asfalto più che per il tipo di curve e in generale di tracciato. Testimonianza quando mai evidente è quella della Mercedes, che è uscita vincente e dominante dal Gran Premio del Canada e che è apparsa totalmente opaca – fin dalle qualifiche – in Austria dove ha di poco sopravanzato le seconde linee, tra cui un ritrovato Lawson, che dopo il traumatico passaggio in Red Bull è riuscito a portare la sua Racing Bulls in sesta posizione e davanti al suo compagno di squadra Isack Hadjar, in questo fine settimana non brillantissimo, tanto da chiudere soltanto in dodicesima posizione.
Entrambe le McLaren hanno in pugno sia il mondiale costruttori che quello piloti, complice lo zero portato a casa da Max Verstappen che non è riuscito nemmeno a completare un giro dopo essere stato cannonato da un Kimi Antonelli vittima di eccesso di foga da esordiente. La Formula 1 dovrebbe riflettere attentamente sui suoi regolamenti tecnici, che stanno mutando profondamente la guida dei piloti ormai ridotti a spingere per davvero solo per pochi giri nell’arco di una gara spesso all’insegna del lift and coast (ormai le due parole incubo per Charles Leclerc).
Poco di buono sembra venire dal nuovo regolamento che prevede per il 2026 una condizione di parità tra la parte elettrica e la parte termica della power unit e un’aerodinamica che tenderà ad espandere le ali mobili anche all’anteriore. Una situazione che si prevede complicata anche per i piloti, e che la Federazione sembra voler complicare ancor di più aggiungendo già da ora regole e regoline d’uso a seconda del tipo di circuito. Speriamo che i piloti non si trasformino del tutto in autisti di autobus, tra fermate prenotate, porte da aprire e tempi da rispettare.
La Ferrari non sfigura, ma sembra ottenere il podio e il quarto posto, pur con una buona consistenza, più per le magagne altrui. Va considerato infatti che i team concorrenti da Red Bull a Mercedes corrono tendenzialmente con un solo pilota, sia perché Yūki Tsunoda non è mai stato competitivo, nemmeno lontanamente competitivo e sia perché comunque Kimi Antonelli in Mercedes sconta i limiti del suo esser esordiente, cosa che può portare facilmente ad alcuni Gran Premi con poca performance o addirittura con zero punti.
Non sembra così diminuire lo stato confusionale della gestione sportiva Ferrari, al di là della partenza improvvisa per motivi personali di Frédéric Vasseur. La competitività infatti del cavallino non è solo sempre sotto le aspettative del suo marchio, ma rischia di diventare un’illusione per il 2026: si susseguono le voci sia di sostituzione dello stesso Vasseur (che dopo l’intervista a Jérôme d’Ambrosio sembra essere l’unico che non sa l’italiano in squadra) e arrivano notizie che vedono figure nodali della gestione sportiva in uscita, come nel caso dell’ingegnere Enrico Racca, senza che ci siano sostituti in vista. Un brutto se non bruttissimo segno.
Dopo di che, è vero che in Formula 1 tutto cambia con una rapidità spesso imprevedibile, e che in mezzo a tanti ingegneri, dati e simulazioni, alle volte le emozioni possono far cambiare anche le persone stesse. Se al fondo che ha ben funzionato in Austria si aggiungerà in Inghilterra una sospensione capace di rendere competitiva la rossa, allora anche per la Ferrari e per il futuro suo e di chi ci lavora, tutto potrebbe cambiare, regalando magari qualche bella gara nella seconda parte del campionato.
Di certo non si vince e non si cresce senza un lavoro duro e di grande qualità, così mentre abbiamo dovuto sorbirci per mesi la retorica Sky della cura Briatore che lascia ad ora la Alpine ultima in campionato, non si può non vedere invece una cura vera, quella rigenerante imposta da Mattia Binotto in Sauber che era non l’ultima, ma l’ultimissima squadra del mondiale e che ora si trova in lotta con Racing Bulls, Aston Martin e Haas per il sesto posto. Un grande risultato e una rivincita (non ancora conclusa) per un manager italiano sottovalutato dai media italiani e dalla dirigenza Ferrari. Dopo essere state sopravanzate dall’ex Andrea Stella con la McLaren, nei prossimi anni le monoposto di Maranello potrebbero così vedersi sverniciate dalle Audi dell’ingegnere reggiano. Mica male.
La prossima gara porta il circus a Silverstone, patria e regno di Lewis Hamilton protagonista l’anno scorso di un bagno di folla memorabile. Difficile che l’inglese si possa ripetere, speriamo soltanto che non sia un weekend vergato da nostalgia e troppi rimpianti. Ma ora il podio dei migliori e dei peggiori.
Vince a mani basse, ma proprio basse il grande e immortale Bernie Eccleston, che a novantaquattro anni sale sul podio (quello vero) e va a premiare Lando Norris, facendolo scendere dal suo primo posto e dandogli una pacca d’incoraggiamento. Il padre, il padrone, il nonno di tutto l’ambaradan è sempre lui, vecchia immarcescibile canaglia, avercene come lui, nonostante tutto e nonostante lui stesso. Lo segue Max Verstappen, spedito fuori con un colpo di naso dal giovanissimo Antonelli. Non fa una piega, quasi non lo insulta (quasi) e ascolta le sue ragioni come chi ne hai viste di tutti i colori e ne ha fatte pure di peggio. E torna sul podio dei migliori ovviamente Fernando Alonso, che tiene dietro al giovane Gabriel Bortoleto con tecniche da campionissimo e da fenomeno del flipper. Verstappen e Alonso un paio di lezioni anche oggi le hanno impartite.
Sul podio dei peggiori vince la strategia Alpine, che è tutta una roba che non si è ancora capita, ma che assomiglia a una cosa del tipo come fare benissimo una strategia fatta male. Spiace per Gasly, che lotta sempre come un matto, e per un Colapinto che ha ritrovato la verve, ma ha perso la vista al punto da spedire Piastri in gita sull’erba durante un doppiaggio. Segue sul podio un Yūki Tsunoda disarmante, ultimo con una macchina che di solito si gioca la vittoria. Non è evidentemente tutta colpa sua, ma la carriera in Formula 1 del simpatico giapponese sembra agli sgoccioli. E infine l’ultimo posto sul podio dei peggiori va a Lance Scroll, che ancora ci domandiamo perché e per come. Sì è il figlio di, ma anche basta.