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Danny Davis, surfando sul ghiaccio

Nel 2010 Danny si stava allenando per le Olimpiadi, quando un incidente lo ha fermato. Ha rischiato di non camminare più. Oggi è tornato a vincere, con l'aiuto della tavola, degli amici e della musica
Danny Davis è nato nel 1988 in Michigan. Foto: Adam Moran

Danny Davis è nato nel 1988 in Michigan. Foto: Adam Moran

Ha ancora i capelli lunghi, ma ha tagliato la barba. Danny Davis, come un sacco di snowboarder, sembra sempre una rockstar. Ha quel modo di fare un po’ cazzone, che però può trasformarsi in un attimo in vero professionismo. Anche perché, se si guarda indietro, Danny deve ritenersi piuttosto fortunato. È sopravvissuto a un incidente terribile su un quad, che aveva messo a rischio la sua carriera, e non solo. Ma invece di bloccarsi, ha deciso di osare ancora di più. Non solo portarsi a casa due medaglie d’oro agli ultimi due X Games, nella specialità SuperPipe. Ma organizzare anche un festival musicale che da cinque anni raduna migliaia di persone. Così, per non farsi mancare nulla.

Quando hai iniziato con lo snowboard?
Da bambino, direi, quando stavo in piedi sulle slitte, e facevo le discese sulla collinetta di neve davanti a casa. Più tardi, i miei genitori iniziarono a comprarmi delle tavole davvero economiche, ma ho avuto il mio primo snowboard con le lamine solo quando ho compiuto 10 anni. Mi sono appassionato, lo usavo sempre!

E quando è diventato qualcosa di più di una passione?
Penso che lo sia sempre stato. Ho iniziato a fare gare a 13 anni, e subito ho partecipato ai campionati USASA (la United States of America Snowboard and Freeski Association, ndr). Lì i miei genitori hanno capito che avevo talento, e hanno deciso di aiutarmi. A quel punto la faccenda si è fatta seria, anche se per loro è stato economicamente impegnativo. Sono stato preso alla Stratton Mountain School, una scuola superiore orientata agli sport invernali. Lì ho imparato un sacco di cose e sono migliorato tanto. E sempre lì ho conosciuto Chaka e Dave Driscoll, che mi hanno fatto firmare il mio primo contratto con Burton. All’improvviso, stavo vivendo un sogno.

Un sogno che ha rischiato di infrangersi cinque anni fa, quando hai avuto un incidente molto grave. Cosa è cambiato da allora?
Beh, il mio corpo si muove un po’ diversamente e i miei muscoli si irrigidiscono più facilmente, a quanto pare, ma ho lavorato duro per recuperare al 100%. Ci ho messo tre mesi circa per tornare a camminare e un anno per riprendere con la tavola. Sono grato di essere ritornato al mio livello. Sono molto fortunato, me lo dico ogni giorno. Penso che mentalmente la mia vita sia cambiata, nel senso che mi spingo a fare di più. Non solo nello snowboard, ma anche nella quotidianità, in tutte le altre cose in cui sono coinvolto. Lo snowboard è quello che preferisco fare nella vita, senza dubbio. Ma sono stato spinto a fare altro, a creare altre cose con i miei amici.

Quanto ti ha aiutato chi ti era attorno?
La gente di Burton mi ha supportato fin dall’inizio ed è diventata una famiglia per me. Anche Jake, il proprietario, è venuto a visitarmi un sacco di volte in ospedale e quando ero in riabilitazione. Il supporto del team, degli altri rider e del management, è stato incredibile. Tutti mi hanno aiutato, tutti sono stati felici, e mi è servito molto.

Sei nato in Michigan, ma giri letteralmente in tutto il mondo. Dove preferisci allenarti?
Dove c’è un sacco di neve, e non perdo occasione per andare nella Sierra in California, è il mio posto preferito nel mondo, non c’è niente che lo possa battere. Sai cosa non ho mai fatto? Non mi sono mai allenato in Italia! Devo mettervi sulla lista.

Dovresti, Danny! Senti, lasciando da parte lo snowboard, so che organizzi anche un festival musicale…
Sì! Si chiama The Frendly Gathering e si svolge nel bellissimo Stato del Vermont. È iniziato come un campeggio per 100 persone, fatto per riunire tutti i nostri amici nello stesso posto. Poi è cresciuto ogni giorno, e adesso che siamo al quinto anno abbiamo oltre 4000 persone che vengono per tre giorni a suonare, ascoltare musica, fare skate, passeggiare nelle montagne verdi del Vermont, uniti da questo spirito di stare insieme. La vita è meglio passarsela con gli amici, questo è quello che vogliamo comunicare!

E oltre a quello che succede al festival, cosa ascolti?
Beh, la musica è sempre stata importante nella mia famiglia. Ascolto musica tutto il giorno, sempre. Ho un giradischi a casa e sono sempre in cerca di cose belle da ascoltare. Durante le gare metto su di tutto. Posso passare dai Black Sabbath a Sam Cooke, mi piace tutto: rock&roll, bluegrass, old country, soul music, psychedelic rock, everything. Non so cosa farei, senza. La musica è la mia benzina, sempre.

Questo articolo è pubblicato su Rolling Stone di dicembre.
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