A Livigno con la crew di CAPiTA per fare il punto sullo snowboard | Rolling Stone Italia
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A Livigno con la crew di CAPiTA per fare il punto sullo snowboard

Con la stagione alle porte, siamo andati a Livigno con un gruppone di rider dei team DC e CAPiTA

Lorenzo “Buzzo” Buzzoni allo Snowpark Mottolino di Livigno

Lorenzo “Buzzo” Buzzoni allo Snowpark Mottolino di Livigno

C’è un canale su Instagram che si chiama Jerry of the Day dove ogni giorno (o quasi) vengono postate le figuracce a opera del beone del momento, la maggior parte delle volte sulla neve. Lì sarebbe dovuto finire Manuel, dopo la facciata presa praticamente da fermo mentre pareggiava con la tavola un salto per i suoi compari.
Ma la faccia, almeno virtualmente, è necessario salvarla. Perché Manuel di cognome fa Pietropoli, per due volte olimpionico di snowboard, vincitore di una gara di Coppa del Mondo nel 2008, in breve uno di quelli che ha cambiato il modo di stare sulla tavola in Italia.
Assieme a lui, sulle piste del Mottolino di Livigno, abbiamo trovato anche un discreto gruppo di rider, tra cui Stefano “Benki” Benchimol, Lorenzo “Buzzo” Buzzoni e Lorenzo “Lollo” Barbieri, oltre al giovanissimo (nato nel 2005, fate voi i conti) Ian Matteoli. Tutti, a modo loro, protagonisti degli ultimi anni dello snowboard.
Abbiamo colto l’occasione per farci spiegare come siamo messi in questo momento sulla tavola, che prospettive abbiamo e cosa non funziona ancora.

Cominciamo a livello generale. Quanto conta in questo momento l’Italia dello snowboard in Europa?

Manuel: In generale siamo indietro, rispetto ad altre nazioni come Svizzera, Austria, Norvegia, Finlandia. Come strutture però siamo messi molto bene, abbiamo delle ottime piste, quindi questa non può essere una giustificazione. Quello che manca, secondo me, è la voglia di tirar fuori le palle e dire la nostra.
Buzzo: E manca anche una generazione. Dai 20 fino ai 30 anni in Italia c’è un buco, ci siamo noi e pochi altri.
Lollo: Secondo me, tra l’altro, lo snowboard è l’ultima ruota del carro degli sport italiani, assieme ad altri. I genitori lo vedono ancora come uno sport per “sballati”. Essendo anche maestro vedo tante mamme che dicono ai loro figli: “Prima provi con lo sci e poi magari…”. Non è ancora compreso fino in fondo, non è vissuto come una disciplina vera. Siamo fermi, anche dal punto di vista degli investimenti.
Buzzo: Qualcosa un po’ si sta muovendo, dai. Le nuove leve non sono male.
Benki: Sì, si stanno creando delle belle realtà a livello regionale. Ci sono dei club molto attivi che stanno facendo tanto.

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Ma perché c’è ancora questa idea dello snowboard? Non ce la siamo ancora scrollata di dosso?
Manuel: Perché i primi top rider italiani erano dei coglioni (ride). Spingevano questa immagine da “fattoni”.
Lollo: Sì, le immagini sono importanti! In Italia negli anni ’90 c’era la “valanga azzurra”, con tutti questi sciatori precisi, con la divisa. E poi iniziavano a vedersi questi altri, tutti colorati, un po’ matti. È normale che venissero guardati con sospetto.
Benki: È comunque nato come un movimento di ribellione. Ma all’estero hanno capito che poteva diventare anche un business e hanno cercato di dargli un’impronta agonistica. Per fortuna ora ci sono sempre più bambini che vogliono farlo e che insistono con i genitori.
buzzo Ripeto, continuano a essere i “grandi” quelli che mancano.

Ma i giovani se ne stanno riappropriando, dite. Quindi cos’è che non funziona?
Lollo: Di sicuro non è uno sport per tutti, non è di massa, costa ancora un sacco fare snowboard. Non tutti possono permettersi di andare in montagna con una famiglia intera. E spesso non c’è coraggio o voglia di investire sullo snowboard: guarda cosa è successo dopo Torino 2006. Hanno abbandonato tutto. Manuel a suo tempo ha fatto un miracolo, c’erano due halfpipe in tutta Italia ed è riuscito ad arrivare per ben due anni alle Olimpiadi.

A proposito, nel 2018 ci saranno le prossime Olimpiadi invernali. Come ci arriveremo, secondo voi?
Benki: Adesso abbiamo dei buoni talenti e c’è ancora tempo per allenarsi. Ci sono due o tre ragazzi che si sono guadagnati il posto per la Coppa del Mondo e hanno le carte in regola per la qualificazione olimpica. Hanno formato un bel gruppo, affiatato. A livello europeo, secondo me, siamo tra i più forti.
Buzzo: Vero, ma ci vuole ancora tanto lavoro per avere un risultato importante.
Manuel: Si sta evolvendo in meglio, sì. Ma a livello mondiale o europeo c’è ancora tanto da fare. Sono migliorati molto all’improvviso, questo è vero. Ma non siamo ancora competitivi con i più forti.

Ma non è che adesso perdono più tempo a farsi selfie in quota che a pensare ad allenarsi? Come la vivete questa cosa?
Manuel: Instagram e i video in generale sono un passo aventi super buono per me. Danno un apporto di immagine allo snowboard che prima non esisteva neanche. Serve tutto per far vedere e far conoscere meglio questo sport.
Benki: È un cambiamento necessario. Se vuoi seguire un po’ la corrente, devi far passare tutto da lì. Prima quando andavi in quota pensavi solo ad allenarti. Adesso devi prenderti un momento per farti due foto e postarle. Per forza.
Buzzo: Il web avvantaggia chi si sa vendere bene. Chi è forte non ne ha bisogno, in realtà. Ma gli altri si ritrovano con delle discrete opportunità, anche senza avere tutte queste capacità.
Benki: Ma è la gente che vuole questo. Purtroppo tutto è più social. Anche noi “vecchi” dovremo adattarci.

L’intervista è stata pubblicata su Rolling Stone di dicembre.
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