Su Instagram sesso e sessualità sono sempre più vietati | Rolling Stone Italia
Sessualità

Su Instagram sesso e sessualità sono sempre più vietati

Le nuove linee guida della app vanno a colpire ancora più duramente tutto ciò che è associato con la nudità e la sessualità – persino le emoji esplicite. Mettendo in difficoltà anche chi usa il social per fare educazione e sensibilizzazione

Su Instagram sesso e sessualità sono sempre più vietati

Negli ultimi giorni è arrivata una mail a tutti gli utenti Instagram in cui si comunicava che a partire dal 20 dicembre ci saranno degli aggiornamenti alle Condizioni d’uso del servizio e che continuando ad usare l’app gli utenti indicano di accettarle.

Nello specifico, le nuove condizioni d’uso descrivono nel dettaglio ciò che è consentito pubblicare in termini di nudo e atti sessuali – mentre in precedenza era vagamente dichiarato che ad essere vietati fossero contenuti raffiguranti capezzoli femminili, natiche in primo piano e rapporti sessuali, adesso vi è un’intera sezione a riguardo, classificata tra i “contenuti scabrosi”, insieme alle linee guida su contenuti che incitano all’odio, immagini forti e violente, adescamento, crudeltà e insensibilità. 

Scendendo nel dettaglio, la piattaforma dichiara che sono vietate immagini di adulti completamente nudi, genitali visibili (fatta eccezione per parto o altre situazioni correlate alla salute, come chirurgia di conferma del genere), “ano visibile e/o fondoschiena completamente nudo tranne se ritoccato su un personaggio pubblico” (mi chiedo cosa significherebbe esattamente quest’ultima – posso far vedere il culo solo se photoshoppato su Kim Kardashian? Oppure che solo Kim Kardashian può far vedere il culo?). E ancora, capezzoli femminili in vista (“tranne che nel contesto di allattamento al seno, parto e momenti successivi al parto, situazioni correlate alla salute o atti di protesta”), attività sessuali di qualsiasi tipo, stimolazione di capezzoli, uso di sex toys, e persino “contenuti fetish che riguardano atti che potrebbero causare la morte di una persona o di un animale, smembramento, cannibalismo, feci, urine, saliva, muco, mestruazioni o vomito”. 

Similmente, sono vietati contenuti digitali che rientrano nella loro definizione di atti sessuali, fatta eccezione per contenuti satirici e umoristici, educativi o scientifici. Inoltre, per prevenire l’“adescamento”, Instagram pone “un limite quando i contenuti facilitano, incoraggiano o coordinano gli incontri sessuali tra adulti” – forse dalla Silicon Valley si sono persi il fatto che sia più utile Instagram per scopare che qualsiasi app di incontri. Nello specifico questo include persino “emoji o righe di emoji specifici a livello di contesto o comunemente a sfondo sessuale” (tipo la melanzana o le goccioline), “espressioni gergali regionali a sfondo sessuale”, e anche solo “menzioni o illustrazioni di attività sessuale (comprese opere d’arte disegnate a mano, digitali o reali)”.

L’inasprimento di quelle che prima erano linee guida vaghe, si colloca in una serie di eventi che negli ultimi anni hanno visto una censura sempre più eccessiva di contenuti sessualmente espliciti – iniziata con Tumblr alla fine del 2018, un tempo paradiso del porno (per lo più amatoriale), poi totalmente vietato.

La causa di ciò si potrebbe collocare nelle pressioni degli investitori di questi servizi, che non vogliono vedersi associati ad un certo tipo di contenuti, unitamente all’entrata in vigore nel 2018 negli USA di leggi come la SESTA/FOSTA (acronimo di “Stop Enabling Sex Traffickers Act / Allow States and Victims to Fight Online Sex Trafficking Act”), che nel 2018 aveva lo scopo di limitare il “traffico sessuale” online, rendendo responsabili i gestori delle piattaforme dei contenuti postati a riguardo, ma nei fatti ha avuto l’effetto collaterale di marginalizzare ulteriormente i/le sex workers che usavano quelle stesse piattaforme per pubblicizzarsi, lavorare, o scambiarsi informazioni rilevanti sui clienti. Analogamente, diversi processori di pagamento, quali Stripe o PayPal hanno delle linee guida rigide nei confronti di “contenuti per adulti e pornografia”.

Per molti è evidente come queste politiche dei social mainstream (cui fa eccezione Twitter, su cui il porno è permesso, previo disclaimer legato all’età e contenuti sensibili) abbiano un bias verso account minori con pochi followers, e categorie già marginalizzate, quali i/le sex workers – tant’è vero che post e account di celebrità con milioni di followers e account verificati che posano in topless sulla spiaggia e pubblicizzano il loro OnlyFans non vengono rimossi.

E ancora, nonostante un portavoce di Facebook riferisca che “[su Instagram] permettiamo contenuti sex positive e discussioni [a riguardo]”, proprio in questi giorni la sociologa Silvia Semenzin di Virgin & Martyr – un collettivo sex positive che usa Instagram per fare educazione sessuale – si è vista l’account temporaneamente sospeso. E anche quando gli account non vengono completamente rimossi può scattare lo shadowban, una sorta di censura silenziosa per cui all’utente viene ridotta la visibilità ai propri follower e il suo username non compare nella barra di ricerca.

Quello di Instagram non è puritanesimo – molto più facile che l’obiettivo sia quello di fare quanti più soldi possibile, e questo include anche non allontanare un certo tipo di pubblico, considerato “sensibile” rispetto al tema. Tutto ciò è comunque sconfortante, anche perché finisce per relegare i contenuti a tema sesso e sessualità a una dimensione “altra” da nascondere, ghettizzandoli ancora di più. 

Non è chiaro – ma è probabile – se le nuove linee guida avranno funzione retroattiva e come funzionerà l’algoritmo che elimina post e account per le loro violazioni. Nel dubbio, chi usa il sesso e i social per lavorare dovrà trovare modi per adattarsi, seppur con grandi difficoltà, a chi vuole farlo sparire da tutte le piattaforme.