Come il clitoride è diventato il simbolo del nuovo femminismo | Rolling Stone Italia
Sessualità

Come il clitoride è diventato il simbolo del nuovo femminismo

Fino a qualche decennio fa il clitoride era ancora una presenza semi-sconosciuta. Oggi, grazie anche a una migliore conoscenza dell’anatomia femminile, è al centro della rappresentazione artistica di ispirazione femminista

Come il clitoride è diventato il simbolo del nuovo femminismo

STEFANO RELLANDINI/AFP via Getty Images

L’arte applicata all’attivismo femminista ha portato il corpo delle donne nel dibattito pubblico, nelle piazze e nelle strade. È successo a Parigi, dove il gruppo femminista “La Gang du Clito” ha installato al Trocadero, il belvedere davanti alla Tour Eiffel, un clitoride gonfiabile di diversi metri per celebrare l’8 marzo. “Denunciamo pubblicamente il ritardo nella ricerca della medicina sessuale sul clitoride. C’è chiaramente una disparità di trattamento con il pene. Un quarto delle ragazze non sa di avere un clitoride e l’82% non sa nemmeno che è un organo erettile ed erogeno”, ha detto Julia Petri, la fondatrice del gruppo. Ovvero, dal clitoride dipendono gran parte degli orgasmi femminili e le donne ancora non lo sanno. In Francia, il clitoride ha fatto la sua prima apparizione sui manuali scolastici di anatomia solo nel 2017. 

A Bruxelles, il comune di Saint Gilles ha omaggiato la giornata internazionale dei diritti delle donne con la grafica di un clitoride gigante. “Da qualche anno, le rappresentazioni di clitoridi sono diffuse ovunque per le strade, i profili Instagram, le librerie…L’organo femminile del piacere è diventato un simbolo femminista e di emancipazione politica. Questo 8 marzo noi lo abbiamo scelto per decorare la facciata del Comune, come omaggio alle donne, un invito a trovare il proprio posto nella vita e in città”, ha detto su Twitter Catherine Morenville, consigliera comunale di Saint Gilles. 

A Bologna il collettivo Cheap si occupa da tempo di rappresentazione dei corpi nello spazio pubblico, unendo arte e femminismo intersezionale. “Noi abbiamo già fatto degli interventi a base di vulva.  A giugno dell’anno scorso siamo uscite con ‘La lotta è fica’. Ora con un po’ di capezzoli, quindi sì è anche verosimile che presto tocchi al clitoride”. Sara Manfredi, tra le sei fondatrici del gruppo nato nel 2013, ha raccontato a Rolling Stone come il tema dei corpi, e del corpo femminile in particolare, sia fondamentale nella ricerca artistica del collettivo. Perché si può mostrare il seno di un uomo ma non quello di una donna? 

Una delle opere del collettivo Cheap

L’ultimo lavoro del collettivo artistico Cheap si chiama “Tette fuori”, realizzato in collaborazione con School of feminism. I poster affissi nelle strade del centro di Bologna invitano ancora a riflettere sul tema dell’ipersessualizzazione del corpo femminile e del doppio standard che innalza la donna a oggetto di desiderio maschile. La formula scelta dal collettivo è la street art come strumento di indagine del territorio. “Abbiamo scelto un segmento molto netto, la poster art e il paste up, cioè l’utilizzo della carta e della colla perché a nostro avviso rappresentava in maniera più completa il carattere effimero dell’arte urbana”. All’espressione effimera si abbina il carattere corale e intersezionale dell’espressione artistica: “È un meccanismo di decolonialità, perché sguardi diversi sul tema vanno a minare la bianchezza dei nostri sguardi”, spiega Manfredi, in riferimento alla call for artists “Post 2021 – niente dura per sempre”.

Il primo studio scientifico completo sul clitoride risale al 1998. Helen O’Connell, professoressa di urologia all’università di Melbourne è stata la prima a ricostruirne l’estensione della nervatura. Fino a quel punto la medicina si interessava pochissimo della sessualità femminile, per questo lo studio della dottoressa O’Connell viene considerato la base per capire le funzioni e l’anatomia del clitoride. Dalla ricerca sono seguite alcune conclusioni: il clitoride non è un “pene venuto male”, ma ha una valenza anatomica che riguarda anche e soprattutto la sfera del piacere. 

Il disinteresse della medicina e della scienza per le funzioni del clitoride si iscrive in una questione più ampia, che è quella di come la scienza medica ignori il corpo femminile e sia basata essenzialmente sul corpo maschile. In The health gap la Bbc ha dedicato un’inchiesta approfondita al modo in cui uomini e donne fanno esperienze radicalmente diverse del sistema sanitario e del proprio corpo. 

Il clitoride è stata la prima vittima di teorie oscurantiste, che continuano a sopravvivere ancora oggi, come per la mutilazione genitale femminile. Secondo i dati Unicef aggiornati al 2020, ancora 200 milioni di donne e bambine in 31 Paesi sono sottoposte a questa pratica, che prevede il taglio e la mutilazione degli organi sessuali femminili esterni, come il clitoride. Eliminato il piacere, eliminata la donna. Ereditiamo una cancellazione cognitiva del piacere e secoli di elucubrazioni maschili sulla figura femminile: la donna madre, la donna angelo, la donna sollievo di tutti i mali del mondo.

È spesso difficile spiegare la resistenza di certe idee fallocentriche. Una possibile spiegazione è la cancellazione del piacere, che si trasforma oggi in nuova consapevolezza: la donna non subisce il piacere in funzione dell’uomo, ma lo prova proprio come gli uomini. Il clitoride è diventato il simbolo femminista per rivendicare non solo la parità di genere a livello politico e sociale, ma anche un mezzo di (nuova) liberazione sessuale e cognitiva.

Un tentativo di rimettere il sesso femminile in prospettiva è Clit revolution, un libro e una serie tv-documentario di Sarah Constantin, giornalista, e Elvire Duvelle-Charles, regista.  Le evidenze della mancanza di consapevolezza rispetto al sesso e al piacere femminile sono innumerevoli: mancanza di accettazione, donne che non riescono a disegnare il proprio organo genitale femminile, ci sono anche donne che trovano il proprio sesso “rivoltante”. Constantin e Charles decidono allora di partire “alla scoperta del clitoride” in giro per il mondo e capire come le donne stanno riprendendo confidenza con il proprio piacere.

La rivendicazione del piacere femminile non è un tema nuovo per i femminismi, ma ha assunto una dimensione artistica potente negli ultimi anni. Nel 2014, l’illustratrice svedese Liv Strömquist ha pubblicato Il frutto della conoscenza, una serie a fumetti che ripercorre la storia dell’organo sessuale femminile visto dagli altri, ovvero prevalentemente scienziati, studiosi, filosofi, storici, uomini che hanno cancellato il piacere femminile dalla storia e dalla cognizione umana.

Una delle opere del collettivo Cheap

A questo proposito, Manfredi del collettivo Cheap fa qualche esempio di cambiamento nella storia recente del femminismo: “Possiamo anche solo partire dagli anni ‘70, delle registe e attrici che nel settore del porno rivendicavano un porno femminista perché sostenevano che il problema fosse la necessità di avere un porno migliore, che non perpetuasse gli stereotipi di razza e di genere propri del patriarcato. Anche i movimenti sex positive e queer dagli anni ’90 ha rivendicato il desiderio, il piacere non eteronormato. È un bagaglio culturale, politico, artistico che in questi anni sta vivendo un altro momento di crescita e espressione”.

La sfida del nuovo attivismo femminista, che si concretizza anche grazie all’utilizzo di social e della nuova street art, in installazioni artistiche e flash-mob, è conservare lo spirito originario del femminismo. In modo che non diventi escludente di altre situazioni di discriminazioni, come nel caso del movimento TERF (Trans-Exclusionary Radical Feminism) contro le persone transgender. Oppure nella dinamica dei rapporti di potere e di classe, che spingono le donne ai margini della società a causa delle disuguaglianze economiche.

Giriamo la domanda anche al collettivo Cheap: il femminismo più pop e visuale, rischia di oscurare le altre rivendicazioni? “È una sfida, lo è anche saper usare l’ironia e stimolare l’empowerment. In alcuni progetti questo siamo riuscite a farlo, attraverso la rappresentazione di un immaginario realmente intersezionale. Le arti visive lo fanno con gli strumenti delle arti visive. Angela Davis ha scritto Donne, razza e classe nel 1985. Quanto ci è voluto a un testo fondamentale del femminismo intersezionale per avere una rilevanza a livello mondiale? Il desiderio e il piacere sono un serbatoio di forza e potenza incredibile e penso che siano esattamente i liquidi incendiari necessari a far detonare la bomba”.

Sintetizzando: è un processo lento e mutliforme. Resta il cambiamento di prospettiva sul piacere femminile, centrale per rendere la donna consapevole della possibilità di scegliere la propria identità, contro tutti gli stereotipi.