'Senza Rossetto', il miglior podcast femminista d'Italia | Rolling Stone Italia
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‘Senza Rossetto’, il miglior podcast femminista d’Italia

Abbiamo intervistato Giulia Cuter e Giulia Perona, le due ragazze classe '90 dietro al podcast dedicato alla figura femminile di ieri e di oggi, raccontata attraverso la letteratura

‘Senza Rossetto’, il miglior podcast femminista d’Italia

Giulia Cuter e Giulia Perona, le autrici del Podcast 'Senza Rossetto'

Ben prima che #metoo rendesse tutti — anche se magari solo superficialmente — sensibili alle tematiche femministe, due diplomate della scuola Holden si misero a spulciare l’archivio digitale del Corriere della Sera allora appena reso accessibile, con l’intenzione di proporre un progetto per la rubrica la 27 Ora. La collaborazione col quotidiano non si fece più, ma da quelle discussioni nacque Senza rossetto, podcast letterario (prodotto dalla maggiore piattaforma italiana per radio online, Querty) che combina domande “femministe” con racconti inediti di scrittrici italiane.

Provo sempre un po’ di imbarazzo nel definire qualcosa come femminista, ecco il perché delle virgolette: non per scetticismo ma perché il termine identifica uno scarto o una discriminazione che non dovrebbe più esistere. Ma la serenità e la trasparenza con cui lo usano Giulia Cuter e Giulia Perona, entrambe nate nel 1990, rilassa immediatamente la postura tesa rispetto all’argomento: a partire dal nome del podcast, le due autrici hanno trovato la formula ideale per raccontare donne & letteratura nel nostro paese. Il podcast è “senza rossetto” perché era questa la richiesta alle prime donne che votarono nel 1946, affinché non lasciassero segni sulla scheda elettorale dentro la cabina. Ma se ci è chiesto di votare indiscriminatamente ci deve però anche essere permesso di condurre la nostra esistenza senza differenze.

Il podcast di Giulia e Giulia — giunto adesso alla terza edizione — ha il pregio di semplificare senza appiattirle simili contraddizioni e considerazione, anche grazie alle diverse scrittrici invitate in ogni puntata a rispondere a una domanda con un racconto inedito. Sono passate autrici come Giulia Blasi, Violetta Bellocchio, Elena Stancanelli, Arianna Giorgia Bonazzi. E se la prima stagione era dedicata al passato e quella successiva al presente, per l’edizione 2018 le due Giulie si sono volute concentrare sul futuro, inaugurando la serie con nientemeno che Bianca Pitzorno. Il best seller della scrittrice sarda si intitolava Ascolta il mio cuore e — per chi lo amò da bambino — è il libro perfetto per descrivere l’intero progetto radiofonico. Negli anni Senza rossetto è cresciuto, ampliando il proprio network di affezionati, espandendo le puntate grazie a una newsletter e coinvolgendo illustratrici come Giulia Sagramola e Sarah Mazzetti. Per rimediare al ritardo con cui arriviamo alle due Giulie le abbiamo intervistate su tutti i perché e i percome del — possiamo dirlo? — primo e migliore podcast italiano dedicato al femminismo.

Una domanda un po’ cretina ma: se il podcast non fosse nato com’è nato, avreste ugualmente pensato a Senza rossetto? Al di là della missione culturale cruciale del podcast, perché lo fate?
Abbiamo iniziato questo progetto con la curiosità e la voglia di sperimentare, al di là del possibile committente o piattaforma su cui sarebbe apparso il progetto. Abbiamo messo insieme argomenti e forme che ci interessavano (il femminismo, la storia, la radio, la letteratura). Per cui probabilmente sarebbe esistito in ogni caso. Ci sta dando tantissimo: abbiamo incontrato autrici, illustratrici, partecipato a eventi e conosciuto persone che sono diventati veri amici. I contatti e la rete che si è generata intorno a Senza rossetto è sicuramente uno dei motivi per cui portiamo avanti questo progetto. C’è tanto lavoro dietro il podcast e la newsletter, lo facciamo senza un budget e nel tempo libero dal nostro lavoro principale, ma l’affetto che si è generato intorno a Senza rossetto ci ha dato la motivazione per proseguire. Poi, andare a cena da Bianca Pitzorno vale già tutta la fatica degli ultimi tre anni!

Come avviene la produzione? Non si parla mai di come vengono sviluppati progetti nati “a lato” ma di successo: sono proprio curiosa di sapere come concretamente decidete e assegnati temi, registrate le puntate e così via…
Solitamente, dopo mesi di brainstorming, verso dicembre cerchiamo di definire quale sarà il tema della stagione e a gennaio iniziamo a definire meglio le singole puntate con i macro argomenti che vorremmo trattare. A febbraio inizia lo scouting delle autrici: a partire dalla struttura che ci siamo date proviamo a capire chi sarebbe la persona ideale per la singola puntata. Ne parliamo tra di noi e con le persone che ci stanno intorno: i ragazzi di Querty, amici, giornalisti e persone che conosciamo e che lavorano nell’editoria. In pratica con persone di cui ci fidiamo. Con la terza stagione per esempio avevamo definito di voler coinvolgere autrici che avevano scritto per ragazzi o che comunque avessero l’esperienza di quel mondo letterario, per cui abbiamo chiesto consiglio a persone che ruotano intorno all’editoria per ragazzi. Tra febbraio e marzo cerchiamo di chiudere la squadra di autrici e iniziamo a pensare a tutto quello che sta intorno: per esempio, le illustratrici. Aprile e maggio sono i mesi delle registrazioni e quindi un tetris per cercare di incastrare tutte le persone coinvolte nei giorni di registrazione: noi due, la scrittrice, il nostro producer Matteo Scandolin e i nostri tecnici di Studio Zinghi. Pensiamo anche a un piano stampa, con giornalisti e testate che potrebbero essere interessate al progetto e iniziamo a contattare realtà sul territorio che potrebbero ospitare una presentazione del progetto. A giugno poi si va online e da lì è un po’ una rincorsa tra le puntate da chiudere, le newsletter da scrivere, gli eventi da fare. È un periodo concitato, ma anche molto divertente e sicuramente dà il senso del perché lo facciamo. Ovviamente alla prima stagione era tutto più complicato, non conoscevamo nessuno e nessuno conosceva noi e il progetto. Adesso che siamo alla terza stagione iniziamo ad avere alcuni punti di riferimento e, a volte, capita che siano gli altri a cercare noi.

Come scegliete gli inframezzi sonori e musicali?
Tutti gli effetti sono frutto invece del lavoro di Greg Dallavoce e Studio Zinghi, a cui ci affidiamo per il montaggio e il confezionamento delle puntate. A inizio lavorazione spieghiamo il mood della stagione e loro ci fanno alcune proposte di sigla e tappeti sonori. Quando poi scriviamo la puntata diamo delle indicazioni di massima di come vorremmo il montaggio sonoro, ma ormai lavorano piuttosto liberamente. Abbiamo iniziato questa collaborazione con loro dalla seconda stagione e conoscono bene lo spirito del progetto, cosa ci piace e cosa no.

Trovo Senza rossetto il miglior podcast italiano in circolazione. Mi ha fatto pensare a The Broad Experience o a Strangers di Lea Thau, ma in Italia secondo me batte proprio tutti. Avevate un modello di riferimento e che podcast simili o dissimili potreste consigliare, in Italia e nel mondo?
Un modello di riferimento vero e proprio non l’abbiamo, anche perché per costruire Senza rossetto ci siamo ispirate a tante cose, non solo podcast. Un esempio fra tanti che potremmo farti è la serie di documentari del Guardian Vagina Dispatches, di cui ci piace molto il tono a metà fra il divulgativo e il biografico/autobiografico. Podcast che ci piacciono e trattano temi simili al nostro (anche se quasi mai attraverso la letteratura) ce ne sono molti, soprattutto stranieri: Women of the hour di Lena Dunham, Call your girlfriend di Aminatou Sow e Ann Friedman, Strange Bird di Mona Chalabi, 2 Dope Queens… In Italia il mercato è più ridotto, soprattutto con queste modalità e su questi temi. Ultimamente stanno nascendo alcune cose, ad esempio Morgana con Michela Murgia o il podcast letterario di Rivista Inutile Racconti che ogni settimana propone uno dei racconti pubblicati sulla rivista in formato radiofonico. Poi ci sono alcuni programmi radiofonici di stampo narrativo che seguiamo da tempo, ad esempio quelli di Matteo Caccia sulla Rai. Però quando siamo nate, nel 2016, gli esempi italiani a cui ispirarsi erano davvero pochi in Italia.

Mi avete definitivamente conquistata con Bianca Pitzorno. Per molti è stata una lettura fondamentale dell’infanzia, ma quando sono cresciuta è sparita dal mio radar. Mi chiedo se un podcast come Senza rossetto possa essere usato anche per ridare visibilità a voci più marginali o dimenticate — non che la Pitzorno lo sia in questo caso — e che in realtà hanno o hanno avuto un impatto, anche se obliquo. Mi vengono in mente per esempio Grazia Cherchi, come operatrice culturale, o Silvana Gandolfi se ripensiamo alla letteratura per ragazzi.
Per noi è strano pensare a Senza rossetto come un progetto in grado di ridare visibilità a grandi voci del passato. Collaborare con un’autrice come Bianca Pitzorno probabilmente ha insegnato molto più a noi di quanto Senza rossetto possa aver insegnato a lei, però certamente è stata una bella occasione di incontro e dibattito con una generazione molto distante dalla nostra. Diciamo che non ragioniamo quasi mai in termini di autrici che vorremmo coinvolgere prima di aver deciso di cosa vogliamo parlare e come vogliamo farlo, quindi a meno di non costruire un’intera stagione sul concetto di voci marginali/dimenticate non è detto che questo succeda.

Se doveste scegliere un’arte o un media che racconta al meglio le tematiche femministe, quale sarebbe?
Se dobbiamo pensare a ciò che abbiamo visto intorno a noi negli ultimi mesi e ci ha colpito, sono sicuramente tutte le artiste di stand up comedy che hanno conquistato un pubblico più ampio: pensiamo alla bellissima Mrs Maisel e al recente show Nanette di Hannah Gadsby. Si tratta di un ambiente molto maschile, spesso maschilista, in cui le voci femminili si sono sentite poco e non sono state valorizzate. Ci sembra che tutti gli esempi e le comiche siano capaci di affrontare la realtà con la sincerità e l’irruenza che contraddistingue quest’arte. È molto potente e racconta bene il mondo in cui viviamo. In ogni caso, è difficile definire un singolo modo per raccontare la questione femminile, ma intorno a noi ci sono un sacco di esempi interessanti, nella loro diversità.

Avete fatto una campagna crowdfunding, siete appoggiate da varie testate online e potete contare su un’ottima rete di colleghi e amici affini. Ma se aveste risorse infinite, cosa fareste per Senza rossetto?
Sicuramente la prima sarebbe riuscire a rendere il progetto accessibile ad un pubblico più ampio anche dal punto di vista linguistico e quindi poterlo portare in giro ancora più di quello che stiamo facendo. Poi ci piacerebbe poter ripagare il lavoro di tutte le persone che in questi anni ci hanno volontariamente dato una mano, e non parliamo solo delle persone di cui il lavoro concreto si vede ma anche di quegli amici che ci hanno dedicato una giornata per girare un video promozionale, che hanno trovato posti in cui presentare Senza rossetto e via dicendo. Tutta una rete di persone che ha reso possibile questo progetto perché ha creduto in noi senza volere nulla in cambio. Poi chissà? Pensare così in grande è molto difficile, perché abbiamo sempre fatto tutto un passo per volta, cercando di fare qualcosa che fosse utile, bello e divertente.

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