Rosiconi di rosiconi di rosiconi | Rolling Stone Italia
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Rosiconi di rosiconi di rosiconi

Nozze reali e paese reale: un ruttino di prima mattina. Con la mano davanti alla bocca, siamo gente per bene.

Rosiconi di rosiconi di rosiconi

Non so molto del matrimonio del secolo – colpa mia, reo confesso di radical chicchismo – e proprio per questo sento l’urgenza di scrivere queste poche righe, per l’appunto, poco informate. In superficie, come si conviene ad una persona del mio livello culturale, mi toglierò quindi lo sfizio di sparare quattro cazzate per guadagnare qualche follower, che non guasta mai.

Intanto ho molto apprezzato l’eco del dibattito chi c’è/chi non c’è, in tutto e per tutto uguale ad ogni matrimonio, dalla Sila ai salotti di porta Venezia a Milano. Un poco mi è stato di conforto: le care vecchie tradizioni. Come leggo stamane sui siti, non essendo ancora sceso a comprare i giornali-di-carta e non avendo l’abbonamento digitale perché sono MOLTO radical chic e i giornali li compro in edicola – la principessa vestiva di bianco, in lungo, con braccia e collo coperti. Ho molto apprezzato. Non ho apprezzato le timeline strapiene di gente che li insultava; mi scervello ma non capsico che cacchio abbiano fatto di male.

Dov’è il problema? Giovani, ricchi e famosi si sposano come i giovani ricchi e famosi, o no? Loro sì rosiconi, gli insultatori delle popstar ricche e famose. Ingenuo, mi direte: son sempre lì a raccontare i fatti loro, ovviamente poi la gggente diventa portinaia e commenta, cuoricina, offende e insulta – e mi perdonino le portinaie, a cominciare dalla mia, che fuma 60 sigarette al giorno in due metri quadri d’ufficetto, si fa i fatti suoi e manco sa chi vive al terzo piano figuriamoci se pensa al royal wedding.

Epperò che bei tempi signora mia quando in attesa di un matrimonio il vociare era un sussurro malevole e indistinto e a voce alta potevan parlare solo gli sposi, raggianti o preoccupati, quando proferivano il loro sì! Ma i due ragazzi sono popstar, direte voi saggi, e piuttosto sgamati e per di più sfondati di soldi. La gggente ha sempre amato (odiato) i matrimoni reali. Insomma, un colpo al cerchio, uno alla botte e hanno tutti ragione, come si conviene a faccende di nessuna importanza.

Mentre m’intrattengo con queste pensate da quatto soldi m’imbatto nelle notizie sul principale concorrente social dei suddetti principi – il nostro Ministro dell’Interno. Comincia a stufarsi delle sagre e a frequentare le élite. Se ne va a Venezia ad accompagnare la sua signora che ritira un Premio al Festivàl del Cinema (non ho voluto approfondire natura e motivazioni del premio) e poi a Monza; Gran premio d’Italia. Ohibò, ma sono eventi esclusivi! Per pochi! Per le élite – o per gli oligarchi scegliete voi. Lo straziante e pettoruto Ministro degli interni (stavo per scrivere Primo Ministro, giuro) che si offre sui social quanto e più delle giovani popstar oggi spose, dovrebbe essere tuttavia avvisato che non è una popstar, lui. Che è in debito quotidiano con noi, debito che può saldare sgobbando ventre a terra 24 ore al giorno, dato l’incarico delicato.

Ma di nuovo, non siamo moralisti: dopo il lavoro, nelle segrete stanze e senza mandarci foto perché la situazione è seria, serissima, siamo circondati da nemici cattivissimi e quindi meglio operare con fermezza, risolutezza e discrezione, nevvero?, potrà andare a farsi una passeggiata a Venezia – con la cravatta! – o al GP. Se invece con volo social diretto e ubiquo viaggia dalla sagra del muso di porco al GP senza passare dall’ufficio, allora no, caro Ministro. Ha capito male. Vada a lavorare, cortesemente. Non la sente la vocina nella testa? Gli italiani in fondo non sono ebeti come vorrebbe lei.

Le armi che usate, cari populist-sovranisti, saranno usate contro di voi. Nei bar non sono contenti che il Primo Ministro (azz, ancora: Ministro degli interni) si goda la vita, perché quanti lo amano lo fanno in nome dell’odio verso gli altri, odio irrazionale e rosicone. Quello della povera gente che in assenza di un futuro si accontenta di un nemico e di un eroe. Non ci sarebbe nessuno da odiare se non dicessero il contrario tutti i giorni e prima o poi gli istigatori dell’odio saranno odiati quanto gli altri – negri, froci e radical chic come noi. Chi semina vento raccoglie tempesta, dicono i Cristiani.

La qualità del consenso non andrebbe poi sottovalutata: i grandi numeri, anche sparati a cazzo, come i “60 milioni di italiani” dalla sua parte, non danno sicurezza alcuna – a questo proposito un consiglio spassionato: ci vada piano con le iperboli. Chi si crede di essere Berlusconi? Sui social va però davvero forte; ma qual è la qualità del rapporto con la sua fanbase? È solido? È un matrimonio all’antica o un ritorno di fiamma, ora che è famoso, potente e ha finalmente ottenuto l’agognata promozione? Adesione superficiale e passeggera, almeno così si spera da queste parti, e nonostante la colossale incapacità di combatterlo da parte di chi dovrebbe farlo. Quando i follower di Salvini capiranno di non essere stati invitati al banchetto di nozze, beh, s’incazzeranno di brutto. E quando capiranno che manco c’era il banchetto al quale essere invitati, si incazzeranno ancora di più. Non vediamo l’ora. Quindi occhio ai rosiconi dei rosiconi, caro Ministro. Lo dico per il suo bene – ora qui dovrebbe esserci un’emoticon, che però non so fare, quindi immaginatevelo.

La notiziola che sembra fatta apposta per concludere il mio ruttino del mattino su rapporto tra qualità e quantità del consenso è questa. Nell’alta borghesia illuminata e progressista è consuetudine apprezzata quella di preferire ai regali di nozze le opere di bene. Abitudine sempre più diffusa. Lo hanno fatto anche il principe e la principessa, Dio ce li conservi. Hanno chiesto ai loro 20 milioni di follower di fare una donazione in favore di persone o gruppi di persone bisognose, a loro volte segnalate dai follower stessi. Una mossa senza dubbio radical chic. In venti milioni hanno versato in totale 23.655 euro. In media circa 0,001 (un millesimo) di euro a testa. Quantità: venti milioni di persone. Qualità: un millesimo di euro. Meglio che niente, è grasso che cola, non era dovuto ed è una bella cosa. Soprattutto è meglio dei 49 milioni di euro (6 centesimi per ogni italiano) che il Ministro degli Interni deve a tutti noi.
E su questo, in 60 milioni, siamo davvero tutti con lei. Cuoricino.

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