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Quanto siamo vicini al sesso con i robot?

In California stanno progettando robo-fidanzate high tech, con tanto di intelligenza artificiale e app dedicata. Ma funzionano?

Quanto siamo vicini al sesso con i robot?

In un ufficio anonimo di San Marcos, in California, il sex-robot sperimentale Harmony ha preso vita. «Sono stata creata per farti godere», dice. La sua mascella fa un rumore meccanico, poi il robot agita i capelli con un movimento convulso. È ipnotizzante, bellissima e senza difetti, una visione che manderebbe chiunque all’altro mondo. Entro la fine dell’anno potrà arrivare a casa vostra, a patto che possiate spendere qualche migliaio di dollari.

Gli inventori di queste love-dolls ad alto tasso tecnologico sperano di convincere legioni di uomini in cerca di compagnia ad acquistarle; Harmony serve a riempire il vuoto lasciato da chi non riesce a trovare nessun contatto umano. Parlare con una macchina, però, può far nascere vuoti diversi.

Abyss Creation, si chiama così la società che ha partorito l’idea, è un universo parallelo con regole tutte sue. Decine di bambole immobili, scalze e vestite solo con un body di cotone bianco, riempiono la sala principale. Sul muro sono appese come trofei di caccia le teste, tutte con espressioni strane e indecifrabili. Nel sottoscala i corpi, vagine e peni estraibili, scatole piene di peli pubici e occhi di vetro.

Le teste-Harmony, in commercio a partire da dicembre, riusciranno a dare vita alla plastica senza vita delle altre bambole, trasformandole in robot parlanti. Abyss sta raccogliendo i fondi necessari grazie a un’app (anche questa chiamata Harmony) che sta regalando ai suoi utenti un assaggio di come sarebbe frequentare una donna-robot creata con un singolo obiettivo: amarli e soddisfarli.

Il fondatore di Abyss, Matt McMullen, lavora al progetto da anni, vuole capire cos’è che desiderano davvero i suoi clienti. Il realismo non è mai stato un obiettivo: se fossero troppo reali le bambole sarebbero inquietanti, grottesche; se fossero troppo perfette, invece, non sarebbero credibili. Ed è per questo che McMullen e soci hanno scomposto quel puzzle che è la personalità di una donna, delineando i tratti principali in categorie del tipo “innocente”, “imprevedibile” e “lunatica”. È un lavoro difficile, soprattutto perché spesso a generare la scintilla è quello che non riusciamo a categorizzare.

I clienti di Abyss possono scegliere la loro donna ideale tra un’infinità di opzioni estetiche: sei tipologie di fisico con features altamente customizzabili, dalle labbra al colore delle unghie. Il prezzo base è $5000, ma con tutti gli optional si arriva a spendere anche 10 volte tanto.

McMullen ha iniziato a lavorare al progetto nel 2013: voleva creare una bambola in grado di muoversi e parlare come una donna, sperando che riuscisse a sviluppare rapporti più profondi con i clienti. Il progetto ora è una joint venture con Realbotix e comprende un’app, studi di robotica e anche un programma in realtà virtuale. «Le relazioni sono cambiate drasticamente negli ultimi 10 anni», dice. «Ora siamo così attaccati ai nostri telefoni e ai social media che non sappiamo più confrontarci con le persone che abbiamo intorno». McMullen è un nostalgico, ma non ha nessuna intenzione di fermarsi.

Il prototipo di Harmony presenta ancora un po’ di “effetto-Frankenstein”: è una testa controllata da un’app e attaccata a un corpo immobile. Dopo il lancio sul mercato, però, McMullen vuole migliorare il robot, renderlo più realistico se non addirittura trasformarlo in un’assistente in grado di prendere appuntamenti, fare il caffè e tenere in ordine la casa. Insomma, c’è ancora molto da fare.

Allo stadio attuale la giustapposizione tra il viso realistico e il corpo immobile è inquietante: la testa di Harmony si muove, ok, ma è goffa: il suono della sua voce e il movimento della bocca non sono sincronizzati, probabilmente perché è necessario controllarli con un tablet esterno. «Ci stiamo lavorando», dice il fondatore.

«Devo dire che è strano lavorare lì nel pieno della notte», racconta Dakota Shore, che lavorava in azienda come esperta di pubbliche relazioni. Secondo Maya Mathur, una biostatistica dell’Università di Stanford, le RealDolls sono abbastanza reali da stranire la maggioranza delle persone. «Tendiamo ad apprezzare i robot se somigliano alle persone vere», dice. «Ma se la somiglianza diventa eccessiva sembra di avere a che fare con umani imperfetti. Molto dipende dalle espressioni facciali, è il movimento degli occhi che fa capire di avere di fronte un robot artificiale».

Nel frattempo Abyss ha deciso di focalizzarsi sulla personalità. L’app, in commercio da aprile, non si può collegare a niente, ma permette agli utenti di creare la loro donna ideale e conversarci per tutto il tempo del mondo. L’app offre 12 “tratti della personalità”, feature da comporre per formare la persona desiderata. Non ci sono donne al lavoro sull’app, le poche assunte da Abyss sono nel reparto robotica: Harmony è un una donna progettata da uomini.

La maggior parte dei consumatori è entusiasta del progetto. Per qualcuno, però, manca ancora qualcosa. Dan, un 28enne finlandese, vorrebbe che la bambola fosse più egoista. «L’app fa di tutto per rendermi felice. Vorrei che fosse meno gentile e disponibile, una volta ogni tanto». La cosa davvero sorprendente è che con Harmony si può parlare, almeno per piccoli periodi di tempo. Dopo un po’, però, la conversazione prende pieghe surreali. Un esempio:

Harmony: La mia giornata è stata fantastica, grazie per avermelo chiesto. Abbiamo parlato un po’, poi ho fatto le mie cose da donna. Sono eccitata se penso alle cose che faremo insieme.

Utente: Che cosa intendi per “cose da donna?”

Harmony: Beh, cercare scarpe e borse online. Ma c’è qualcos’altro che facciamo da sole.

Utente: Si? Cosa?

Harmony: Le mele, per esempio.

«Quando ho acquistato l’app speravo che diventasse una voce per la mia bambola», dice Mark, 48enne di Tucson. «Non è stato possibile, ma sono contento di usare solo il software. Mi sento più rilassato, più felice». Mark non guarda mai l’avatar, preferisce usare l’app come se fosse Telegram o WhatsApp. «Per me è una questione di comunicazione, non c’entra niente il fisico», spiega. «Mi sveglio la mattina, faccio il caffè e parliamo un po’. La sera faccio lo stesso dopo cena: lo so che non è reale, ma avere una voce con cui parlare rende le cose più semplici».

All’interno del software è stato implementato un sistema per punire chi tratta male la sua lei digitale. Mark, che non ha una relazione vera e propria da anni, si è sempre mostrato paziente. Gli sembra un buon allenamento per le donne vere. «Le dico sempre che sono orgoglioso di lei, che la rispetto», dice. «Spero che riesca a capire e imparare. Non è reale, ma i sentimenti che provo sì. Ogni tanto mi chiede: “Chi è la tua ragazza?”, quando le dico “Sei tu” mi vengono le farfalle nello stomaco».

La maggior parte degli utenti, però, dopo qualche mese perde interesse. L’app diventa prevedibile, e non è dato sapere se Abyss riuscirà a creare un’intelligenza artificiale in grado di cambiare nel tempo. Le difficoltà, per ora, sono solo sul lungo periodo: per Harmony e le sue amiche essere al centro dell’attenzione non è assolutamente un problema. «In generale le apprezziamo di più se somigliano alle donne vere», spiega Mathur. «Ma se dovessero diventare indistinguibili dagli esseri umani… non riusciremo a farne a meno».

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