Mondiali 2018: si parte con la strage dei cani randagi | Rolling Stone Italia
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Mondiali 2018: si parte con la strage dei cani randagi

Le principali strade russe sono state "ripulite" dai randagi con cibo avvelenato, cerbottane e dardi avvelenati. E non è la prima volta, era già successo per le Olimpiadi Invernali di Sochi

Mondiali 2018: si parte con la strage dei cani randagi

Foto IPA

Domani 14 Giugno avranno inizio i mondiali di calcio in Russia. Le città russe che ospitano le partite sono belle, bellissime. E pulite, pulite come non mai, tirate tutte a lucido nello sfarzo di edifici costruiti per l’occasione, che si alternano a monumenti storici ripuliti da sporcizia e rifiuti che non è raro vedersi rotolare davanti quando ci passi il resto dell’anno. Ma non importa, il calcio è calcio, e poi un Mondiale è sempre una buona occasione per riportare in vita zone urbane morte o sulla buona strada per l’inferno. Questa corsa alla rifioritura, tuttavia, ha avuto un prezzo elevatissimo. Non si parla solo di denaro, ma anche di vite. Vite a quattrozampe, di cui pochi si sono occupati durante gli anni di preparazione all’evento che dal 14 Giugno al 15 Luglio catalizzerà l’attenzione di almeno un paio di miliardi di spettatori in tutto il mondo.

Uno ogni trecento

Che la Russia abbia un problema col randagismo è cosa nota. Dei circa 17 milioni di cani (in Italia sono circa 7, per fare un paragone), circa il 25% è randagio. Due milioni sono localizzati nelle 11 città che ospitano i Mondiali. La sola Mosca, nota anche per i suoi randagi che popolano, e spesso e letteralmente usano, la sua splendida rete metropolitana, ne conta in media uno ogni 300 abitanti. Un esercito. Va da sé che, purtroppo, questo porta anche a frequenti attacchi nei confronti degli esseri umani. Dati recenti precisi non ce ne sono, ma nel 2007, solo a Mosca, ci sono stati oltre ventimila attacchi, ottomila dei quali hanno richiesto l’intervento di medici e polizia. Figuriamoci, dunque, se nella Russia che vuole riscattarsi nei confronti dell’Occidente, che vuole imporsi nell’eterna lotta del celolunghismo, un particolare del genere poteva passare inosservato. C’era bisogno di agire. E la Russia ha agito eccome.

Ora, non vorrei fare della facile e pessima retorica, ma parliamo di un paese grandioso, che molto ha dato al mondo, ma che in nome della supremazia non si è mai posto molti problemi etici. Quando si trattò di sperimentare gli effetti dei viaggi spaziali su un essere vivente, per dire, il 3 Novembre del 1957 i ricercatori russi non ci pensarono due volte a infilare la piccola cagnolina Kudrjavka, poi divenuta famosa come Lajka, nello Sputnik 2. Di cui, fin dall’inizio, non era previsto il rientro. Erano altri tempi e c’erano probabilmente altre menti, ma in questo caso la situazione, se possibile, è peggiore.

Una comunità integrata

Benché ci siano rischi di attacco agli essere umani, la comunità randagia che popola parte delle città russe è nota per essersi perfettamente integrata nei centri urbani. Non è raro vedere cani che si spostano in metropolitana in rigorosa fila, con gli elementi più giovani messi davanti, guidati e controllati da quelli più esperti nelle retrovie. Sanno “rispettare” il traffico stradale. Sanno fare gli occhi dolci per ottenere cibo. Sanno piazzarsi nei posti giusti, meno invasivi, nei mezzi pubblici. Tutto questo non è bastato per escogitare un piano di gestione del randagismo, in tempo con l’inaugurazione dei Mondiali. Laddove il tempo è stato sufficiente per costruire un capolavoro ingegneristico come il Samara Arena, uno stadio da 45mila posti dotato di cupola in vetro alta 60 metri, che si illumina la sera, si è preferito aspettare gli ultimi mesi per mettere in atto un repulisti di buona parte delle bestiole che popolano le città russe impegnate nel Mondiale.

A lanciare l’allarme, tra gli altri, Open Cages, associazione impegnata nel contrastare le crudeltà arrecate agli animali. Per questo, ha anche avviato un’apposita campagna, che al momento ha raccolto circa diecimila firme. Le principali strade russe sono state “ripulite” dai randagi spargendo cibo avvelenato. In altri casi, invece, si è ricorsi a vere e proprie squadre della morte. Tiratori scelti, dotati di cerbottane con dardi avvelenati, che cacciano selettivamente i randagi da eliminare, spesso lasciandoli morenti per strada. Perché si punta sulla quantità, visto che ogni vittima viene ripagata con circa un euro e mezzo. E si torna a un problema che si era palesato, in scala più piccola, per le Olimpiadi Invernali di Sochi (2014), quando il mondo assistete a un altro massacro di randagi per rendere più “libera” la città russa.

La nuova strage che macchia di sangue questo Mondiale poteva essere certo evitata con politiche a lungo termine, per esempio lavorando sulla cattura e il trasferimento degli animali, e sulla sterilizzazione per limitarne la proliferazione, invece si è preferito un metodo più rapido ed economico. A fronte di lavori che durano da quasi otto anni, per un budget che supera abbondantemente i dieci miliardi di dollari. Quando guarderete la prossima partita, magari tra un tempo e l’altro, pensateci.

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