Lo spettacolo grottesco di Trump durante il secondo Dibattito Presidenziale | Rolling Stone Italia
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Lo spettacolo grottesco di Trump durante il secondo Dibattito Presidenziale

Il Tycoon ha declassato a "chiacchiere da spogliatoio" le registrazioni in cui si vantava delle proprie prede sessuali, mentre al contrario si è scagliato su Hillary chiamandola "il Diavolo"

Nel momento in cui è salito sul palco del dibattito a St. Louis, Trump ha dato subito sfoggio del suo atteggiamento imprevedibile e aggressivo, usando la sua stazza fisica per cercare d’intimidire la sua rivale.

Cercando di recuperare il terreno perso in seguito al fuori onda riportato negli scorsi giorni dal Washington Post e registrato nel 2005, in cui Trump, in un eccesso di maschilismo, si vantava dei palpeggiamenti perpetuati a donne non consenzienti, il candidato Repubblicano si è scatenato con una performance da bullo, ricorrendo a un linguaggio mai sentito prima in un dibattito televisivo per la presidenza.

Durante il dibattito Trump si è scagliato sulla sua concorrente, definendo il Segretario Clinton come “il Diavolo”, parlando del “tremendo odio che lei porta nel cuore”. Il Tycoon, inoltre, ha proclamato che, qualora diventasse presidente, eleggerà uno speciale pubblico ministero per andare a fondo nello scandalo delle mail scomparse di Hillary Clinton. Tuttavia Trump non sembra voler aspettare la vittoria per portare la rivale davanti a una corte, proclamando che la candidata dei Democratici “dovrebbe già essere in galera”.

Nel frattempo, sono già decine i politici Repubblicani ad aver ritirato il proprio sostegno a Trump, in seguito alla pubblicazioni delle registrazioni in cui confessava di essere un predatore sessuale. Nonostante siano seguite testimonianze di diverse donne che dichiarano di essere state baciate contro la loro volontà e molestate, e dopo la conferma del contenuto del nastro registrato dal giornalista Billy Bush – cugino dell’ex presidente George W. – Trump ha negato i fatti nella maniera più assoluta, nonostante fosse proprio lui, nella registrazione del 2005, a dilungarsi in dettagli scabrosi riguardo alle sue conquiste.

Nel dibattito ha continuato a definire quanto detto nel nastro “chiacchiere da spogliatoio”, e si è scagliato contro Hillary Clinton accusandola di aver coperto le malefatte sessuali del marito Bill. E mentre sosteneva che i commenti del 2005 dovevano essere lasciati nel passato perché irrilevanti, Trump ha cercato di portare l’attenzione su un caso di 40 anni fa, quando la Clinton venne assegnata come difensore d’ufficio di un uomo accusato di aver violentato una minore.

Parlando del caso – e cercando di portare acqua al mulino “Clinton = Diavolo” – Trump è ricorso a una menzogna, millantando l’esistenza di un video in cui appare la Clinton “mentre deride la ragazzina stuprata” – leggenda metropolitana prontamente smentita da un reportage della testata Snopes, in cui si legge “Hillary Clinton non difese l’accusato di sua volontà, né tantomeno rise dell’esito del processo”.

Nonostante a inizio dibattito si sia autoproclamato “un gentleman”, il comportamento tenuto da Trump durante il dibattito ha ricordato quello di uno stalker. In una grottesca ostentazione di machismo, il candidato Repubblicano ha cercato d’imporsi fisicamente sulla rivale, seguendola mentre camminava sul palco e stagliandosi dietro di lei mentre cercava di ribattere.
A un certo punto, persino la sedia di Trump ha subito l’eccesso di testosterone del candidato.

Ma i toni aggressivi di Trump non erano indirizzati esclusivamente a Hillary Clinton. Il candidato Repubblicano si è lanciato in parole d’odio su immigrati e minoranze religiose: quando una donna musulmana ha chiesto preoccupata a Trump di rispondere del trattamento irriguardoso riservato ai cittadini islamici durante la campagna, questi ha risposto che durante la sua presidenza, i musulmani americani saranno obbligati a riferire alle autorità degli estremisti nascosti fra le loro comunità, implicando che ad oggi i terroristi vengano consapevolmente nascosti.

Dopo essersi focalizzato sul pericolo rappresentato dai rifugiati siriani in America, Trump è ritornato sulla retorica anti-messicana cui ha abituato il pubblico, definendo i messicani “assassini e persone pericolose”.

Ma il momento forse più spaventoso è stato quando Trump si è lanciato in un attacco diretto all’attuale politica estera statunitense – arrivando a scagliarsi sulle idee di politica estera proposte dal suo alleato nella campagna per la vicepresidenza Mike Pence, con cui il Tycoon non accorderebbe riguardo l’atteggiamento aggressivo da tenere nelle politiche riguardanti la Siria: “Con lui non ho parlato. Non sono d’accordo”.

Soffermandosi sulla questione, Trump ha tranquillamente ammesso di non aver nemmeno parlato di politica estera con il suo compagno nella corsa alla Casa Bianca. Al contrario, riferendosi all’attuale establishment, Trump ha ripetutamente inveito contro “la stupidità della nostra politica estera” chiedendosi addirittura “quanto è stupido il nostro paese?” e riferendosi ai patti sul nucleare con l’Iran come “l’accordo più stupido nella storia della diplomazia”.

Purtroppo per lui, il risultato più che ricordare l’atteggiamento degno di un “comandante in capo” è sembrato più simile a quello di un’ubriaco che biascica urlando un ciarpame di confusi slogan propagandistici.

L’evento alla Washington University di St. Louis ha mostrato ulteriormente quale sia l’aspetto di spicco della campagna di Trump: l’involgarirsi della politica americana.
La prima domanda rivolta a Trump da uno spettatore, infatti, riguardava come mai sia diventato sconsigliabile mostrare in televisione il dibattito presidenziale a bambini e adolescenti durante le lezioni di educazione civica.

Il Tycoon non ha nemmeno provato a rispondere alla domanda. Decisamente poco da gentleman.