Lo scioglimento dei ghiacci è una vera storia dell'orrore, ma non ne parla nessuno | Rolling Stone Italia
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Lo scioglimento dei ghiacci è una vera storia dell’orrore, ma non ne parla nessuno

I fenomeni atmosferici estremi di quest'estate hanno una causa comune, e cambieranno per sempre il paesaggio del nostro pianeta

Lo scioglimento dei ghiacci è una vera storia dell’orrore, ma non ne parla nessuno

La settimana scorsa alcuni scienziati hanno scoperto che piattaforme di ghiaccio alte 12 metri – tra le più antiche e compatte dell’Artico – si stanno staccando dalla Groenlandia, e presto affonderanno nel mare. Un meteorologo ha definito il fenomeno “spaventoso”, ma la verità è che non è niente di inaspettato.

Mentre il pianeta si scalda sempre di più, la possibilità di un “Blue Arctic” – cioè la trasformazione del ghiaccio in mare, almeno per buona parte dell’anno – è nei discorsi degli scienziati da molto tempo. C’è addirittura chi pensa che il Polo Nord sarà liberamente navigabile già nel 2030; altri, invece, credono che il ghiaccio durerà per altri 10 anni, o forse ancora di più.

Il disgelo dell’Artico è una delle storie più importanti del nostro tempo, anche se si sta svolgendo a un ritmo tale da garantire la disattenzione di tutti. Quello che sta succedendo non avrà conseguenze nel lontano futuro, e non è nemmeno solo la tragedia degli orsi polari; il riscaldamento dell’Artico sta già avendo un impatto tremendo sul nostro mondo, e ci permette di spiegare i fenomeni atmosferici estremi di quest’estate, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa occidentale. Per farla breve, si potrebbe addirittura dire che gli incendi della California siano stati in qualche modo “previsti” dal surriscaldamento dell’Artico.

Nell’ultimo inverno, le temperature nella zona erano più alte del normale di 45 gradi Fahrenheit; la scorsa settimana, lo scienziato tedesco Stefan Rahmstorf ha scritto un pezzo eccellente, pubblicato su Politico, dove spiega perché questo fenomeno cambierà le dinamiche meteorologiche di tutto il pianeta. “Il collegamento tra cambiamento climatico e picchi di calore non è fantascienza, è stato dimostrato dall’analisi globale dei dati”, ha scritto Rahmstorf, aggiungendo che solo quest’anno i record di temperatura sono stati cinque volte maggiori di quanto ci si aspetterebbe da un clima stabile. Più calore significa terreni secchi, incendi e siccità. Significa anche temporali più estremi: le precipitazioni registrate dalle stazioni meteo sono in aumento in tutto il mondo.

Rahmstorf, inoltre, sottolinea un aspetto cruciale: “Non pensate che il clima si comporti come fa di solito, solo a temperature più alte. Ci sono sempre più elementi che ci fanno pensare che la dinamica stessa del meteo stia cambiando”.

L’idea, spiega Rahmstorf, è che il jet stream – un gruppo di venti dell’emisfero nord che influenzano il meteo – stia cambiando. Nel 2015 alcuni ricercatori dimostrarono il suo progressivo rallentamento, probabilmente causato dal surriscaldamento dell’Artico: questi venti sono guidati dai contrasti di temperature tra l’Artico e i tropici, più questa differenza di temperatura si assottiglia, più i venti diventano meno stabili. “Il diminuire della circolazione ventosa significa meno cambiamenti climatici, ed è per questo che il meteo diventa sempre più uniforme”, scrive Rahmstorf.

Ma non è solo il clima estivo a cambiare rapidamente. All’inizio dell’anno uno studio ha dimostrato come l’eccessivo calore dell’Artico possa provocare condizioni climatiche molto rigide anche in inverno, con un tasso di probabilità quadruplicato rispetto al passato. “Il cambiamento climatico non significa solo che tutto si sta scaldando. Il cambiamento del jet stream avrà conseguenze a lungo termine, porterà calore, siccità oppure una pioggia continua, dipende dalla vostra posizione geografica. Ed è proprio il jet stream che ha causato i picchi climatici delle scorse settimane”.

Il peggioramento delle condizioni meteorologiche, inoltre, non è l’unica conseguenza dello scioglimento dell’Artico. Un’altra è il disgelo del permafrost, cioè il terreno ghiacciato sotto alla neve: il progressivo scioglimento dei ghiacci rilascerà nell’atmosfera anidride carbonica e metano: secondo uno studio del 2014, l’anidride carbonica intrappolata nel permafrost potrebbe aumentare la temperatura globale di altri 0,3 gradi. Ed è una stima prudente.

La settimana scorsa National Geographic ha raccontato la storia dello uno scienziato russo che ha notato come lo scioglimento del permafrost siberiano sia molto più rapido del previsto – il suo paesaggio sta cambiando, e il terreno sopra al ghiaccio si sfalda giorno dopo giorno. E una volta che il permafrost si sarà sciolto, cosa tornerà in superficie? Negli ultimi anni sono stati ritrovati nel ghiaccio numerosi reperti: da esseri umani a un cavallo vecchio di 30mila anni. E il ritrovamento di batteri o virus come l’antrace e il vaiolo potrebbe causare un’epidemia, un remake del film Andromeda.

“Save the Arctic!” non è un grido che motiverà molti occidentali

Per moltissimi, però, lo scioglimento dell’Artico è una benedizione. Nei prossimi giorni una nave container viaggerà per la prima volta su una nuova rotta artica, che potrebbe accorciare i viaggi commerciali tra Asia ed Europa. In Groenlandia si stanno già programmando nuovi scavi minerari (principalmente per trovare metalli preziosi) nelle zone in cui il ghiaccio si sta ritirando. Per i russi l’Artico è una nuova frontiera militare, un posto dove Vladimir Putin potrà mostrare agli europei chi è che comanda. E, ovviamente, nessuno sta contribuendo allo scioglimento dell’Artico come Donald Trump. Negli ultimi mesi, la sua amministrazione ha convinto il congresso ad aprire l’Arctic National Wildlife Refuge (dove verranno organizzati degli scavi) e ad allargare i limiti d’inquinamento consentito alle centrali a carbone. Se esiste un modo più chiaro per dire “Non me ne frega un cazzo dell’Artico (o di qualsiasi ecosistema a rischio)“, io non l’ho trovato.

Ma si può ancora fare qualcosa? In teoria, varie strategie geo-ingegneristiche potrebbero rallentare il processo di disgelo, ma l’idea è pericolosa per almeno un migliaio di ragioni diverse. La soluzione più logica sarebbe ridurre il più possibile le emissioni di anidride carbonica – un obiettivo fondamentale, verso cui il mondo non ha fatto progressi per più di tre decenni.

“Save the Arctic!”, comunque, non è un grido che motiverà molti occidentali. L’Artico è troppo distante, troppo alieno, ma non significa che non sia importante. Immaginatelo come se fosse il nostro sistema di sicurezza, un grosso allarme che ci ricorda come il pianeta che abiteremo domani non somiglierà molto a quello in cui abitavamo ieri, e che sarà meglio farsi trovare pronti.

Il surriscaldamento dell’Artico alzerà il livello del mare a Miami, in Bangladesh e in tutte le città costiere del mondo. Aumenterà anche il rischio di incendi in California e in tutto l’ovest. In un certo senso cambierà tutto il clima americano e nordeuropeo, con implicazioni profonde per tutti quelli che ci abitano.

Quello che sta succedendo ci ricorda una delle grandi verità a proposito del cambiamento climatico, una delle più difficili da afferrare: in un mondo che cambia così rapidamente, nessun luogo è troppo distante per essere importante. Che vi piaccia o no, siamo tutti sulla stessa barca. Quando il ghiaccio si scioglie nell’Artico, l’occidente brucia.

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