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Il cartello messicano ha ucciso uno youtuber?

Cosa sappiamo di quello che è successo a El Pirata de Culiacàn, la star del web massacrata dopo aver preso in giro il boss El Mencho

Il cartello messicano ha ucciso uno youtuber?

Lunedì notte la star dei social media messicani Juan Luis Lagunas Rosales – aka “El Pirata de Culiacàn” – è stata massacrata in un bar di Zapopan. Rosales, un 17enne che ha trovato la fama online postando video da ubriaco, è stato aggredito da diversi sicari armati. La sua morte arriva alcune settimane dopo la pubblicazione del video dove insultava Rubén Oseguera Cervantes – “El Mencho” – il boss 51enne del cartel Jalisco Nueva Generaciçn, una delle organizzazioni criminali più pericolose del paese.

Le autorità messicane non hanno ancora confermato il movente del crimine o il coinvolgimento del cartel. Ecco tutto quello che sappiamo:

Chi è Juan Luis Lagunas Rosales?

Rosales è nato a Navolato, a circa 90 minuti dalla città natale del leader del cartel di Sinaloa, Joaquin “El Chapo” Guzman. A 15 anni si è trasferito a Culiacàn, dove ha cominciato la sua carriera da star dei social media. Il suo stile comico e le sue abitudini alcoliche l’hanno reso subito popolare nella zona, e alcuni gruppi l’hanno invitato a partecipare ai loro videoclip.

Quest’estate è stato arrestato a Tijuana – era ubriaco (e minorenne) in un nightclub – e ha detto alle forze dell’ordine che voleva risolvere i suoi problemi di alcolismo e provare a sfondare nel mondo della musica. «Voglio imparare a cantare, questo è il mio motto», ha detto a Pepe Garza, produttore di Univision Entertainment. All’inizio della settimana Rosales aveva 34mila follower su Twitter, 281mila su Instagram e 1 milione su Facebook. Nei suoi post più recenti il teenager si faceva vedere circondato da ragazze latine, con uno stile appariscente fatto di camice floreali e baffi dipinti, armi da fuoco e fusti di birra.

Chi è Rubén Oseguera Cervantes?

Cervantes è un ex poliziotto che si è trasformato nel leader del cartel Nueva Generaciòn di Jalisco. La sua organizzazione è comparsa meno di dieci anni fa, ed è cresciuta a distanza dal cartel di Sinaloa e dai Los Zetas. Da allora è stata collegata a numerosi omicidi di massa, tutti particolarmente brutali: nel 2011 hanno scaricato 35 cadaveri torturati nelle strade di Veracruz, una città portuale del Golfo del Messico; due anni dopo hanno rapito e stuprato una bambina di 10 anni, poi le hanno dato fuoco. Erano convinti fosse la figlia di un boss rivale, ma non era così.

«Nel corso degli anni è diventata un’organizzazione davvero sanguinaria, e molti attribuiscono questa svolta a El Mencho», ha detto l’analista Scott Stewart. «Ammassano cadaveri gni volta che hanno uno scontro con qualcuno». Gli arresti e le retate della polizia hanno indebolito i cartel, ma la violenza nelle strade è aumentata notevolmente. Nel 2016, successivamente all’arresto di El Chapo, il Messico ha toccato la quota record di 20mila omicidi, un aumento del 20%. L’organizzazione di El Mencho è stata collegata a migliaia di morti, e nel frattempo si è assicurata quote di traffico di stupefacenti in tutti i continenti. Vendono metanfetamine a basso costo in Asia ed Europa per un totale di circa 20 miliardi di dollari di guadagni.

Le autorità hanno pochissime immagini di El Mencho. I musicisti narco, però, continuano a cantare le sue gesta a base di motociclette e risse violentissime. «Lavoro in Messico da 25 anni, e ogni volta che incontro qualcuno che ha avuto contatti con El Chapo riesco a farmi dire qualcosa», ha detto un ex agente della DEA. «Con Mencho, però, non succede. È un fantasma».

Cosa è successo in quel bar di Jalisco?

Secondo la ricostruzione dei giornali locali e di IBTimes, alcuni testimoni hanno detto alla polizia messicana che Rosales è stato colpito nel bar Mentados Cantaros. Quattro o cinque individui – l’informazione varia a seconda della testata – sono arrivati a bordo di un camion nero, poi hanno fatto fuoco 15 volte nel bar, uccidendo Rosales e ferendo il manager, al momento in ospedale e in gravi condizioni.

I sicari sono entrati nel bar “armati con lunghi fucili” e hanno puntato direttamente il tavolo di Rosales, facendo fuoco e uccidendolo all’istante. Nei suoi ultimi video il ragazzo aveva invitato i suoi fan a bere con lui nell’area di Guadalajara, una zona molto frequentata dai trafficanti di droga.

Cosa ha fatto Rosales per insultare il cartel di Jalisco?

La polizia non ha ancora confermato il coinvolgimento dell’organizzazione, ma tutti i media collegano la morte di Rosales a un video in cui prende in giro El Mencho: «El Mencho può sbucciarmi il cazzo», ha detto Rosales. Un’affermazione non troppo intelligente se rivolta a un uomo che secondo alcuni testimoni, «ucciderà tutta la tua famiglia per poco più di un rumor, non ha nessun rispetto per la vita delle persone». E la libertà di parola? A quelli del cartel non frega niente, nell’ultimo anno hanno ucciso almeno 12 giornalisti.

Il Periodico Supremo ha postato su Twitter la clip del ragazzo, scrivendo: “Asi firmo su trato de muerte” (così ha firmato la sua condanna a morte). I fan di Rosales continuano a esprimere le loro condoglianze, ma parecchi sostengono che avrebbe dovuto pensarci due volte prima di insultare apertamente il leader di un’organizzazione così violenta.

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