I social e l’altra faccia dell’immortalità | Rolling Stone Italia
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I social e l’altra faccia dell’immortalità

Quei cimiteri anonimi che Foscolo detestava nei 'Sepolcri' si stanno digitalizzando, inserendo nelle lapidi un QR Code abbinato al profilo Facebook del defunto, in cui i suoi cari continuano a dialogare.

Il cimitero virtuale di Facebook

Il cimitero virtuale di Facebook

Venuto meno l’imperativo politico di cambiare il mondo, ci stiamo concentrando sempre più sull’imperativo di cambiare le nostre esistenze. La nostra vita è l’unica possibilità che abbiamo, in tutti i campi di espressione possibili: amare, pensare, imparare, decidere, avere.

Tutto perde significato con la perdita della vita. L’aspirazione all’immortalità è antica come l’uomo, e l’uomo ha sempre lottato contro la morte. Le testimonianze archeologiche più antiche sono le sepolture. Il tentativo più antico di conservazione fisica la mummificazione. Il tentativo di conservazione dello spirito le religioni. L’anima è la risposta delle religioni all’aspirazione dell’immortalità dell’individuo.

Ma in un’epoca di sviluppo tecnologico accelerato viene spontaneo pensare a qualcosa di più certo e tangibile. Non a caso gli studi sull’immortalità, sia come immortalità fisica che come conservazione dell’identità individuale su altri supporti, ricevono ormai finanziamenti consistenti e reali.

Il movimento che teorizza tutto questo è il Transumanesimo, a cui ho già dedicato una rubrica su queste pagine. Gli aggiornamenti che vi propongo oggi riguardano l’altra faccia della medaglia: non più la sopravvivenza del soggetto per se stesso, ma la sopravvivenza per gli altri, per chi gli sopravvive e non è disposto ad accettare il lutto.

C’è una sopravvivenza che va oltre la vita biologica. Noi lasciamo comunque un ricordo ai nostri cari e un esempio per i posteri. È la concezione di immortalità del Foscolo, quando scrive i Sepolcri per opporsi al decreto napoleonico che vorrebbe le sepolture tutte uguali. In effetti come luoghi del ricordo i cimiteri hanno qualcosa di squallido e spersonalizzante e traducono il culto del defunto nel semplice accudimento di una lapide muta.

Da tempo sto osservando una nuova forma di culto su Facebook. Quando il titolare della pagina muore, difficilmente la pagina viene chiusa. Rimane lì con tutte le foto e i post, perché chiunque possa accedervi più e più volte. Spesso gli amici continuano il dialogo portando post pertinenti con gli interessi del defunto e la pratica è tanto più condivisa quanto più la persona scomparsa aveva un suo corredo di follower.

In certi casi la pagina è una realizzazione a posteriori per permettere agli amici di ritrovarsi in una sorta di rimpatriata, di Grande freddo virtuale. Questa è la soluzione più economica e a portata di tutti per non cancellare del tutto chi nelle nostre vite ha avuto un ruolo essenziale. Ma per chi può permetterselo c’è di più. Ho letto da tempo di software che permettono di mettere insieme tutte le tracce virtuali del defunto, per creare online un vero e proprio simulacro, non solo a livello visivo, ma anche e soprattutto spirituale. Partendo dai dati immagazzinati sino alla morte, non è difficile costruire una banca dati in grado di dare risposte a quesiti specifici. In fondo è quanto facciamo da sempre con le citazioni. Ad esempio, io ho rispolverato il concetto di immortalità del Foscolo. Oggi il software fa un’operazione analoga, ma più realistica, permettendoci di continuare a dialogare con chi non c’è più.

Fino a che punto questa immortalità è credibile? Naturalmente ci sono limiti. Limiti legati alla memoria di chi fornisce i materiali per confezionare il software e limiti legati alla fissità del soggetto immortalato nel software, che non potrà più cambiare idea o evolvere il suo pensiero. Ma, dal punto di vista degli altri, quelli che interagiscono con il defunto, anche nel corso della vita i rapporti umani sono oggetto di fraintendimento e rimozione. Mentre la nostra è una società che tende a negare la morte, medicalizzandola e relegandola negli ospedali, lontano dagli occhi di parenti e amici, la rete estende progressivamente la memoria di chi scompare, regalandogli una seconda forma di vita.

Tutto questo è oggetto di un nuovo saggio, La morte si fa social di Davide Sisto (Bollati Boringhieri). Secondo Sisto anche quei cimiteri anonimi che Foscolo detestava, si stanno digitalizzando, inserendo nelle lapidi un QR Code abbinato al profilo Facebook del defunto, in cui i suoi cari continuano a dialogare. E non è necessario andare in America. Basta recarsi a Cinisello Balsamo, che sta per inaugurare la prima lapide digitale.

Concludo con un’informazione recentissima. Due studiosi americani sono riusciti a mettere a punto un sistema per cristallizzare in eterno la struttura del nostro cervello, in modo da fornire ai posteri la possibilità di usare questa sorta di mummificazione 2.0 come modello per ricostruire nei dettagli l’identità del defunto. Purtroppo la metodica va applicata da vivi, ma comporta necessariamente la morte del soggetto immortalato. In pratica, l’immortalità a spese della vita stessa.

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