‘Vox Lux’, la recensione: Natalie Portman e il blues di una popstar | Rolling Stone Italia
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‘Vox Lux’, la recensione: Natalie Portman e il blues di una popstar

L'attrice premio Oscar offre una performance che annienta nei panni di una musicista di successo formata (e sfregiata) da una tragedia

Il secondo film di Brady Corbet – dopo il brillante L’infanzia di un capo, la storia dei “dolori di un giovane tiranno fascista” – è una bomba pronta a esplodere attraverso lo schermo. Sì, un film sull’infanzia traumatica che ha dato vita a un’incredibile diva pop non è per tutti i gusti. Ma Corbet non ha girato Vox Lux per farsi notare… almeno, non solo per questo. Comunque, preparatevi a inchinarvi a Natalie Portman, che ha regalato al film una performance senza sconti nei panni di Celeste, una rock diva con l’abitudine di fare a pezzi tutto quello che le passa davanti.

Perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, fomentata da alcool e droghe, Celeste non chiede aiuto a nessuno; ha bisogno solo di se stessa, e ogni briciolo di vulnerabilità è bandito dalla sua immagine pubblica. I capelli pettinati all’indietro, il volto ricoperto di glitter per nascondere ogni oscurità, questa cantautrice è una bomba a orologeria di talento e desideri spietati. Osservandola è impossibile non chiedersi come abbia fatto questa celebrità mostruosa a perdere la sua innocenza.

È per questo che Vox Lux si apre raccontando la giovinezza della nostra anti eroina. Il narratore, Willem Dafoe, ci presenta Celeste a 13 anni, interpretata dalla sorprendente Raffey Cassidy (Il sacrificio del cervo sacro): “All’inizio, era gentile e piena di grazia”, dice di questa timida scolaretta di Staten Island. Poi, all’improvviso, Celeste viene ferita durante una sparatoria in stile Columbine, una tragedia sempre più all’ordine del giorno. L’incidente la porterà a scrivere della musica – la canzone, firmata insieme alla sorella maggiore Eleanor (Stacy Martin) la catapulterà nel mondo delle celebrità nel giro di una notte. All’improvviso, Celeste è gestita da un manager (Jude Law, nel ruolo dello squallore personificato) e venduta al miglior offerente. Dai video girati a L.A. fino alle registrazioni in uno studio di Stoccolma, la teenager è trascinata in un mondo pieno di cose a cui non era preparata, soprattutto una gravidanza risultato di un’avventura con un musicista più anziano.

Corbet e il talentuoso direttore della fotografia Lol Crawley danno enorme energia e slancio alle scene dell’ascesa di una giovane donna in un universo musicale spezzato: lei è Madonna, Britney e Katy riunite in una confusa principessa pop. In un taglio rapidissimo al presente, incontriamo la Celeste ormai adulta della Portman; con un bel tocco, Cassidy interpreta la figlia adolescente e distante della cantante, Albertine. Questa star indurita e sfinita esagera tutto, dal suo accento di New Yawk alle sue richieste da diva, eppure è ancora sorpresa quando scopre che i terroristi dietro una sparatoria di massa in Croazia indossavano maschere copiate da uno dei suoi video più noti. In quella che sembra più un’imboscata che una conferenza stampa, Celeste tenta invano di respingere domande intrusive sul fatto che la sua musica sia una scintilla di violenza.

Il palcoscenico è l’unico posto a cui sente ancora di appartenere. Nel concerto allo stadio della sua città natale che chiude il film, Celeste canta inni d’incitamento electro-pop (scritti dalla potenza dietro Chandelier, Sia) e si ritaglia un porto sicuro nel bagliore accecante dei riflettori. Camminando sul palco nelle routine di danza coreografate dal marito di Portman Benjamin Millepied, questa donna rifiuta di sopportare il peso del titolo del film, che la vorrebbe ‘una voce di luce’. “Non voglio che le persone pensino, voglio solo che si sentano bene”, dice. Ma è possibile? Celeste può riuscirci? E noi? Corbet pone queste domande con innegabile verve e sentimento. È questo che rende Vox Lux una bomba di provocazione. Il film crea un universo in cui la fama toglie spazio all’umanità. Non riuscirete a smettere di pensarci.

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