Violent Femmes - We Can Do Anything | Rolling Stone Italia
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Violent Femmes – We Can Do Anything

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La prima cosa a cui pensi quando finisci di ascoltare We Can Do Anything, il nuovo disco dei Violent Femmes, è che già ti fa strano il fatto di avere ascoltato un nuovo disco dei Violent Femmes. Il punto, poi, è che è pure bello. Cioè bello come potrebbe essere bello un nuovo disco di una band, tra alti e bassi, pause e riprese, in giro dall’83. Un bello che è un bello diverso da quello che potresti trovare, che ne so, in un nuovo album di Kanye West, Rihanna, ma pure dei DIIV.Si dice, di solito, che i musicisti americani più vanno avanti con l’età e con la carriera e più sentono il bisogno di tornare indietro e riscoprire le radici che hanno formato la loro musica. Questo vale per tutti, tranne che per Gordon Gano e Brian Ritchie: loro alla ricerca delle radici ci sono andati fin da subito. Fin da quando hanno cominciato a suonare country, jazz, rock e blues, ma col piglio del gruppo punk sfascione che prova a fare delle cose senza in realtà saperle fare davvero.È chiaro che, col tempo, questo spirito avventuroso sia andato perso in favore di una maggiore consapevolezza, eppure le canzoni dei Violent Femmes portano in dote tutti i pregi di chi, credendo di non inventare nulla, ha finito per dare vita a un canone diventato poi cliché. Ti sembra di averle tutte già sentite, ma ti sembra pure che siano tutte già dei classici e questo non è affatto un male. Poi c’è la voce di Gordon Gano che, insomma, sembra sempre quella di un ragazzino disadattato del Wisconsin e non ha perso niente per quanto riguarda carisma, timbro, riconoscibilità e potenza. In più, oggettivamente, erano sì 15 anni che non facevano più un disco, ma dobbiamo guardare ben più indietro se vogliamo arrivare all’ultimo album che sia stato davvero rilevante o almeno piacevole. We Can Do Anything non sposta di una virgola la percezione pubblica dei Violent Femmes, non cambia il corso della storia come invece aveva fatto quel disco con la ragazzina in copertina e che dovrebbe essere presente nelle case di tutti quelli che amano la musica, però si lascia ascoltare e volendo pure riascoltare. Vi sembrerà pochissimo, ma per noi è già tanto così. Anche perché non ci credevamo proprio.

Questo articolo è pubblicato su Rolling Stone di marzo. Potete leggere l'edizione digitale della rivista, basta cliccare sulle icone che trovi qui sotto.
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La prima cosa a cui pensi quando finisci di ascoltare We Can Do Anything, il nuovo disco dei Violent Femmes, è che già ti fa strano il fatto di avere ascoltato un nuovo disco dei Violent Femmes. Il punto, poi, è che è pure bello. Cioè bello come potrebbe essere bello un nuovo disco di una band, tra alti e bassi, pause e riprese, in giro dall’83. Un bello che è un bello diverso da quello che potresti trovare, che ne so, in un nuovo album di Kanye West, Rihanna, ma pure dei DIIV.

Si dice, di solito, che i musicisti americani più vanno avanti con l’età e con la carriera e più sentono il bisogno di tornare indietro e riscoprire le radici che hanno formato la loro musica. Questo vale per tutti, tranne che per Gordon Gano e Brian Ritchie: loro alla ricerca delle radici ci sono andati fin da subito. Fin da quando hanno cominciato a suonare country, jazz, rock e blues, ma col piglio del gruppo punk sfascione che prova a fare delle cose senza in realtà saperle fare davvero.

È chiaro che, col tempo, questo spirito avventuroso sia andato perso in favore di una maggiore consapevolezza, eppure le canzoni dei Violent Femmes portano in dote tutti i pregi di chi, credendo di non inventare nulla, ha finito per dare vita a un canone diventato poi cliché. Ti sembra di averle tutte già sentite, ma ti sembra pure che siano tutte già dei classici e questo non è affatto un male. Poi c’è la voce di Gordon Gano che, insomma, sembra sempre quella di un ragazzino disadattato del Wisconsin e non ha perso niente per quanto riguarda carisma, timbro, riconoscibilità e potenza. In più, oggettivamente, erano sì 15 anni che non facevano più un disco, ma dobbiamo guardare ben più indietro se vogliamo arrivare all’ultimo album che sia stato davvero rilevante o almeno piacevole. We Can Do Anything non sposta di una virgola la percezione pubblica dei Violent Femmes, non cambia il corso della storia come invece aveva fatto quel disco con la ragazzina in copertina e che dovrebbe essere presente nelle case di tutti quelli che amano la musica, però si lascia ascoltare e volendo pure riascoltare.
Vi sembrerà pochissimo, ma per noi è già tanto così. Anche perché non ci credevamo proprio.

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