Uncharted 4: Fine di un ladro | Rolling Stone Italia
Recensioni

Uncharted 4: Fine di un ladro

Leggi la nostra recensione di Uncharted 4 su Rollingstone.it

Chi è stato bambino durante gli anni ’80, è stato allevato – come il piccolo protagonista della sitcom di culto Dream On – da un tale pantheon di eroi pop che, in confronto, i film Marvel di oggi non hanno nulla da insegnare. John Rambo, Han Solo, John McClane, Angus MacGyver, Indiana Jones, Snake Plissken, Thomas Magnum, Conan il Barbaro, Max Rockatansky... Questi paladini del nostro immaginario erano in genere maschilisti, spacconi, guerrafondai, quasi mai autoironici. Erano eroi, perché compivano gesta che a noi, ragazzini urbani debolucci, paralizzati dal più subdolo e inibente dei comandamenti – il materno “non sudare” – erano semplicemente precluse in partenza. Il migliore di tutti, Indiana Jones, anche in borghese era capace di imprese invidiabili: per esempio, essere professore di archeologia e affascinante al tempo stesso, tanto da far impazzire le sue allieve (giovanissime e sfrontate). Trent’anni dopo, siamo ancora affamati di eroi. Ma nel frattempo siamo cresciuti, e forse oggi li preferiamo meno adamantini, più simili a noi. Questo mese ne arriva uno che non proviene dal cinema, ma dai videogame: è Nathan Drake, protagonista di Uncharted 4, l’ultimo (nel senso di conclusivo) capitolo della serie di esclusive PlayStation che hanno contribuito negli anni al successo di queste console. Nathan, presunto discendente del leggendario corsaro inglese Francis Drake, di mestiere fa il cacciatore di tesori. A differenza del buon vecchio Indiana, è un eroe un po’ riluttante: un maschio alfa sensibile (la cosa non gli impedisce di far fuori vagonate di nemici), bravo a menare le mani e arrampicarsi come un ragno su ogni parete a diposizione, ma di suo piuttosto imbranato – continuamente inciampa, va a sbattere, ansima, sembra sempre sul punto di non farcela. È, insomma, un eroe molto umano, che non rinuncia a chiedersi chi glielo faccia fare di cacciarsi in un guaio dopo l’altro. I primi tre Uncharted hanno portato Drake in luoghi mitici come El Dorado, Shambala e la città perduta di Iram. All’inizio di quest’ultima avventura, Drake si è ritirato dall’azione, e conduce una vita tranquilla con la moglie Elena. Il passato però si ostina a ritornare, e ha il volto del fratello di Nathan, Sam Drake, da tempo creduto morto. Sam rivela a Nathan di conoscere l’ubicazione di Libertalia, colonia fondata dai pirati che, leggenda vuole, nasconde segreti sconfinati – tra cui quello del pirata Henry Every, realmente esistito, nel 1695 autore del più ricco bottino della storia della pirateria, ai danni nientemeno che del Gran Mogol delle Indie. La vita di Sam dipende dal ritrovamento del tesoro, e Nathan, nonostante le proteste di Elena, accetta (a malincuore, ma neanche troppo) di tuffarsi ancora una volta nel pericolo.Non servono tanti giri di parole: Uncharted 4 è un nuovo trionfo. Ha uno script bellissimo e la grafica è tra quanto di meglio apparso finora su console. Il gameplay migliora e rende più completo quel mix di azione e narrazione che aveva fatto apprezzare tanto i primi tre titoli, sia dal pubblico che dalla critica. Uncharted 4 rende ancora più fluida l’esperienza del giocatore, anche grazie ai dialoghi dei personaggi che accompagnano Drake durante l’avventura: una sorta di regia invisibile fornisce en passant buona parte dei dettagli della trama. I momenti pacifici alternano e compensano l’azione, e sono altrettanto efficaci: questo Uncharted dimostra di avere imparato dal successo di The Last of Us, l’horror survival/esistenziale che, secondo molti, rappresenta una sorta di Quarto potere per questo medium, e uno dei motivi per cui i videogame dovrebbero essere presi sul serio. Uncharted 4 non inventa nulla, certo, e lascia al giocatore solo lo spazio di movimento indispensabile ad avere una minima sensazione di libertà (non ha interesse ad avvicinarsi alla vastità di titoli come The Witcher 3 o Fallout 4, in cui spesso le divagazioni sono più interessanti della trama principale). Ma proprio questo sottile paternalismo lo rende adatto a tutti, profani ed esperti: ogni tanto è piacevole lasciarsi prendere per mano, e abbandonarsi a un buon racconto old style. E allora Uncharted 4 sarà l’equivalente videogame di Casablanca: avvincente, commovente, bellissimo. E con un protagonista indimenticabile.

Leggi la nostra recensione di Uncharted 4 su Rollingstone.it

Chi è stato bambino durante gli anni ’80, è stato allevato – come il piccolo protagonista della sitcom di culto Dream On – da un tale pantheon di eroi pop che, in confronto, i film Marvel di oggi non hanno nulla da insegnare. John Rambo, Han Solo, John McClane, Angus MacGyver, Indiana Jones, Snake Plissken, Thomas Magnum, Conan il Barbaro, Max Rockatansky… Questi paladini del nostro immaginario erano in genere maschilisti, spacconi, guerrafondai, quasi mai autoironici. Erano eroi, perché compivano gesta che a noi, ragazzini urbani debolucci, paralizzati dal più subdolo e inibente dei comandamenti – il materno “non sudare” – erano semplicemente precluse in partenza. Il migliore di tutti, Indiana Jones, anche in borghese era capace di imprese invidiabili: per esempio, essere professore di archeologia e affascinante al tempo stesso, tanto da far impazzire le sue allieve (giovanissime e sfrontate).
Trent’anni dopo, siamo ancora affamati di eroi. Ma nel frattempo siamo cresciuti, e forse oggi li preferiamo meno adamantini, più simili a noi. Questo mese ne arriva uno che non proviene dal cinema, ma dai videogame: è Nathan Drake, protagonista di Uncharted 4, l’ultimo (nel senso di conclusivo) capitolo della serie di esclusive PlayStation che hanno contribuito negli anni al successo di queste console. Nathan, presunto discendente del leggendario corsaro inglese Francis Drake, di mestiere fa il cacciatore di tesori. A differenza del buon vecchio Indiana, è un eroe un po’ riluttante: un maschio alfa sensibile (la cosa non gli impedisce di far fuori vagonate di nemici), bravo a menare le mani e arrampicarsi come un ragno su ogni parete a diposizione, ma di suo piuttosto imbranato – continuamente inciampa, va a sbattere, ansima, sembra sempre sul punto di non farcela. È, insomma, un eroe molto umano, che non rinuncia a chiedersi chi glielo faccia fare di cacciarsi in un guaio dopo l’altro. I primi tre Uncharted hanno portato Drake in luoghi mitici come El Dorado, Shambala e la città perduta di Iram. All’inizio di quest’ultima avventura, Drake si è ritirato dall’azione, e conduce una vita tranquilla con la moglie Elena. Il passato però si ostina a ritornare, e ha il volto del fratello di Nathan, Sam Drake, da tempo creduto morto. Sam rivela a Nathan di conoscere l’ubicazione di Libertalia, colonia fondata dai pirati che, leggenda vuole, nasconde segreti sconfinati – tra cui quello del pirata Henry Every, realmente esistito, nel 1695 autore del più ricco bottino della storia della pirateria, ai danni nientemeno che del Gran Mogol delle Indie. La vita di Sam dipende dal ritrovamento del tesoro, e Nathan, nonostante le proteste di Elena, accetta (a malincuore, ma neanche troppo) di tuffarsi ancora una volta nel pericolo.

Non servono tanti giri di parole: Uncharted 4 è un nuovo trionfo. Ha uno script bellissimo e la grafica è tra quanto di meglio apparso finora su console. Il gameplay migliora e rende più completo quel mix di azione e narrazione che aveva fatto apprezzare tanto i primi tre titoli, sia dal pubblico che dalla critica. Uncharted 4 rende ancora più fluida l’esperienza del giocatore, anche grazie ai dialoghi dei personaggi che accompagnano Drake durante l’avventura: una sorta di regia invisibile fornisce en passant buona parte dei dettagli della trama. I momenti pacifici alternano e compensano l’azione, e sono altrettanto efficaci: questo Uncharted dimostra di avere imparato dal successo di The Last of Us, l’horror survival/esistenziale che, secondo molti, rappresenta una sorta di Quarto potere per questo medium, e uno dei motivi per cui i videogame dovrebbero essere presi sul serio.
Uncharted 4 non inventa nulla, certo, e lascia al giocatore solo lo spazio di movimento indispensabile ad avere una minima sensazione di libertà (non ha interesse ad avvicinarsi alla vastità di titoli come The Witcher 3 o Fallout 4, in cui spesso le divagazioni sono più interessanti della trama principale). Ma proprio questo sottile paternalismo lo rende adatto a tutti, profani ed esperti: ogni tanto è piacevole lasciarsi prendere per mano, e abbandonarsi a un buon racconto old style. E allora Uncharted 4 sarà l’equivalente videogame di Casablanca: avvincente, commovente, bellissimo. E con un protagonista indimenticabile.

Altre notizie su:  Uncharted