Luchè, la recensione di 'Potere' | Rolling Stone Italia
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Tutto il potere di Luchè

Un disco duro, adulto, senza compromessi e lontano dalle mode della discografia italiana. Per questo Luchè è il rapper preferito dei vostri rapper preferiti

Luchè è inimitabile, anche se in molti ci hanno provato negli ultimi anni. Non ha mai raggiunto i numeri stratosferici di tanti altri, ma spesso è il rapper preferito dei vostri rapper preferiti, e meritatamente.

Anche Potere si candida a diventare un album di culto. Per le rime dirette e intense; per l’uso personalissimo del cantato, che non è ripulito da un autotune precisino e piatto, ma resta grezzo e struggente, con una voce rotta che arriva al cuore; per le produzioni originali e piene di sfumature, firmate da D-Ross, Geeno, Nazo e tanti altri, ma amalgamate dal gusto e dal tocco di Luchè. E soprattutto per un modo di parlare di sentimenti – le canzoni d’amore sono parecchie – che non sembra uscito da un romanzo Harmony, ma dalla cruda realtà.

Tracce riflessive come Diamanti nei denti o decadenti come Al mio fianco faranno godere i fan dell’hip hop, ma ce n’è per tutti i gusti: il rap è solo uno dei tanti elementi in gioco. Apice del disco, la title track Potere, una sorta di trilogia, con i primi due capitoli fusi insieme in una traccia da sette minuti e mezzo e il terzo che completa il discorso con l’ausilio di Enzo Avitabile (gli altri featuring sono Gué, CoCo e Paola Imprudente, soprano e sorella di Luchè).

Un lavoro adulto e per adulti, che concede poco o niente al compromesso e alle mode che governano la discogra a italiana in questo periodo. Come il suo ideatore, parte dalle periferie di Napoli, arriva fino a Londra e a New York, ma andrà molto più lontano.

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