'The Square' è un'opera d'arte dentro un'opera d'arte | Rolling Stone Italia
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‘The Square’ è un’opera d’arte dentro un’opera d’arte

Il film che ha vinto la Palma d’oro a Cannes è una bruciante satira della scena artistica contemporanea: la sottile differenza tra essere brave persone ed essere degli stronzi

Un quadrato, un’utopia di solidarietà e altruismo, l’arte che nobilita l’uomo e l’uomo che, in grado di apprezzarla per risorse culturali ed economiche, si sente nobilitato. E quindi, di fatto, superiore. The Square è un’opera d’arte dentro un’opera d’arte, è un museo in cui sono esposte opere d’arte ma allo stesso tempo archetipi quotidiani moderni: dal direttore giovane, brillante e radical chic (Claes Bang, eccezionale) ai social media manager spregiudicati, dal potere in frac a quell’arte contemporanea che è sempre al limite della disonestà intellettuale e creativa ma anche capace, nel suo essere spuria, di intervenire nel dibattito politico, etico, morale con una forza spesso lacerante, di essere eversiva nei confronti delle ipocrisie dei benestanti benpensanti.

Östlund alza l’asticella della sfida: se in Forza maggiore metteva un nucleo familiare di fronte a una valanga, reale e metaforica, che li travolgeva, qui il fattore scatenante è un banalissimo furto che induce il protagonista, esempio di una certa apparente perfezione da salotto, a tirar fuori la “bestia”, quella voglia ancestrale di prevalere e sanare il torto subito con una vendetta spropositata. Ne nasce un percorso narrativo kafkiano dove rispetto all’assurdo dell’ironia feroce di eventi e reazioni dell’opera precedente, si fa largo una dialettica più profonda tra ciò che si è e ciò che si pretende di essere, tra gli obblighi di chi vuole essere un giusto e ciò che si ritiene giusto, tra l’arte che si prende ogni tipo di libertà, ma poi non è capace di sopportarla quando questa gli si rivolta contro.

The Square è riassumibile in una scena: una delle curatrici del museo, centro di gravità permanente del film, sta intervistando un artista bello, bravo e pieno di sé; un uomo, affetto da sindrome di Tourette, interrompe con invettive il loro colloquio. Negli occhi di chi parla e chi ascolta c’è solo fastidio: un solo uomo chiede pietà per un malato, a un consesso che si crede sensibile e non si accorge di essere irrimediabilmente cinico.

E che dire di Oleg (Terry Notary), la cui performance artistica è disturbare, nei panni di uno scimpanzé, una cena di gala. Inversioni, variazioni, ribaltamenti di senso e di campo che ti fanno sentire a disagio appena pensi di aver capito da quale parte stare. The Square è una riflessione straordinaria su chi siamo, su ciò che può provocare la volontà di essere altro e non riconoscere ciò che abbiamo dentro. Una confessione masturbatoria al cellulare, solitaria e solipsistica, diventa così la sintesi tragicomica di chi vorrebbe illuminare di bello il mondo, ma scopre di essere spento dentro.