Prima di tutto, bisogna ricordare che Shane Black, il regista e co-autore (insieme a Anthony Bagarozzi) di The Nice Guys, ha il merito imperituro di avere scritto nel 1987 la sceneggiatura di Arma Letale. Nella sua carriera da regista, Black ha diretto per il cinema solo tre film: Kiss Kiss Bang Bang (2005), commedia neo-noir con Val Kilmer e Robert Downey Jr.; Iron Man 3 (2013), decimo film che ha incassato di più nella storia; e adesso The Nice Guys, che è una specie di Kiss Kiss per il nuovo decennio, e forse anche migliore. Il genere di specializzazione di Black è il buddy cop movie – due poliziotti o investigatori privati, spesso improbabili e scalcagnati, che pur non potendosi soffrire sono costretti a indagare insieme su un difficile caso criminale, e alla fine diventano amiconi.
Black applica questa formula a quasi tutti i suoi film: anche The Nice Guys si potrebbe riassumere così, e sarebbe tutto corretto. Invece è anche intelligente, scritto bene e recitato ancora meglio. Come Kiss Kiss, anche The Nice Guys è ambientato nel mondo del cinema di Los Angeles. Qui, però, lo scenario si sposta alla fine degli anni ’70: la città è inquinata, violenta, corrotta, ubriaca, strafatta. La cappa di smog delle auto non permette agli uccelli di respirare, alle api di ronzare; qualche contestatore ha ancora le energie per protestare contro queste atrocità. Si vocifera che le “Big Three”, le principali case automobilistiche di Detroit, abbiano mentito sulle emissioni delle proprie vetture. Una giovane donna, figlia di un pezzo grosso, decide di girare un film “artistico” (un porno, che rispetto agli standard attuali lo sarebbe davvero, artistico) per denunciare questa cospirazione. Qui entra in scena una coppia da commedia su cui forse non avrebbe puntato nessuno: Russell Crowe (Jackson Healy, picchiatore a noleggio) e Ryan Gosling (Holland March, investigatore privato vedovo, con figlia tredicenne al seguito – la bravissima Angourie Rice).
Invece sono perfetti nei panni dei perdenti con un briciolo di fortuna, dei duri che se la fanno sotto. La trama è complicata e inverosimile, ma in qualche modo tutto torna – lo smog, Detroit, il porno e le api (in una fantastica sequenza in cui March, ubriaco alla guida, scivola nel sogno). Perché tutto è tenuto vivo dalla scrittura, non soltanto per i dialoghi e le battute memorabili, ma per come Black riesce costantemente a prendere a ceffoni le aspettative dello spettatore, senza per questo perdere la sua fiducia. Come soltanto i fratelli Coen e Tarantino di solito riescono a fare.